La Stampa, 12 marzo 2023
Su “Vecchio Frac" di Modugno
È quasi mezzogiorno / facciamoci la pasta / facciamo la De Cecco / il massimo per me / rigorosamente essiccata / lentamente bassa la temperatura / come tiene la cottura / e conserva il profumo il sapore ed il calore / e pronta e qua arriva Can / ma che eleganza, con il papillon
Il testo riportato qui sopra è quello del jingle pubblicitario del prestigioso marchio della pasta abbruzzese De Cecco, creata nel 1886. Il messaggio promozionale conserva, delle parole originarie, solo «papillon», ma la musica che lo accompagna è inconfondibile ed evoca Vecchio Frac, inciso per la prima volta da Domenico Modugno nel 1955.Già il titolo della canzone è problematico: alla SIAE viene depositato come Vecchio frak, ma poi verrà chiamato con il titolo Vecchio frack o Vecchio Frac (e altrettanto spesso L’uomo in frac). Non ho alcunché da ridire sull’uso pubblicitario di una musica, qualsiasi musica, ma colpisce, in questa occasione, l’operazione di straniamento realizzata.Il messaggio pubblicitario è un invito alla degustazione, il brano di Modugno è né più né meno che il racconto di un suicidio. Ripeto: tutto legittimo, ma resta questa sensazione di impazzimento del senso, dove anche quella parola condivisa – «papillon» – risulta stravolta. Nella canzone, è il segno di una eleganza raffinata e un po’ malinconica, mentre nella pubblicità risulta un’eccentrica manifestazione di vanità fuori luogo. Insomma, indossare un papillon per mangiare un piatto di pasta può apparire sì, come un solenne atto di devozione verso un cibo eccelso, una celebrazione gastronomica, ma può risultare anche un po’ ridicolo.L’interpretazione che Modugno offre di Vecchio Frac è magnifica: calligrafica e potente. Ovvero attentissima al suono e alla pronuncia di ogni parola, com’è sempre nello stile da dicitore del musicista pugliese, ma trascinante, per quel ritmo interno che fa emergere da ogni verso. Come spesso gli accade, è un’interpretazione molto “teatrale": non solo perché prevede il canto, il recitato e il fischio, ma anche per la struttura scenico-narrativa del brano. Scansione drammaturgica che si esprimerà al meglio ne Lu Pisce Spada: e non si dimentichi l’esperienza teatrale di Modugno, specie con Rinaldo in campo.In questo caso, si tratta di una commedia musicale vera e propria ed è, di conseguenza, qualcosa di molto diverso dal Teatro canzone di Giorgio Gaber, dove l’autore milanese trovava spazi ampi e tempi lunghi per quei suoi contes philosophiques.Vecchio Frac ha una conclusione secca e tenera allo stesso tempo: «Adieu adieu adieu adieu/Addio al mondo/Ai ricordi del passato/Ad un sogno mai sognato/Ad un attimo d’amore/Che mai più ritornerà». Una curiosità: la censura dell’epoca volle che quel «un attimo d’amore» (forse allusivo di un rapporto fisico) venisse sostituito da: «un abito da sposa primo ed ultimo suo amor».Nonostante il tema tragico, la musica di Vecchio Frac trasmette serenità e compostezza. Accompagnandosi con la sola chitarra, Modugno si propone come un autentico cantastorie; e il fischio che introduce il brano, che separa le due parti del racconto e che lo conclude, sottolinea ancora di più questa caratteristica.***Il brano armonicamente è semplice per rendere ancor più efficace il racconto, come si conviene nella musica popolare: e rimanda in qualche modo alla tradizione dello stornello. La strofa è in tonalità minore con un andamento melodico più articolato, mentre il ritornello è in tonalità maggiore con una melodia semplice per gradi congiunti.