Robinson, 4 marzo 2023
Moravia, il pittore mancato
C’è lo stralcio di un video amatoriale nel documentario Mario Schifano Tutto di Luca Ronchi in cui Alberto Moravia si muove con fare curioso nello studio dell’artista a Roma. Schifano, goffamente – d’altronde è “un puma”, come l’aveva definito molto tempo prima Goffredo Parise –, su pressante richiesta dell’amico ( «Alberto, mi fai fare pure questo» ) gli fa vedere una serie di dipinti recenti. Siamo negli anni Ottanta e Moravia precisa esplicitamente la sua grande passione per il mestiere del pittore, dinamico e quindi mai noioso come invece reputa quello dello scrittore, costretto a lavorare davanti alla macchina da scrivere, da seduto. Naturalmente è una boutade tra due cari amici, ma ben manifesta due aspetti fondamentali che emergono nella mostra Alberto Moravia. Non so perché non ho fatto il pittore alla Gam di Torino (dal 7 marzo al 4 giugno; info: gamtorino. it) curata da Elena Loewenthal e Luca Beatrice e concepita in collaborazione con Fondazione Circolo dei lettori che ha messo in campo “Nato per Narrare”, un programma denso di focus dedicati a Moravia ( info circolodeilettori. it), coinvolgendo anche il Museo del cinema della città con proiezioni e approfondimenti. Da un lato, in quella clip con Schifano, c’è una passione sfrenata per la pittura, dall’altro una familiarità totale con l’artista, non un interlocutore esterno ma un vero compagno di strada, come si evince anche dalla grande carta Compagni e compagni, oggi a Casa Moravia, sotto la quale Schifano scrive: «Caro Alberto, questo disegno colorato di rosso è dedicato al 5° anniversario della nostra amicizia ed al tuo 61° anniversario dalla nascita (si scrive così?). Mario».
«Alberto diceva sempre che la pittura metteva in moto il corpo, mentre la scrittura è basata sul pensiero, il corpo è escluso da questo processo. Poi lui era molto attivo, gli piaceva muoversi», racconta la scrittrice Dacia Maraini, a lungo sua compagna di vita e sodale, che aprirà proprio il 7 marzo alle 21 un ciclo di talk alla Gam dialogando con l’editore e amico di Moravia Mario Andreose, la direttrice editoriale di Bompiani, che anni fa ha pubblicato un’antologia di scritti sull’arte dell’autore, Beatrice Masini e Elisabetta Sgarbi, direttrice generale della Nave di Teseo. La mostra è dedicata proprio all’ossessiva passione di Moravia verso la pittura, attraverso l’esposizione di un nucleo ragionato di opere di vari artisti del Novecento con cui ha dialogato a lungo (presentandoli in diverse mostre), provenienti da Casa Moravia, da collezioni private e dalla stessa Gam.
«Con Mario (Schifano, ndr) eravamo amici, ci si vedeva spesso, era molto legato ad Alberto, anche Guttuso era suo amico, entrambi gli hanno dedicato due bellissimi ritratti». Quello di Schifano è in mostra. L’artista insieme a Giosetta Fioroni e Titina Maselli – sorella di Francesco Maselli, regista de Gli indifferenti del 1964, tratto dal romanzo omonimo dello stesso Moravia – rappresenta la punta d’avanguardia dello sguardo moraviano verso le arti visive, orientato evidentemente, se pensiamo alle altre presenze in mostra, quindi Carlo Levi, EnricoPaolucci, Leonor Fini e Giacomo Manzù, a un linguaggio esclusivamente figurativo. «Si perde per strada un nome come Alberto Burri, ma anche l’astrazione e rimane legato a un gusto per l’immagine», avverte lo stesso Beatrice, che ha anche rintracciato opere preziose, importanti perché citate nei suoi testi critici o comunque esposte in mostre presentate da Moravia, come il dipinto di Piero Guccione Sul far della luna.
«Alberto frequentava tutte le gallerie romane, anche quelle d’avanguardia come La Tartaruga e L’Attico, conosceva Cy Twombly e poi assieme siamo stati a casa di Andy Warhol a New York, il quale entrando ci ha subito scattato una polaroid che conservava lui da qualche parte», avverte Maraini nel flusso dei ricordi di tanti anni condivisi con intensità.
Tra i dipinti più preziosi della mostra, una natura morta che rivela tutta la profondità pittorica del lavoro di Onofrio Martinelli, misconosciuto artista morto a Firenze nel 1966, suo cognato, in quanto aveva sposato sua sorella Adriana Pincherle, anch’essa pittrice. D’altronde la passione per la pittura in casa Moravia è un fatto di famiglia, il padre era molto appassionato e, ricorda Beatrice, collezionava.
«Dopo la mostra dello scorso anno su Carlo Levi, adesso ci concentriamo su Moravia, per il quale la pittura figurativa è semprestata uno strumento di ermeneutica nella lettura della realtà», puntualizza Elena Loewenthal. Ma Moravia ha mai dipinto? «A differenza del nostro grande amico Pier Paolo (Pasolini, ndr), che ha dipinto con approccio sistematico, lui faceva costantemente dei disegnini, ritratti satirici, piccole cose espressioniste, ma che faceva per sé mentre era al telefono», ricorda ancora Dacia Maraini.