Corriere della Sera, 6 marzo 2023
Intervista ad Antonio Tajani
«Sa quale è la sola verità?».
Quale Antonio Tajani, ministro degli Esteri?
«Che l’emergenza migratoria, dai vari fronti caldi di crisi, è il problema più grande che dovremo affrontare nei prossimi anni, forse decenni. E l’Italia, al di là delle speculazioni o delle polemiche politiche interne, non può farlo da sola».
Non può nemmeno stare a guardare mentre la gente muore a pochi metri dalla nostra costa, però.
«Certo che no. E infatti non rimaniamo a guardare. Sa quanti interventi di salvataggio la Guardia di Finanza, la Guardia costiera fanno nei nostri mari? Nel 2022 hanno fatto 1.170 interventi di law enforcement, in cui hanno recuperato 38.507 migranti, e 917 interventi di search and rescue, con 57.028 migranti soccorsi. Abbiamo salvato migliaia e migliaia di vite, e tutti gli italiani lo sanno, ma purtroppo non sempre ci si riesce. Tra le migliaia di disperati che si affidano a scafisti criminali qualcuno, purtroppo, non ce la fa. Come nel naufragio di Steccato di Cutro».
Cosa è successo davvero su quella costa?
«La magistratura farà il suo lavoro, si vedrà se esistono responsabilità o se, come credo, è stata una tragica, terribile fatalità. Frontex aveva segnalato solo un’imbarcazione con una persona a bordo che non appariva in difficoltà. In mare aperto, dopo aver passato le acque territoriali di tanti Paesi. Ma davvero pensa che, se si avesse avuta contezza del pericolo, le nostre autorità non sarebbero intervenute, come hanno fatto moltissime volte, con grande professionalità e scrupolo?».
C’è chi pensa che l’atteggiamento del governo, quel «non partite o è peggio per voi», abbia suonato come un indiretto messaggio a chi dovrebbe salvare vite.
«Ma questa davvero è solo speculazione politica. Il “non partite” è rivolto a chi corre un rischio terribile spesso senza nemmeno saperlo. Come si può pensare che una persona perbene come il ministro Piantedosi, un uomo scrupoloso, attento, che ha affrontato tante crisi, che lavora su ogni aspetto, possa pensare che le colpe sono di chi parte e non dei criminali che li mettono a rischio?».
Lei comprende le ragioni di chi parte, anche rischiando la vita?
«Umanamente certo che le comprendo. Ma una politica seria deve fare un passo avanti e capire quello che si può fare per arginare e risolvere un problema immenso».
Ed è un Consiglio dei ministri a Crotone?
«Lo faremo in settimana, anche per dare un segnale, ma nessuno ha la bacchetta magica. Esistono almeno due piani di intervento».
Quali?
«Uno è quello che possiamo fare noi come Paese. Ogni nostra missione, ogni viaggio, ogni incontro internazionale ha in cima proprio il tema dell’immigrazione, al centro della politica estera e di sicurezza dell’Italia. Non solo come contrasto alle partenze che rischiano di far diventare i mari dei cimiteri, ma come aiuti ai Paesi che soffrono crisi enormi. Siamo stati, sia io che Meloni, più volte in Africa e nel Mediterraneo per siglare accordi, per sbloccare aiuti soprattutto per la Tunisia, che in crisi finanziaria rischia di diventare una polveriera, per stabilizzare la Libia. Da ultimo negli Emirati Arabi Uniti, abbiamo mediato per mobilitare nuovi aiuti per i Paesi che ne hanno bisogno. E siamo attivissimi anche sulla rotta balcanica: venerdì sarò in Bosnia-Erzegovina».
Ma?
«Ma da soli non possiamo farcela. Noi possiamo siglare accordi con i singoli Paesi per favorire i rimpatri dei clandestini, offrendo in cambio un aumento dei flussi regolari per avere forza lavoro qui e dare una via d’uscita sicura a tanti che premono, da Iran e Siria ai vari scenari di crisi dell’Africa, come Tunisia appunto, ma anche Costa d’Avorio, Burkina Faso, Bangladesh. Ma serve molto di più».
Cosa?
«Serve l’Europa, in primo luogo. Serve l’Onu. Serve il Fondo monetario. Lo ripeto, è un problema globale, non è solo italiano».
La risposta italiana però è sembrata quella della chiusura: no alle navi dell’Ong, no alle partenze...
«Nel naufragio in Calabria le Ong non c’entrano, non è una rotta coperta da loro. E il “no alle partenze” è proprio per evitare che masse di disperati trasformino il loro desiderio di salvezza in morte. Ma se non affrontiamo insieme questa emergenza l’Italia non può farcela da sola».
Quindi compatti, nessun dubbio su Piantedosi?
«Nessun dubbio. E siamo compatti, sì, perché non esistono mille ricette. Anzi, dall’opposizione le forniscano, se le hanno. Troppo facile speculare su drammi come questi e gridare alle dimissioni. Noi siamo in campo tutti i giorni per aprire il nostro Paese a maggiori ingressi, controllati e sicuri, ma la spinta che arriva è tale che non può esserci un’unica risposta, spesso puramente demagogica. Le carestie, le guerre, i terremoti, non sono colpa di questo governo. Che invece propone un grande Piano Mattei per l’Africa. Nessuno di noi sottovaluta o elude il problema. Lo consideriamo il più serio tra quelli che il mondo dovrà affrontare».
