Robinson, 11 marzo 2023
C’era una volta Liala
C’era una volta Liala, al secolo Amalia Liana Negretti Odescalchi, la regina del Rosa che fece battere il cuore alle fanciulle di ieri, tra un ricamo e un ballo delle debuttanti ( ma forse il suo fascino non è del tutto tramontato, forse sa intenerire anche oggi, se l’editore storico, di sempre, Sonzogno, non cessa di riproporla). Dal 1931, quando esordì con Signorsì, al postumo Un ballerino in paradiso, la Signora a cui D’Annunzio donò un pseudonimo questo sì intramontabile, ha modellato un “de l’amour” che ha suscitato le lacrime delle anime semplici ( ma non solo) e il dileggio dei mandarini. Quando la Neoavanguardia, il Gruppo ’63, per ferirli chiamò Liale i Cassola e i Bassani… Ma non tutti i chierici coltivano il pregiudizio. Da Oreste del Buono a Mariolina Bertini, proustiana (e balzachiana) di lunga fedeltà. Che Su Lialaha composto ora un esercizio di ammirazione. A dettarlo, un’intermittenza del cuore tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, un ricordo familiare e una rubrica su L’Espresso della Cederna, Il lato debole. Come nella tazza di tè della Recherche, ecco affiorare la cameriera che riassunse a lei bambina, per quanto possibile, così da non turbarla, la vicenda diDormire e non sognare: una ragazza bellissima, infelice per amore. E la giornalista che l’ammaliò con l’esilarante analisi di un ulteriore, giulebboso bestseller,Bisbigli nel piccolo mondo. Piera (la cameriera) e Camilla furono le mediatrici che condussero Mariolina Bertini nel regno di Liala, aprendo una feritoia nella piccola, severa biblioteca orditagli dalla madre: non ammessi gli eccessi di patetismo, le complicazioni sentimentali, gli sdilinquimenti, privilegiati i ginnastici racconti di viaggi ed esplorazioni. A ispirare l’“apologia” di Mariolina Bertini innanzitutto il desiderio di soddisfare una curiosità: che cosa l’attrae nei romanzi di Liala, così diversi da quelli di Proust e di Balzac di cui si è occupata professionalmente? Per cominciare è il Marcel di I piaceri e i giorni a nobilitarne l’ingresso nel Tempio del Luogo Comune. Là dove invita a non disprezzare la «cattiva musica, dal momento che la si suona e la si canta ben di più, e ben più appassionatamente, di quella buona, ben più di quella buona si è riempita a poco a poco del sogno e delle lacrime degli uomini». Non dimenticando ( ma questo Mariolina Bertini non lo dice) che Liala scriveva solo di mercoledì, lo stesso giorno in cui riceveva Madame Verdurin, il suo salotto “vanitas vanitatis”, dove, di settimana in settimana, andavano in scena capolavori incomparabili e fragili, simili a quei vetri di Venezia che una nota stonata basta a infrangere. Dove, a sfolgorare, è la “morale del pettegolezzo”, come nei copioni che “le casalinghe frustrate” ( copyright Camilla Cederna) suggevano: daSognai di essere tuo aLa meravigliosa infedele. A catturare Mariolina Bertini, anche il respiro cinematografico delle storie di Liala, dove, come in una canzone di Lucio Dalla, ogni dramma è un falso, dove l’aviatore alla guida dell’idrovolante cade in un flaubertiano “laghetto di marmellata”. Colei che vorrà essere sepolta indossando un abito di Valentino, nella varesina Villa La Cucciola ignorerà felicemente la psicologia, nata peraltro in provincia come rammentava Raffaele La Capria e non molto lontano testimoniava Piero Chiara. Più che lo «spessore umano dei singoli personaggi» nelle pagine di Liala sono gliobjets de vertu e no a calamitare i riflettori, arredando il mondo del fantastico: gli abiti rosa orlati di visone, le scatole di lacca rossa a forma di drago, le fibbie di topazio, gli armadi d’ebano intarsiati con cavallucci marini, i tavolinetti di giada rosa… Donna Liala. Una femminista ante litteram? Mariolina Bertini non le concede tale aureola. Ma nelle sue eroine, ancorché costrette in un’etica «perbenista e conformista», non esita a cogliere la forza del desiderio, di cui la loro artefice «adora esplorare e sondare tutte le potenzialità; adora metterne a fuoco le manifestazioni tanto più violente, quanto più involontarie». Prove di “secondo sesso”… Ci salveranno le vecchie zie quali saranno diventate le creature di Liala con le pellicce di ermellino? Arbasino non le accolse nel suo Bel Paese. O forse sì, rammentando che «ogni generazione, si sa, ha i suoi miti privati, un suo modo di vivere manie e folies anche straordinariamente diverse: partire intrepidamente per una guerra insensata oppure lasciarsi soccombere ai languori di uno spleen fatale…».