Corriere della Sera, 5 marzo 2023
Leo DiCaprio fu torchiato dall’Fbi
Molto umorismo si fa sulle fidanzate – sempre più giovani – di Leonardo DiCaprio, ma qualche riserva la meritano, a giudicare dalle recenti cronache giudiziarie trapelate grazie al canale Bloomberg, anche i criteri con cui si sceglie gli amici. Nel 2018 è stato interrogato dall’Fbi, e lo si è saputo soltanto ora, in merito ai suoi rapporti con il losco uomo d’affari malese Jho Low, detto in patria «il Grande Gatsby», ora latitante e ricercato in tutto il mondo, responsabile della sparizione di 4,5 miliardi di dollari da un fondo d’investimento dello Stato malesiano incanalati nelle sue tasche da un complesso sistema di società off-shore e poi – con parte degli stessi soldi – finanziatore anche della produzione di The Wolf of Wall Street (2013). Beffa della beffa: nel film, il ruolo di Di Caprio (che peraltro nello stesso anno era al cinema anche Jay Gatsby) è quello di un mago della finanza che si rivela un truffatore.
Cinque anni di amicizia – ma il primo incontro, in discoteca, risale al 2010 – tra Low, che Di Caprio chiamava «my man», il mio uomo, e l’attore, a cui lui dava diversi nomignoli, sono stati ricostruiti dagli agenti dell’Fbi in migliaia di messaggi e mail.
Il quadro che se ne compone è davvero un quadro alla Gatsby: il milionario di fatto «comprava» l’amicizia del divo, come di altri, a colpi di regali sontuosi e progetti milionari. Ma la fiducia di Di Caprio se l’era guadagnata, tanto che – così il dossier degli investigatori – i due avevano anche conosciuto le reciproche madri (e il divo ha con la sua un rapporto quasi monogamo). Progettavano business congiunti: un mega-fondo da 1 miliardo di dollari per più film, un parco dei divertimenti Warner Bros in Asia con giostre basate sui film di DiCaprio, un resort ecologico in Belize. L’attore si è difeso dicendo di aver fatto «controllare» il background dell’«amico» dai suoi manager, e che gli era stato assicurato si trattasse di una persona a posto.
Le indagini proseguono da anni. Nel 2019, in Malesia, era già stato arrestato e poi rilasciato su cauzione, per riciclaggio, il produttore di The Wolf of Wall Street Riza Aziz : il denaro, era appunto l’accusa, veniva dall’appropriazione indebita ai danni del fondo statale. Già nel 2018 – proprio nel periodo in cui si svolgevano questi interrogatori, trapelati solo ora – il New York Times riferì che DiCaprio aveva consegnato alle autorità una serie di doni sontuosi che Jho Low gli aveva fatto: cimeli cinematografici come la statuetta dell’Oscar da 600.000 dollari di Marlon Brando e un dipinto da 9 milioni di dollari di Jean-Michel Basquiat.
Di regali sontuosi elargiti come caramelle – e persino sacchi pieni di banconote – era intessuta anche l’amicizia, dal sapore ugualmente prezzolato, tra il latitante malese e Kim Kardashian, anche lei interrogata dagli investigatori del servizio federale per i suoi rapporti con Low.
Rapporti eccentrici: Kardashian ha ricordato di essere rimasta sveglia fino all’alba in un casinò di Las Vegas con Low, e di avere vinto 350 mila dollari al gioco. Lei voleva restituirglieli, lui insistentemente rifiutava, e alla fine lei racconta di essere uscita dal casinò con sacchi di banconote da cento dollari.
In un’altra occasione, anche a Kim Kardashian e all’allora marito Kanye West il miliardario si era offerto di regalare un dipinto di Basquiat. I due avevano rifiutato, ma non per scrupolo: perché Kanye, investimento per investimento, gli aveva fatto sapere che avrebbe preferito un Monet. Il regalo non arrivò: «Low», confessa Kardashian, «era molto volubile in fatto di regali, e molto spesso ne prometteva senza poi farli».