Avvenire, 9 marzo 2023
La Sicilia chiede acqua
La Sicilia ha sete. Il cielo è stato meno generoso di pioggia, negli ultimi mesi, gli impianti non riescono a capitalizzare l’acqua necessaria al fabbisogno normale. Non è difficile prevedere una emergenza imminente, di cui, forse, non c’è piena consapevolezza. «Certe volte – dice l’ingegnere Leonardo Santoro, segretario generale dell’Autorità di bacino, il comandante in capo dell’esercito che combatte per scongiurare il fantasma della siccità – mi sento come uno che annuncia la possibile caduta di un asteroide, ma non viene creduto. Qui ci vuole una seria presa di coscienza. Bisogna capire che la sensibile diminuzione delle risorse disponibili, dovuta alle evidenti mutazioni del clima, impone scelte decise per contrastare i fenomeni siccitosi, purtroppo sempre più invasivi. Soltanto interventi efficaci, magari talvolta impopolari, potranno attenuare i disagi per la popolazione e per l’agricoltura, che altrimenti rischiano di diventare di maggiore portata e dagli effetti ben più gravi». L’ingegnere sottolinea, nel dettaglio, i punti dolenti che chiamano in causa le infrastrutture. «Nelle reti idriche degli acquedotti – spiega Santoro – abbiamo perdite fisiologiche del dieciquindici per cento. Nelle reti irrigue, gestite dai consorzi, sia per scarsa manutenzione che per vetustà, ci sono perdite molto più elevate, intorno al venticinque per cento. Nella Sicilia Orientale c’è un guaio in più: con le condotte irrigue a cielo aperto evapora un altro dieci per cento d’acqua. Quindi, abbiamo una situazione climatica non favorevole e un sistema che non riesce a trattenere acqua in modo ottimale». E c’è dell’altro. «C’è la questione delle dighe – spiega Santoro –, dove dovremmo operare per togliere quel trenta per cento di sabbia che rappresenta un problema. Ma non è semplice l’interlocuzione con tutti i soggetti coinvolti. Su quaranta dighe, in tutta la Sicilia, i piani di gestione approvati da noi e progettati dai gestori sono undici e quelli trasformati in cantiere sono pari a zero. Non si riesce a progettare quanto sarebbe necessario e poi non si traducono anche quei pochi piani in azioni reali». Santoro, impegnato in una campagna non agevole, ha in mente la terapia che, però, appunto, non sempre è popolare. «Dovremmo capire che i fiumi sono il sistema linfatico del nostro territorio e adoperarci per una migliore assimilazione d’acqua nelle falde. Dovremmo agire con forza sulle rete idrica e ragionare in termini di riconversione di alcune colture agricole. Tutti, a parole, siamo d’accordo sull’emergenza. Le soluzioni non sono sempre condivise».
Sul campo si soffrono le ricadute concrete dell’emergenza. Racconta Vito Amantia, imprenditore agricolo esperto e conosciuto della zona di Catania: «Ci aspettiamo nuovi razionamenti e già veniamo da una situazione molto critica. Con una ulteriore riduzione tante aziende avranno difficoltà più pesanti. Purtroppo, lo scenario è questo ed è preoccupante».
La Regione cerca di correre ai ripari. Nell’autunno scorso, c’è stato il via libera del presidente della Regione, Renato Schifani, alla richiesta di dichiarazione di calamità naturale per i danni alle produzioni agricole causati dalla siccità che ha messo in crisi proprio la provincia di Catania. Le colture arboree, compresa l’uva da tavola, agrumi e ortive da pieno campo sono state le produzioni più colpite con danni stimati per oltre 208 milioni di euro, pari al 39% circa del valore. Venti i Comuni più danneggiati: Catania, Belpasso, Caltagirone, Castel di Iudica, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone, Militello in Val di Catania, Mineo, Mirabella Imbaccari, Misterbianco, Motta Sant’Anastasia, Palagonia, Paternò, Raddusa, Ramacca, San Cono, San Michele di Ganzaria, Scordia e Vizzini.
Un documento stilato dall’Autorità, il “Report siccità 2022”, conferma il quadro allarmante. La foto che campeggia in copertina è già un manifesto: un prato verde minacciato dall’incombenza di un’arida pietraia. Oltretutto, il clima si esaspera sempre di più: «Il 2022 è stato caratterizzato dal persistere di lunghi periodi con temperature al di sopra la media del trentennio di riferimento – informa il report –. Localmente sono stati raggiunti massimi storici come 44,8°C a Cinisi a giugno, 44.9°C in agosto a Misilmeri e 31.1°C a San Fratello, registrati il 16 dicembre».
Ancora non siamo arrivati al peggio perché «l’attività di monitoraggio ha consentito di verificare che durante l’anno la disponibilità idrica negli invasi siciliani, si è attenuta alla media del lungo periodo». Ma sarà così anche domani? Le conclusioni del report non sono confortanti: «Tali risultati delineano una tendenza verso una condizione di potenziale siccità per l’anno 2023». Secondo gli ultimi aggiornamenti di febbraio, i bacini contengono circa 200 milioni di metri cubi d’acqua in meno rispetto al 2022. La sete della Sicilia rischia di non trovare ristoro.