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 2023  marzo 09 Giovedì calendario

I grandi maestri della pubblicità


Lo spot pubblicitario è uno spettacolo d’arte varia, e lo si comprende dal numero copioso di artisti e intellettuali che si sono cimentati nel genere, alcuni illustri per passione, la maggior parte attratti dal vil denaro offerto dalla munifica industria di settore che è andata via via crescendo, anche come mole di affari, a partire dagli inizi del ‘900. Prima dell’avvento della radio e poi della televisione, per le trovate pubblicitarie le premiate ditte si servivano della fantasia degli intellettuali. Un’antesignana della cosmesi è stata una figura femminile tutt’altro che avvenente come Matilde Serao, prima donna ad aver fondato addirittura due quotidiani, Il Corriere di Roma e poi Il Mattino di Napoli, alla quale la Venus Bertelli chiese di curare un catalogo di ciprie e creme per il viso. Nei salotti della borghesia italiana, quel catalogo da estetista veniva sfogliato dalle dame degli inizi del secolo scorso con la stessa curiosità con cui leggevano Il ventre di Napoli il romanzo culto della Serao.
Dalla prosa alla poesia di Giovanni Pascoli e il suo Inno all’ulivo per aumentare la commercializzazione dell’Olio Sasso. Il mago delle rèclame di successo fu sicuramente il Vate, Gabriele D’Annunzio, al quale si deve il nome del prestigioso centro commerciale milanese, la Rinascendi te, l’aver tenuto a battesimo la penna Aurora e il battesimo del biscotto Saywa. E per espressa volontà del senatore Giovanni Agnelli, D’Annunzio legò il suo nome anche al marchio Fiat e in particolare al modello Fiat 509 (Massimo Bontempelli dedicò il suo romanzo Racconto di una giornata alla Fiat 522) per la quale fece entrare nel gergo comune il sostantivo esclusivamente declinato al femminile della «Automobile».
D’Annunzio inoltre, decenni prima dell’anonimo veterinario degli spot televisivi dei giorni nostri, fu il primo testimonial dell’Amaro Montenegro. Queste e altre storie di menti eccelse prestate all’universo degli spot rivivono nel gustoso saggio di Paola Sorge, Pubblicità d’autore (Castelvecchi. Pagine 164. Euro 20,00). I riflettori sulla pubblicità televisiva si illuminarono la sera del 3 febbraio 1957, quando il canale unico della rete nazionale (Rai 1) alzò il sipario Carosello. Uno show di varietà a tutti gli effetti, con la partecipazione del meglio dello spettacolo e della cultura italica di allora, anche sulla scia dell’era precedente degli spot da cartellonistica (vedi epigoni come Dino Buzzati, Mario Soldati, Vittorio Sereni...). Per il debutto di Carosello subito un saggio della futura “pubblicità progresso”: la “Shell per la sicurezza sulle strade”, con i consigli della «guida a destra e a sinistra» dell’ex arbitro di calcio, l’ingegner Giovanni Canestrini. Lo slogan «consigli per gli acquisti», copyright di Maurizio Costanzo, era ancora lontano da venire, ma con il boom economico registi e sceneggiatori venivano reclutati dalle industrie (vedi il modello Olivetti) per far presa sul pubblico-consumatore sempre alla ricerca degli oggetti di moda della modernità. Questo il catalogo di Carosello, sottoposto ogni sera al pubblico mediante piccoli capolavori di sintesi, in stile più brevi più bravi. Quattro storie pubblicitarie per cominciare, poi si passò a 6, della durata tassativa di 2 minuti e 15’’: 1 minuto e 45 secondi di sketch, 30 di promozione del prodotto, più il “codino”. Contenuti sempre rispettosi e in linea con la morale corrente di Santa Romana Chiesa e ben vigilati dall’allora giovane “Mamma Rai”, la quale due volte l’anno, il Venerdì Santo e il 2 novembre, nel pieno rispetto della tradizione cristiana non mandava in onda il suo pregiatissimo Carosello. Dal 31 maggio al 6 giugno del 1963, ci fu addirittura una settimana di oscuramento in segno di lutto per la morte del “Papa Buono”, Giovanni XXIII. Uno stop di tre giorni, dal 12 al 15 dicembre del ’69, venne ordinato per onorare le vittime della strage di piazza Fontana. Questo per far comprendere come Carosello incarnasse a pieno lo spirito degli italiani e l’umore di un Paese che, all’ora di cena, si radunava davanti alla tv del vicino (spesso c’era un solo apparecchio in un condominio di dieci piani) o in quella del bar per assistere a uno spettacolo che fino alla sua ultima replica, 1° gennaio 1977, ha messo insieme 7.261 episodi. La serie più lunga della storia della nostra televisione, a cui prese parte alacremente l’iconico Uomo di mezza età, quel cervello geniale, sotto la sua bombetta, di Marcello Marchesi. Nei suo scritti si vantava di aver creato «più di 4mila caroselli e films pubblicitari». Oltre a diventare a sua volta testimonial (la Chatillon disegnò l’effigie dell’Uomo di mezza età), Marchesi lanciò decine di slogan che entrarono a far parte del linguaggio corrente. Tipo, «con quella bocca può dire ciò che vuole», rèclame del dentifricio Clorodon, protagonista la diva del momento, Virna Lisi. E ancora marchesiani sono pure «Il Brandy che crea un’atmosfera», coniato per Vecchia Romagna, con il “Maigret” Gino Cervi nei panni del fine intenditore. «Il doppio brodo Star», lo affidò a un guru della cucina romana come Aldo Fabrizi e il leggendario «Basta la parola» per il digestivo Falqui con un altro gigante del teatro, Tino Scotti pronto a declamare la battuta del confetto che divenne di dominio pubblico. A questo spettacolo, il primo davvero nazionalpopolare del Carosello, prese parte attiva Paolo “Paul” Campani. Genialità modenese come, l’umorista e editore Angelo Fortunato Formiggini, cresciuto all’ombra della Ghirlandina, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita. Dopo essere stato uno degli antesignani dell’animazione, Campani a 31 anni, nel 1954, fondò la Paul Film alla cui porta bussò la Permaflex per commissionargli il primo spot aziendale che si avvaleva della musica composta da Luciano Berio. Campani nel’67 con Giovannino Guareschi collaborò, scontrandosi ferocemente, all’illustrazione del libro Gigino il Pestifero, personaggio che reclamizzava i gelati Tanara. Tra le mille trovate e materiali d’archivio, nello scrigno prezioso della Paul Film figuravano anche degli inediti della tromba magica di “Satchmo”, Louis Armstrong. Il grande jazzista americano dopo aver partecipato al Festival di Sanremo del ‘68 passò da Modena per registrare dei brani che Campani aveva pensato per Carosello ma che non vennero mai utilizzati. E chissà quante saranno le perle finite in fondo al mare della pubblicità e mai più ripescate. Una volta calato il sipario di Carosello è stata scritta un’altra storia della pubblicitià televisiva, pur sempre di pregio fino a qualche anno fa, con i suoi maestri da Oscar (Fellini, Bertolucci e Tornatore) e anche qualche poeta, come Tonino Guerra, i cui ultimi versi ermetici si trovano nello spot dell’Unieuro: «Gianni, l’ottimismo della vita!»