La Stampa, 11 marzo 2023
Così la guerra in Ucraina ridisegna gli equilibri in Europa
La guerra in Ucraina esalta rango e ruolo della Polonia per l’America. Nella grande strategia di Washington quello Stato che negli ultimi due secoli e mezzo è apparso e scomparso a ripetizione incarna il senso stesso della Nato: America dentro, Russia fuori, Germania sotto. Perfettamente coincidente con la ragion di Stato polacca. Per tenere i russi a distanza e i tedeschi a bada la Polonia deve ospitare gli americani in casa e abitare da coprotagonista la casa europea dell’America che è l’Alleanza Atlantica in espansione.
Vista da Washington, Varsavia è parente stretta. Assai più che alleata. Perno della prima linea di contenimento antirusso. Oggi vitale per il rifornimento di armi a Kiev. Funzione tattica inscritta nella collocazione strategica della Polonia all’interno della geopolitica globale a stelle e strisce, da cui deriva per cinque passaggi incastrati come matrioske.
Primo: l’obiettivo dell’America è impedire alla Cina di intestarsi il primato mondiale nel XXI secolo.
Secondo: per questo non può impegnarsi direttamente in una guerra sull’altro fronte eurasiatico, contro la Russia che rifiuta di svestire i panni imperiali.
Terzo: in Europa servono partner capaci di partecipare al contenimento della Russia senza pretendere troppo dall’America. Burden sharing, not power sharing, nel pentagonese spiccio, per cui Stati non sovrani devono seguire la cometa senza farsi venire idee.
Quarto: le avanguardie antirusse dell’Alleanza svolgono perfettamente tale funzione, polacchi in testa – cuneo fra Germania inaffidabile e Russia nemica – domani raggiunti dagli svedesi, atlantici antemarcia in attesa di biglietto d’ingresso, e dai finlandesi. Non troppo sullo sfondo, i «brillanti secondi» di Carlo III, che per farsi notare si sporgono oltre il posto assegnato da Washington.
Quinto: Varsavia assurge a prima inter non pares, suffraganea americana nello schieramento anti-russo, quindi anche anti-cinese, piattaforma strategica dell’Europa a stelle e strisce.
Polonia esulta. E s’impegna a strutturare il suo sub-impero inquadrato nella Nato. Ispirato al concetto di «Nuova Europa» coniato da Donald Rumsfeld, ex segretario alla Difesa ai tempi della coalizione anti-Saddam, quando il duo franco-tedesco, cuore della «Vecchia Europa», tradì. La configurazione del sub-impero est-europeo nell’impero globale americano erige il Baltico a Lago Atlantico legando l’intera Scandinavia alla Polonia, insieme alle appendici lituana, lettone ed estone. Ne consegue il frenetico riarmo polacco con armi americane di punta. A medio termine Varsavia ambisce affermarsi massima potenza militare d’Europa, vedremo se dotata della Bomba che coronerebbe il sogno della sovranità.
All’America serve una Nato più americana dell’attuale. Questa è troppo pletorica, troppo «democratica» (vige almeno sulla carta il principio dell’unanimità, pari al liberum veto della Polonia jagellonica) e troppo indisciplinata. Consideriamo solo l’ambiguità del cardine turco e le eccentricità della Vecchia Europa, dal neutral-pacifismo tedesco e italiano al laissez-moi faire francese. Confermata nelle sue idee dalla guerra contro la Russia, domani forse contro la Cina, Washington applica alla Nato il motto leniniano «meglio meno, ma meglio». La qualità prevale sulla quantità. L’Alleanza che sognano gli americani poggia su clienti disposti a spendersi per il Numero Uno. In ambito atlantico i soci migliori – scontata la fedeltà britannica – abitano il fronte del Nord-Est, dalla Scandinavia al Mar Nero. Al centro, la Polonia, cuore dello schieramento, con la sua corona di baltici che si identificano a corpo (quasi) morto con l’America. Squadra oggi meno potente dei poco affidabili euroccidentali, domani o dopodomani gruppo di testa dell’Alleanza a stelle e strisce anche sotto il profilo strettamente militare. Anche perché disposti a morire per l’America (quasi) come per la patria. Da verificare se gli americani siano disposti a morire per loro. —