L’emergenza migratoria «sarà il problema più grande che dovremo affrontare nei prossimi anni» spiega Tajani. E l’Italia – continua il ministro – non può «essere da sola». Pronti «due piani di intervento».
ROMA «Sa quale è la sola verità?».
Quale Antonio Tajani, ministro degli Esteri?
«Che l’emergenza migratoria, dai vari fronti caldi di crisi, è il problema più grande che dovremo affrontare nei prossimi anni, forse decenni. E l’Italia, al di là delle speculazioni o delle polemiche politiche interne, non può farlo da sola».
Non può nemmeno stare a guardare mentre la gente muore a pochi metri dalla nostra costa, però.
«Certo che no. E infatti non rimaniamo a guardare. Sa quanti interventi di salvataggio la Guardia di Finanza, la Guardia costiera fanno nei nostri mari? Nel 2022 hanno fatto 1.170 interventi di law enforcement, in cui hanno recuperato 38.507 migranti, e 917 interventi di search and rescue, con 57.028 migranti soccorsi. Abbiamo salvato migliaia e migliaia di vite, e tutti gli italiani lo sanno, ma purtroppo non sempre ci si riesce. Tra le migliaia di disperati che si affidano a scafisti criminali qualcuno, purtroppo, non ce la fa. Come nel naufragio di Steccato di Cutro».
Cosa è successo davvero su quella costa?
«La magistratura farà il suo lavoro, si vedrà se esistono responsabilità o se, come credo, è stata una tragica, terribile fatalità. Frontex aveva segnalato solo un’imbarcazione con una persona a bordo che non appariva in difficoltà. In mare aperto, dopo aver passato le acque territoriali di tanti Paesi. Ma davvero pensa che, se si avesse avuta contezza del pericolo, le nostre autorità non sarebbero intervenute, come hanno fatto moltissime volte, con grande professionalità e scrupolo?».
C’è chi pensa che l’atteggiamento del governo, quel «non partite o è peggio per voi», abbia suonato come un indiretto messaggio a chi dovrebbe salvare vite.
«Ma questa davvero è solo speculazione politica. Il “non partite” è rivolto a chi corre un rischio terribile spesso senza nemmeno saperlo. Come si può pensare che una persona perbene come il ministro Piantedosi, un uomo scrupoloso, attento, che ha affrontato tante crisi, che lavora su ogni aspetto, possa pensare che le colpe sono di chi parte e non dei criminali che li mettono a rischio?».
Lei comprende le ragioni di chi parte, anche rischiando la vita?
«Umanamente certo che le comprendo. Ma una politica seria deve fare un passo avanti e capire quello che si può fare per arginare e risolvere un problema immenso».
Ed è un Consiglio dei ministri a Crotone?
«Lo faremo in settimana, anche per dare un segnale, ma nessuno ha la bacchetta magica. Esistono almeno due piani di intervento».
Quali?
«Uno è quello che possiamo fare noi come Paese. Ogni nostra missione, ogni viaggio, ogni incontro internazionale ha in cima proprio il tema dell’immigrazione, al centro della politica estera e di sicurezza dell’Italia. Non solo come contrasto alle partenze che rischiano di far diventare i mari dei cimiteri, ma come aiuti ai Paesi che soffrono crisi enormi. Siamo stati, sia io che Meloni, più volte in Africa e nel Mediterraneo per siglare accordi, per sbloccare aiuti soprattutto per la Tunisia, che in crisi finanziaria rischia di diventare una polveriera, per stabilizzare la Libia. Da ultimo negli Emirati Arabi Uniti, abbiamo mediato per mobilitare nuovi aiuti per i Paesi che ne hanno bisogno. E siamo attivissimi anche sulla rotta balcanica: venerdì sarò in Bosnia-Erzegovina».
Ma?
«Ma da soli non possiamo farcela. Noi possiamo siglare accordi con i singoli Paesi per favorire i rimpatri dei clandestini, offrendo in cambio un aumento dei flussi regolari per avere forza lavoro qui e dare una via d’uscita sicura a tanti che premono, da Iran e Siria ai vari scenari di crisi dell’Africa, come Tunisia appunto, ma anche Costa d’Avorio, Burkina Faso, Bangladesh. Ma serve molto di più».
Cosa?
«Serve l’Europa, in primo luogo. Serve l’Onu. Serve il Fondo monetario. Lo ripeto, è un problema globale, non è solo italiano».
La risposta italiana però è sembrata quella della chiusura: no alle navi dell’Ong, no alle partenze...
«Nel naufragio in Calabria le Ong non c’entrano, non è una rotta coperta da loro. E il “no alle partenze” è proprio per evitare che masse di disperati trasformino il loro desiderio di salvezza in morte. Ma se non affrontiamo insieme questa emergenza l’Italia non può farcela da sola».
Quindi compatti, nessun dubbio su Piantedosi?
«Nessun dubbio. E siamo compatti, sì, perché non esistono mille ricette. Anzi, dall’opposizione le forniscano, se le hanno. Troppo facile speculare su drammi come questi e gridare alle dimissioni. Noi siamo in campo tutti i giorni per aprire il nostro Paese a maggiori ingressi, controllati e sicuri, ma la spinta che arriva è tale che non può esserci un’unica risposta, spesso puramente demagogica. Le carestie, le guerre, i terremoti, non sono colpa di questo governo. Che invece propone un grande Piano Mattei per l’Africa. Nessuno di noi sottovaluta o elude il problema. Lo consideriamo il più serio tra quelli che il mondo dovrà affrontare».