la Repubblica, 9 marzo 2023
L’importanza di Mantovano
C’è un’immagine che racconta il tutto meglio di ogni parola: sede del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, appuntamento per la relazione annuale al Parlamento. Presenti tutte le autorità del comparto intelligence, i vertici delle forze di Polizia, i giornalisti chiaramente. In sala cerano tre ministri e l’intero Copasir. Ma la fila, per stringere una mano e scambiare una battuta, c’era soltanto davanti a una persona: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il magistrato silenzioso e ultra cattolico che in questi primi cinque mesi di governo Meloni si è ritagliato il ruolo più ambito di ogni esecutivo. Quello di consigliere più ascoltato del presidente del Consiglio. «Perché non parlo mai?», diceva ai giornalisti che gli chiedevano del suo silenzio rumoroso, per lo meno con la stampa. «Perché non serve. Le mie parole sono la carta copiativa di quelle della premier. Se avete l’originale, non servo io».Non era un modo per schermirsi. E la dimostrazione si è avuta qualche ora dopo, in uno dei passaggi forse più delicati della storia del governo Meloni: la strage di Cutro aveva messo in un angolo l’esecutivo e le sue scelte in materia di immigrazione, ancor più dopo le parole improvvide di Piantedosi (“irresponsabili i genitori che partono con i figli”) con le bare ancora da chiudere. Salvini era in grande difficoltà, da Fratelli d’Italia arrivavano silenzi imbarazzati, la premier era in India. Il Governo sbandava fin quando a dettare la linea è arrivato Mantovano con un’intervista aRepubblica con la quale, nel difendere in qualche modo Piantedosi e le istituzioni, tracciava un solco politico: «Su questo argomento, parlo io». Non un commissariamento per Piantedosi ma qualcosa che gli somiglia. Una sensazione confermata appena 24 ore dopo dalla stessa premier Meloni che ai giornalisti che le chiedevano una posizione, dopo giorni di silenzio, rispondeva: «Penso quello che ha detto Mantovano».Passano pochi giorni e un’ulteriore conferma sul ruolo del sottosegretario alla Presidenza arriva quando, siamo a lunedì sera, le agenzie battono la notizia della sostituzione improvvisa di Roberto Baldoni a capo dell’Agenzia cyber: apparentemente si tratta di una nomina minore, ma in realtà è uno dei ruoli più delicati e strategici del comparto, ancora di più in un momento storico come questo, con la guerra in Ucraina che si è trasformata in una guerra globale proprio sul campo cibernetico. È una di quelle caselle che dovrebbe essere riempita dopo lunghe discussioni. E invece Mantovano, da cui l’Agenzia dipende, senza consultarsi con alcuni dei ministri che hanno voce in capitolo sull’argomento, aveva deciso il cambio. Perché? «Baldoni non concordavacon lui gli indirizzi strategici dell’Agenzia. E Mantovano lo considerava ancora troppo legato al suo predecessore, Franco Gabrielli», raccontano ministri stupiti da quello che era accaduto e anche particolarmente irritati dalla circostanza che il possibile successore, il prefetto Bruno Frattasi, fosse stato scelto, o per lo meno individuato, senza troppe condivisioni con il resto del Governo.Ma d’altronde Mantovano, “la carta copiativa”, ritiene che la suaprincipale interlocutrice debba essere unicamente la premier alla quale lo lega una vecchia amicizia. In tutti questi anni in cui il magistrato era apparentemente uscito dalla vita pubblica – è stato deputato fino al 2013 – in realtà aveva conservato un filo diretto e personale con la Meloni. Poche uscite pubbliche ma moltissimi incontri e relazioni costruire nell’ombra. Su due piani principalmente: in Vaticano, dove Mantovano ha relazioni solidissime. E al Quirinale, forte di un rapporto antico di rispetto e stima con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E dove oggi è considerato l’interlocutore principale sui dossier più delicati. Primo tra tutti quello sui migranti che infatti in queste ore Mantovano sta gestendo in prima persona, tenendo le relazioni da un lato con Bruxelles dall’altro con la sfera politica ed emotiva del Paese, Ora in molti aspettano di capire cosa accadrà con le nomine nelle partecipate: anche i suoi amici dicono che Mantovano conosca poco l’economia e che toccherà invece a Gaetano Caputi, il capo di Gabinetto che la Meloni aveva sceltoanche per le sue relazioni in certi ambienti (nasce come uomo di Giulio Tremonti all’Economia) e che in queste settimane avrebbe sofferto invece di isolamento. Ma a credere alle agende e ai telefoni dei lobbisti, caldissimi come non mai, in molti credono che Mantovano ricoprirà un ruolo importante. «È una persona squisita. Se non risponde, richiama sempre», raccontava ieri sera un vecchio uomo di palazzo. «Non è detto, però, che parli».