Corriere della Sera, 4 marzo 2023
La simpatia di Confalonieri per Elly Schelin
Raccontano che i commensali siano rimasti a bocca aperta, le posate sospese per aria, lo sguardo rivolto verso il patron del Biscione. Che con tempi teatrali ha lasciato passare qualche istante prima di spiegarsi: «Il solo fatto che sia la nipote di Agostino Viviani me la rende simpatica». Il riferimento al nonno materno della neosegretaria del Pd è stata l’occasione per Confalonieri di raccontare la storia di «un personaggio meraviglioso, un uomo specchiato e di valore. Un grande avvocato, garantista e socialista». Ma non solo, perché nel finale della narrazione il presidente di Mediaset ha ricordato che «quando nacque Forza Italia, Silvio lo volle con sé».
In effetti Viviani, che era stato per due volte senatore del Psi, venne eletto al Consiglio superiore della magistratura come membro laico in quota azzurra nel 1994, durante la XII legislatura: quella del primo governo Berlusconi. «E poi tutti a parlar male di lui», ha commentato Confalonieri, riferendosi all’amico di una vita: «È possibile che nessuno voglia riconoscergli quanto ha fatto? Perché ha fatto anche questo». Così nel suo albero genealogico Schlein si ritrova un berlusconiano, per quanto atipico, e che in precedenza aveva impugnato la bandiera dei Radicali in nome delle battaglie sui diritti civili e per una profonda revisione del sistema giudiziario: teorizzava infatti la separazione delle funzioni e delle carriere dei magistrati. L’eterno pallino del Cavaliere.
Probabilmente questi ricordi hanno influenzato la nota con cui Berlusconi ha salutato l’avvento della giovane leader sul proscenio politico nazionale: «Mi auguro che il confronto, pur tra avversari, sia corretto, costruttivo, rispettoso e orientato al bene del Paese. Il Pd rappresenta la maggior forza di opposizione e in una democrazia matura la qualità del lavoro dell’opposizione è altrettanto importante di quella della maggioranza. Congratulazioni e buon lavoro». Non si sa se Confalonieri abbia parlato di Schlein con il Cavaliere, non ne ha fatto cenno a tavola. Ma lui un’opinione se l’è fatta. E per quanto si schermisca ogni qualvolta lo interpellano su questioni di Palazzo («non me ne intendo, sono solo un lobbista»), tutti hanno ascoltato con interesse la sua analisi.
«Se Schlein sia comunista, non lo so. Ma basta che appaia così e va bene a tutti gli altri», cioè a quelli del suo campo: «Basta vedere chi l’ha votata alle primarie. Una bella percentuale viene da simpatizzanti dei Cinquestelle e anche dai gruppuscoli di estrema sinistra». E la neosegretaria del Pd – a giudizio di Confalonieri – «rianima la sinistra»: «A quegli elettori dice cose nuove, al contrario del suo predecessore. Quando parla delle disuguaglianze, per esempio...». Sia chiaro, il patron di Mediaset non è politicamente infatuato di Schlein, lui resta «un leghista di rito bossiano» e non ha mai cambiato idea.
Però registra la «novità» e la «scossa» che ha prodotto «dall’altra parte». Quanto alle convinzioni di Schlein e al suo stile di vita, «lei interpreta tutto quello che c’è di diverso rispetto alle generazioni precedenti. Alla mia poi... Per noi gli Lgbtq+ erano roba da fantascienza. Oggi sono realtà». È una presa d’atto, senza alcun giudizio: chi pensava che si sarebbe lasciato andare ad un commento sul fatto che Schlein abbia una compagna, ha pensato male. In fondo Confalonieri si era già espresso sulla materia e pubblicamente: «Sono della mia epoca, ma non sono un bacchettone».
E non sembra appassionato nemmeno alla storia del dualismo tra la leader dem e l’attuale premier: «Solo perché sono due donne? E che senso ha in politica?». Piuttosto «non credo proprio» – così ha detto – che Schlein possa essere una antagonista di Meloni. Le sarà pure «simpatica» per via del nonno materno, ma non vede partita. Non si capisce se la previsione di Confalonieri sia frutto di un convincimento ponderato o se subisca l’influenza del suo tifo per «Giorgia». E quando a tavola un commensale glielo ha fatto notare, l’amico del Cavaliere ha risposto: «E comunque chi sono io per poter giudicare? Non lo fa nemmeno il Papa».