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 2023  marzo 09 Giovedì calendario

“ZIO LUCIO CONFIDÒ A MIA MADRE CHE IL SUO MATRIMONIO ERA STATO UN FALLIMENTO” – ANDREA BARBACANE, NIPOTE DI BATTISTI, PARLA DEL CAMBIAMENTO DEL CANTANTE CON L’ARRIVO DELLA MOGLIE, GRAZIA LETIZIA VERONESE: “PRIMA ERA UNO SCIAMPAGNONE, POI DIVENNE INAVVICINABILE. NON SI SEPARÒ PER PAURA DELLA STAMPA, DEL DIVORZIO, DELLE SPESE (ERA TIRATO CON I SOLDI). E PER PROTEGGERE L’UNICO FIGLIO, LUCA FILIPPO…” -

Andrea Barbacane, nipote di Lucio Battisti in quanto figlio dell’unica sorella Albarita, a guardarlo bene somiglia al celebre zio. Sposato con due figli, co-gestore di un panificio, ha sfornato due libri nel giro di un paio d’anni: ne Il grande inganno e Il padrone del tempo (entrambi editi da Divinafollia), racconta il lato umano di un artista diventato quasi inaccessibile. «È stato il più grande genio della musica italiana», esordisce. «Il punto di rottura tra i cantanti alla Villa o Modugno e un nuovo modo di fare musica. Per me, semplicemente, zio Lucio».

[…] Nel suo primo libro, Il grande inganno, lei racconta che a scuola suo zio veniva deriso perché grassottello. Era poi un ragazzino timido, chiuso. «Penso che si fosse rifugiato nella musica anche per questo. Ma Roby Matano (del complesso I Campioni, colui che scoprì Battisti, ndr) cominciò a portarlo in giro per locali e fu allora che mio zio tirò fuori la sua allegria. Gli piaceva stare in compagnia, raccontare barzellette. Era uno sciampagnone».

Poi il cambiamento. «Avvenne con l’arrivo della moglie (Grazia Letizia Veronese, ndr). Si frappose tra lui e la famiglia e anche la stampa. Mio zio […] diventò inavvicinabile, un fantasma. Ma non era esigenza di privacy, piuttosto una fuga dal mondo. Forse la Veronese pensava che volessimo appropriarci di chissà quali fortune, di certo lei aveva un animo poco incline alla positività. Zio Lucio confidò a mia madre che il suo matrimonio era stato un fallimento. Non si separò per paura della stampa, del divorzio, delle spese (era tirato con i soldi). E per proteggere l’unico figlio, Luca Filippo, che io ricordo come un bambino bellissimo e simpatico. Insomma, si adagiò per quieto vivere».



Su Battisti circolano molte dicerie e lei ha fatto chiarezza nel suo primo libro. Una di queste era che fosse di destra. «Una leggenda. La verità è che lui non si era schierato apertamente a sinistra, cosa sospetta negli anni in cui tanti lo facevano per opportunismo o visibilità. Fu Walter Veltroni a mettere una pietra tombale sull’argomento: “Battisti non era né di destra né di sinistra. È di tutti”. Nonostante l’ostracismo di parte, e la propaganda a favore di De Gregori o Guccini, nei covi delle Brigate Rosse furono trovati i dischi di mio zio. Eppoi sulla scrivania di mio nonno marcivano le sue cartelle elettorali, a riprova che non andava neanche a votare».

L’ultimo ricordo? «Marzo 1998, l’anno in cui è morto. Mi trovavo a casa di nonno Alfiero e zio era venuto a trovarlo, come al solito di nascosto dalla moglie. Avevo 34 anni, ero già sposato con una bambina. Parlammo una decina di minuti, lui mi fece i complimenti per il fisico: all’epoca praticavo body building, anche a un certo livello».

Qual è il rimpianto? «Non essermi goduto zio Lucio nell’età più bella della vita. Mi è stato impedito dalla moglie[…] ».