la Repubblica, 4 marzo 2023
In morte di Sergio D’Angelo
Se n’è andato il “postino” del Dottor Zivago. Se la vita di un essere umano si può riassumere in una sola azione, certamente Sergio D’Angelo, che si è spento ieri a 100 anni d’età nella sua casa di San Martino al Cimino, in provincia di Viterbo, va ricordato per il ruolo fondamentale avuto nel fare arrivare in Italia il romanzo di Boris Pasternak, censurato in Unione Sovietica, destinato a fare vincere al suo autore il premio Nobel per la letteratura e a ottenere, nell’adattamento cinematografico del grande regista inglese David Lean, ben cinque premi Oscar. Giornalista, in seguito lui stesso scrittore, comunista e poi in rotta con il Pci dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, D’Angelo ha fatto molte altre cose in un’esistenza lunga un secolo e piena di avventure: ma essere stato per così dire il portalettere clandestino di un manoscritto che non doveva uscire dall’Urss è il gesto che lo ha reso famoso. Era il 1956: due anni dopo la morte di Stalin, il suo successore Krusciov aveva appena denunciato i misfatti dello stalinismo in un rapporto segreto al Ventesimo Congresso del Pcus. Nonostante la ventata di liberalizzazione introdotta da Krusciov, tuttavia, la superpotenza comunista rimane un sistema totalitario, in cui il Kgb controlla quasi tutto. Poeta e romanziere, Pasternak era caduto in disgrazia a causa del suo nuovo libro,Il dottor Zivago, una storia d’amore che conteneva implicitamente forti critiche della vita sovietica. Così a Mosca il romanzo non esce. Ma qui entra in gioco D’Angelo. Nato e cresciuto a Roma,nei primi anni Cinquanta si trasferisce con moglie e figli in Russia, dove lavora alla radio di stato. Conosce Pasternak, ne diventa amico ed è a lui che lo scrittore affida il dattiloscritto, nella speranza che possa essere pubblicato all’estero. «Questo è Il dottor Zivago,che faccia il giro del mondo», gli dice consegnandogli l’incartamento. Per poi aggiungere: «Siete tutti invitati fin d’ora alla mia fucilazione». L’anno dopo il romanzo esce in Italia, pubblicato da Giangiacomo Feltrinelli, e diventa un caso mondiale. Perquesto l’editore viene radiato dal Pci e Pasternak espulso dall’Unione Scrittori. Costretto dal Kgb a ritrattare, in seguito l’autore nega di essere stato favorevole alla pubblicazione, il Pcus non gli permette di andare a ricevere il Nobel e muore di un tumore nel 1960. Un giallo che D’Angelo ha più tardi raccontato inPubblicateZivago!, uno dei numerosi libri che ha scritto. Fare pervenire il manoscritto a Feltrinelli fu un’impresa degna di un’operazione di spionaggio. Ad aiutare D’Angelo nei negoziati con l’autore era stata Olga Ivinskaja, lei stessa scrittrice e amante di Pasternak, alla quale si ispirò per il personaggio di Lara nel romanzo. Olga fu punita dalle autorità sovietiche con quattro anni di carcere. Nella Russia del 1994, post-comunista e non ancora putiniana, capitò a me di accompagnare Carlo Feltrinelli, figlio ed erede di Giangiacomo, a conoscerla poco prima che si spegnesse. «Dove non so,ma io ti rivedrò» è il tema di Lara nella colonna sonora del film tratto dalromanzo: il ciclo che aveva legato un grande scrittore dissidente, un coraggioso editore e i suoi “due postini”, sembròchiudersi in una Mosca coperta di neve.