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 2023  marzo 11 Sabato calendario

Periscopio

Credo che l’eccessiva demonizzazione di Stalin sia uno dei modi per attaccare la Russia, per mostrare che la Russia di oggi ha qualcosa che riconduce allo stalinismo. Vladimir Putin.


Oggi la mia teoria è che la vita, più che un intreccio, è un cruciverba. Lytton Strachey.


«Armi di alta precisione», «missili di grande gittata» e per finire la precisazione dell’avvenuto utilizzo dei missili ipersonici Kinzhal, capaci di raggiungere una velocità dieci volte superiore a quella del suono e perciò difficili da intercettare. [...] Nel Pantheon zarista di Putin rimangono ormai solo i dipinti di Ivan il Terribile, Pietro il Grande e Caterina II, il filo che lo lega a questi tre personaggi storici è l’esercizio della forza pura che sta alle origini del potere russo. Marco Imarisio, Corriere della Sera.


Nella regione della Transnistria, che si dichiara separatista da quando la Moldavia è diventata indipendente dall’Urss, le autorità hanno detto d’aver sventato un attentato contro il loro leader Vadim Krasnoselsky e accusato Kiev d’averlo orchestrato. Si propaga la confusione, aumenta la paura e anche questo è parte della strategia del Cremlino della guerra allargata, che è pronta ad arrivare fino in Georgia, dove si vedrà quanto forte sia la pressione di Mosca sul partito di governo, «Sogno georgiano», che ha promesso di ritirare la legge sugli agenti stranieri, definita «legge russa» dai manifestanti, che neppure ieri hanno lasciato la piazza. Micol Flammini, il Foglio.




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Putin non incontra anima viva. Non usa internet. I suoi incontri con le «masse» sono inscenati: sempre gli stessi agenti della sicurezza travestiti una volta da pescatori, un’altra volta da cuochi. Sempre le stesse facce, anche quando Putin va a visitare i militari feriti in ospedale. Ecco che su un letto, in corsia, roseo e pimpante, senza neanche un cerotto, giace sorridendo la guardia forestale con la quale Putin è appena andato a caccia. Elena Kostioukovitch, Nella mente di Vladimir Putin.


I generali non sanno che le battaglie le vincono gli storici. Leo Longanesi, La sua signora.


[Cutro]. Non si sono visti al PalaMilone, 45 minuti di macchina, a due passi dallo stadio di Crotone, dove riposano le salme del naufragio non ancora inumate, né nell’albergo lì a due passi che ospita alcuni familiari delle vittime. [Premier e ministri] arrivano a Cutro con un corteo d’auto blu e pulmini e s’infilano dentro la sede del comune. [Qui] il governo tiene un Consiglio dei ministri che inasprisce le pene contro gli scafisti, poi si caccia in una conferenza stampa che si rivela un disastro, e se ne va. Pietro Salvatori, HuffPost.




Giorgia Meloni: «Che dici? Dobbiamo andare a rendere omaggio alle salme?» Matteo Salvini: «Non c’è bisogno. Abbiamo mandato la guardia di finanza». Ellekappa, la Repubblica.


Salvini gongola. «Il premier oggi sembra Matteo e lei la vice», dicono un po’ tutti qui. Simone Canettieri, il Foglio.


Passano le richieste del Carroccio. Titolo della Stampa.


I giornalisti chiedono chiarezza sulle dinamiche della strage. Meloni confonde la data («il 24... anzi no il 26») e sbaglia la ricostruzione sull’intervento di Frontex: «Ha segnalato la nave quando era in acque italiane». Giacomo Salvini, il Fatto quotidiano.


L’arduo compito di provare a riportare la calma tocca al nuovo capo dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi, Mario Sechi: «Scusate ragazzi non è un dibattito, non si fa così, non è professionale... Silenzio, grazie!». Monica Guerzoni, Corriere della Sera.


È una corrida, i cronisti incalzano la premier, in un crescendo di voci che si sovrappongono. [...] Alla fine alcuni giornalisti si avvicinano e affondano il colpo: «Perché non va a trovare i familiari delle vittime?». Meloni, in questo clima, sembra un pugile all’angolo. «Vado volentieri, ma adesso ho finito...». «Doveva farlo prima», le urla qualcuno. Quindi l’uscita repentina, verso l’aeroporto, verso Roma, lontano da una trasferta disgraziata. Emanuele Lauria, la Repubblica.


E le grandi riforme? [...] Non sono nemmeno partite. [...] Nel caso, in particolare, di Carlo Nordio, si cade nel ridicolo o nel surreale o nel grottesco. Marco Bertoncini, ItaliaOggi.


Fa tanto figo arrivare a Cutro e dire che le pene previste per «la fattispecie» vanno dai venti ai trent’anni, per non dire dei famosi inasprimenti. Un esempio: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina passa, pena massima, da cinque a sei anni. Ricordo un professore, Carlo Nordio, il quale avrà scritto tremila volte sull’inutilità dell’inasprimento delle pene, «una minaccia che non intimidisce nessuno», e ieri un omonimo ministro della Giustizia ha annunciato i suoi, di inasprimenti, e «estremamente severi». Mattia Feltri, La Stampa.


Quattro milioni di euro. Tanto è costata l’attività di intercettazione portata avanti dalla magistratura di Pesaro per un processo che ora si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati (i necrofori dell’ospedale San Salvatore di Pesaro, accusati nel 2013 di intascare i soldi che le famiglie dei defunti davano per la vestizione dei loro cari, anziché versarli all’azienda sanitaria). Quattro milioni di euro che vanno ad aggiungersi ai circa duecento milioni che ogni anno lo stato italiano (cioè i contribuenti) spende per effettuare le intercettazioni richieste dai pubblici ministeri. Ermes Antonucci, il Foglio.


Ma da dove ci viene quest’abietta paura della morte? Dal passaggio dal mondo contadino a quello urbano. Massimo Fini, il Fatto quotidiano.


Mi domando se valesse la pena di smantellare la religione rivelata [...] e proclamare il libero esame della coscienza per stabilire il credo quia absurdum della sociologia. Achille Loria, La dottrina di Marx.


C’è solo uno speculatore peggiore del filosofo: il teologo. [E viceversa]. Roberto Gervaso.