Corriere della Sera, 4 marzo 2023
La puntura che fa dimagrire
Sembra un patto col diavolo contemporaneo, che promette un sogno dei più trasversali dell’epoca: dimagrire, ma senza diete. È invece un farmaco iniettabile, sviluppato da un decennio per curare il diabete di tipo 2 e stella, negli ultimi mesi, della lotta all’obesità: si chiama semaglutìde e la casa farmaceutica che lo ha brevettato, la danese Novo Nordisk, ha visto raddoppiare negli ultimi due anni il proprio valore di mercato. La scommessa (cauta) della comunità scientifica è che possa risolvere la pandemia di obesità che, si stima, riguarderà un abitante del pianeta su due nel 2035. Nel frattempo è (anche) un fenomeno di costume: oltreoceano lo usano «off-label», cioè fuori dalle indicazioni della scheda tecnica, Elon Musk (che lo ammette), svariate celebrity (ma tutte se ne distanziano) e decine di influencer, tanto che nelle farmacie americane è spesso introvabile. Negli Usa, nel 2022, è stata la 129esima medicina più prescritta, a 4 milioni di pazienti.
C’è anche un neologismo: «faccia da semaglutìde», per indicare i segni sul viso che lascia la perdita di peso repentina (niente di nuovo: già Catherine Deneuve parlava della necessità, invecchiando, di scegliere «se sciuparsi il sedere o il viso»). La «faccia da semaglutìde» è stata contestata sui social, tra l’altro, a Khloé Kardashian che nega. Elon Musk, con un utente che gli chiedeva perché fosse così in forma, se n’é persino vantato.
La «puntura della magrezza» – il semaglutìde si somministra con iniezioni sottocutanee nell’adipe addominale – si deve alla serendipità. Indicata per i diabetici di tipo 2, ha causato nei pazienti cali ponderali fino al 15%. Ed è di novembre 2022 uno studio del New England Medical Journal che ne compara gli effetti, sull’obesità resistente, alla chirurgia bariatrica. Così molti medici negli Stati Uniti hanno iniziato a prescriverla anche a chi non è obeso, né diabetico, né pre-diabetico.
Il semaglutìde è un agonista del recettore del glp-1, un ormone prodotto dall’intestino che stimola la secrezione di insulina. Migliora il controllo glicemico, inibisce la fame e rallenta lo svuotamento dello stomaco. Insomma, fa dimagrire.
Tutti a procurarselo, dunque, per la prova costume? Nient’affatto. Negli Stati Uniti il farmaco più noto a base di semaglutìde ha persino uno spot tv con tanto di jingle (in Italia, invece, la normativa sulla pubblicità di farmaci vieta anche a un articolo come questo, ad esempio, di citarne il nome; su TikTok si trova, indizio tra l’altro della quasi assenza di deontologia nell’informazione sui social). In Italia, dove qualche fashion victim se lo procura via Internet, rischiando, o tramite amici negli Usa, resta un farmaco che si prende su prescrizione del diabetologo. E anche se «off label», «va assunto sotto controllo medico. Non ci sono studi completi su cosa accade ai pazienti non diabetici», spiega Stefano Erzegovesi, psichiatra, nutrizionista e divulgatore scientifico. Gli effetti noti sono diarrea, nausea, stanchezza, vomito. Non se ne conoscono le interazioni con molti farmaci né con la gravidanza. E quando si smette di farne uso, il peso ritorna. «Ci va molta cautela. Ci si scordi di prenderlo per buttare giù la pancetta. Fa invece sperare per la lotta all’obesità resistente: quella cioè che resiste a un trattamento multidisciplinare, di nutrizionista, psicologo e medico insieme».
Il costo per ora va dai 900 ai 1.300 dollari al mese negli Usa, in Italia un po’ meno. Ma il mercato, scrive l’Economist che al semaglutìde dedica la sua più recente copertina, «sta infuriando».
Si prevedono interventi di salute pubblica che potrebbero portare a una produzione più ampia e dunque meno costosa. Su molecole simili stanno lavorando Amgen, AstraZeneca, Pfizer, Eli Lilly. I brevetti, nel tempo, scadranno, e il farmaco, scrive il settimanale britannico, «potrebbe diventare comune quanto le statine anti-colesterolo». Insomma, la rivoluzione di Hollywood potrebbe forse arrivare anche a ceti e Paesi più poveri.