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 2023  marzo 11 Sabato calendario

Intervista a Giovanna Vitelli

Non ci sono stati grandi annunci, il passaggio del potere non è stato sbandierato.
Understatement piemontese. Ma la nomina di Giovanna Vitelli a presidente del gruppo Azimut/Benetti, quartiere generale ad Avigliana (Torino), 1,2 miliardi di fatturato, oltre 3 miliardi di portafoglio ordini, prima azienda privata della nautica nel mondo, primo produttore globale di superyacht (da 23 anni consecutivi, secondo Boat International), è una notizia non da poco. Perché avviene dal padre fondatore (1969 Azimut, nel 1984 l’acquisto di Benetti) e principale azionista alla figlia e perché non sono ancora molte le donne che assurgono a questa vetta nella nautica globale.
La prima uscita pubblica da presidente di Giovanna Vitelli, una laurea con lode in Giurisprudenza, sposata, due figli, c’è stata l’altro giorno a Milano per la presentazione della nuova gamma di barche Azimut Seadeck (lo yacht “gentile": tre modelli da qui al settembre 2025, compresi tra i 18 e 24 metri). Il padre non c’era.
Presidente, era scritto che dovesse andare così?
«No, tutt’altro. Mi sono laureata a Torino, ho cominciato a lavorare in uno studio legale (BonelliErede, ndr) a Milano, occupandomi di operazioni societarie. Mi piaceva molto, e forse riuscivo anche abbastanza bene».
Suo padre non pensava che potesse entrare in azienda?
«Probabilmente sì, ma mi ha sempre detto che avrei dovuto fare quello che mi sarebbe piaciuto. Non credo avesse certezze sul punto. E io in principio sicuramente non gliene ho date. Quando sono andata in Germania per l’Erasmus ero stata lì per non tornare. E poi, c’è stata l’occasione di New York».
New York?
«Nei grandi studi legali è prevista una lunga gavetta e il primo punto di svolta è rappresentato dalla proposta di trasferirti presso uno studio partner all’estero. E, dopo cinque anni, mi aspettava un’esperienza in uno dei principali studi legali americani, forse il primo in assoluto. Mi pagavano anche molto bene. Mio padre era contento per me, ma mi aveva anche detto che avrebbe dovuto pensare al futuro e che avrebbe cominciato a valutare le offerte per la vendita dell’azienda. In quel momento ne era arrivata una».
E lei?
«Ho pensato: be’, vendere, un momento. Facevo già parte del consiglio di amministrazione da quando avevo 21 anni, ma non mi occupavo operativamente dell’azienda. Però, l’avevo nel cuore, era l’impresa di famiglia. Così, ho parlato a mio padre, dicendomi disponibile a provare e insieme abbiamo individuato un possibile percorso. Da lì, ho stracciato biglietto aereo e visto per gli Usa. Ma mi sono tenuta però un anno, diciamo di aspettativa, anche se il termine è improprio, con lo studio legale di Milano. Era la mia exit strategy».
E invece ha proseguito. Da dove ha iniziato?
«Era il 2004. Non volevo cominciare dall’alto, ma volevo capire e vedere tutto. Il mio debutto è stato con i porticcioli realizzati da mio padre. Poi, mi sono occupata dell’area affari legali e successivamente della comunicazione del gruppo».
Finché è stata nominata vicepresidente, delfino designato. Quali sono stati i punti chiave del prosieguo del percorso?
«Ho cominciato ad occuparmi del prodotto, vale a dire del progetto e del lancio di nuove barche insieme con mio padre. È stato bello, divertente. La nascita di un nuovo modello è una sfida, tu socio di maggioranza hai l’ultima parola, perché ci investi il tuo denaro, ed è bello ma anche un onere, perché se sbagli vai incontro a una grossa perdita. I punti chiave direi sono stati i modelli su cui ho scommesso personalmente. Il Magellano, una nuova linea di navette, e il Benetti Oasis, che è stato un successo, ma su cui in principio mio padre era dubbioso».
Ora è diventata presidente. Era pronta ed è pronta a proseguire sulla nuova rotta?
«Ho cercato di prepararmi al meglio per assumere questo ruolo, assorbendo tutto ciò che potevo dagli insegnamenti di mio padre. Sono onorata, ma c’è anche una parte di onere non indifferente. I consigli d’amministrazione, la responsabilità verso i dipendenti e le loro famiglie, gli obiettivi di crescita. Per fortuna c’è una buona unione d’intenti con il nostro amministratore delegato, Marco Valle, che è praticamente mio coetaneo e che è da lungo tempo nel gruppo».
Alla sua prima uscita pubblica nella nuova carica, l’altra mattina a Milano, suo padre non c’era. Lo ha fatto per lasciarle la scena libera?
«È in montagna». —