Il Messaggero, 11 marzo 2023
In morte di Afro Bettati (il vero Peppone)
«Ecco il paese. Ecco il piccolo mondo di un mondo piccolo piantato in qualche parte dell’Italia del Nord». È descritto così il luogo in cui Guareschi ha ambientato le storie di Don Camillo e Peppone, in uno dei tanti film ad esse ispirati. A fare da set, Brescello. E ora il comune, in provincia di Reggio Emilia, piange il suo "Peppone". Quello vero, o quasi. A centodue anni, infatti, due giorni fa, si è spento Afro Bettati, che fu sindaco del paese dal 1951 al 1970. E, come ha ricordato in un post l’attuale sindaca Elena Benassi, «in particolare durante tutta la fase delle riprese dei celebri film tratti dai racconti di Giovannino Guareschi fu protagonista e regista dell’accoglienza della troupe della Cineriz con le sue decine di lavoratori, fra cast e personale di ripresa».
ANNI CINQUANTA
Classe 1920, Bettati fu militare a Zara e poi, a causa del suo impegno nel Partito socialista, fu deportato in un lager nazista. A guerra finita, nel 1946, lavorò in Algeria, nei dintorni di Orano, raggiungendo uno zio. Poi tornò a Brescello e iniziò la carriera politica. Aveva poco più di trent’anni, quando fu girato "Don Camillo", primo della serie di titoli con Fernandel, nei panni del parroco, e Gino Cervi, in quello del sindaco, Peppone appunto. Era il 1951 il film uscì l’anno dopo nelle sale - e quelle storie in bianco e nero, che descrivevano un paese spaccato tra Chiesa e Politica ma più "amico" di quanto non desse a vedere, divisero davvero Brescello. Le cronache riportano proteste e lamentele all’annuncio delle riprese. Fu minacciato perfino uno sciopero di contadini: le mucche non sarebbero più state munte. Fu proprio Bettati a risolvere la situazione, intuendo la fortuna che poteva rappresentare per un paese essere scelto come set da una grande produzione. Prima dell’inizio delle riprese del lungometraggio diretto da Julien Duvivier fu lui a scegliere Brescello - il 3 settembre fece affiggere un manifesto rivolto a tutta la cittadinanza: «Facciamo appello al senso di cortesia e alla buona volontà innata nella nostra popolazione perché a questi lavoratori italiani e stranieri che presto verranno fra noi sia riservata la migliore accoglienza e ogni possibile collaborazione». Andò contro l’opposizione dei dirigenti locali del Partito comunista e della Cgil, sostenendo che, al dunque, sarebbero state persone di ogni partito a stringersi intorno alla troupe, incuriosite dalla novità. Le foto dell’epoca, con il set circondato da decine e decine di uomini e donne di ogni età, sono la conferma della sua intuizione. Tutti dimenticarono rivalità e antipatie per mettersi a guardare. E la quasi totalità dei cittadini ebbe ruoli da comparsa. «La sua dedizione al bene della comunità ha fatto rivivere Brescello dopo la tragedia della guerra, assicurandole prosperità e progresso. La difesa del territorio dopo l’alluvione del 1951, la realizzazione di importanti infrastrutture pubbliche, la promozione di Brescello attraverso il cinema, lo hanno visto protagonista», sottolinea la sindaca. A quel primo film ne seguirono altri. E il paese divenne "familiare" a molti, fino a farsi meta di viaggio per visitare i luoghi dei film.
MUSEO
Il 16 aprile 1989, grazie a un gruppo di appassionati volontari, vi fu inaugurato il museo "Peppone e Don Camillo", con un patrimonio di locandine dei film, foto in bianco e nero, oggetti dai set, veri e propri cimeli come la moto di Peppone, l’abito talare di Don Camillo e molto ancora. E, ovviamente, memorie. Come quelle di Afro Bettati, che, negli anni più volte e in differenti occasioni, ha ricordato pubblicamente i giorni di riprese, le piccole "battaglie", la grande meraviglia del paese. «La memoria, fino alla fine - rimarca Elena Benassi - ancora gli consentiva di ritornare a quegli anni in cui le troupes cinematografiche cambiarono per sempre la storia di Brescello». Un’epoca d’oro, che lui stesso aveva contribuito a creare.