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 2023  marzo 07 Martedì calendario

Egregia dottoressa medica


Come si dice Medico al femminile? Le donne medico se lo sono sempre chiesto. Medichessa? Non va bene: secondo il vocabolario Treccani è solo scherzoso o dispregiativo (medichéssa s. f. [femm. di medico], scherz. o spreg. – Donna che esercita la professione di medico. Per estens., fam., donna che in casi particolari assista e curi un malato, o che pretenda d’intendersi di medicina).
Allora Medica? Seppur corretto, dai vocabolari il termine è considerato antiquato, desueto. Inoltre, ha anche un significato denigratorio: non solo donna medico, ma anche donna che pretende di avere capacità di guaritrice.
Quindi, se i colleghi maschi sono correttamente definiti medici, le donne sono invece dottoresse: termine impreciso perché «dottoresse» sono le laureate di qualsiasi disciplina. E va già bene: le donne medico laureatesi qualche anno fa certamente ricordano che girando con il camice bianco in ospedale venivano fatalmente interpellate come «Signorina» o «Signora» o «Infermiera» mentre gli uomini erano inevitabilmente chiamati «Dottore».
Ma c’è altro. Il galateo dei messaggi scritti ci insegna che «Volendo usare una formula di rispetto rivolgendosi per iscritto, per la prima volta, a una persona di sesso femminile, è consigliabile l’uso di Gent.ma (gentilissima): Gent.ma Dott.ssa (o Prof.ssa o Sig.ra). Egregio è preferibile riservarlo a persona di sesso maschile: Egr. Dott. (o Prof. o Sig.)» (da Treccani.it). Deriva dal latino egregius, a, um; composto di ex (fuori) e grex -egis (gregge): il vocabolario lo declina come «fuori dall’ordinario, che ha pregi singolari, insigne, eccellente».
Questa «formula di rispetto» nasconde in realtà una grave discriminazione, perché concede alla donna un’importante qualità morale, la gentilezza, ma le nega di avere le capacità intellettuali e professionali che permettono agli uomini di essere Egregi, e la prerogativa di «elevarsi sopra il gregge». Eppure Egregia esiste nel vocabolario come forma femminile di Egregio e, sebbene più frequentemente accostato a cose (egregia città, egregia famiglia), fino al XIX secolo veniva giustamente utilizzato per rivolgersi a donne insigni. Oggi definirle Egregie sarebbe poco educato...
L’11 febbraio si è celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, nata per eliminare qualsiasi barriera concettuale e incoraggiare la partecipazione femminile anche in campi falsamente ritenuti esclusivamente maschili. Inoltre, le statistiche ci dicono che oggi i medici sotto i 65 anni sono più donne che uomini, e il numero di infermieri maschi sta aumentando. Sarebbe quindi l’ora di adeguare la lingua alla realtà. Peraltro, la nostra lingua ha rapidamente sdoganato termini, anche stranieri, da «boomer» a «postare», da «scialla» a «outfit», per scopi molto meno nobili. Abbiamo un sostantivo femminile, Medica, e un aggettivo, Egregia, che vanno benissimo. Liberiamoli da quell’alone di antico e da quel po’ di spregiativo che si portano dietro e usiamoli.
Come fare? Basta decidere di cambiare. Domani è l’8 marzo 2023, giornata della Donna: scegliamo questa data simbolica per cambiare la consuetudine: negli indirizzi postali saremo tutte/i gentilissime/i, oppure tutte/i egregie/i.
Chissà che la parità negli indirizzi non ci aiuti ad essere riconosciute egregie anche sul lavoro, senza dover sempre «dare di più».
Concludiamo con una lapidaria descrizione di un egregio non molto Egregio, egregiamente e ironicamente riportata da Eugenio Montale nella sua poesia «Al Congresso»:
Se l’uomo è l’inventore della vita
(senza di lui chi se ne accorgerebbe)
non ha l’uomo il diritto di
distruggerla?
Tale al Congresso il detto dell’egregio
propinante che mai mosse un dito
per uscire dal gregge.