la Repubblica, 4 marzo 2023
Arrestata la sorella di Matteo Messina Denaro
Il padrino delle stragi non ha mai perso la sua passione per la politica. «Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto, lo ritengo un onore », scriveva Matteo Messina Denaro e inviava il pizzino alla sorella Rosalia. Come fosse un manifesto da diffondere fra il popolo di Cosa nostra e nella palude dei complici. «Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie, trattati come se non fossimo della razza umana, siamo diventati un’etnia da cancellare». Due giorni prima, era il dicembre 2013, gli avevano arrestato la sorella più piccola, Anna Patrizia, poi anche il nipote prediletto, Francesco Guttadauro. E lui faceva una chiamava alle armi. Erano i soliti deliri mafiosi, che ricordano quelli di Salvatore Riina intercettato in carcere mentre parlava con il compagno dell’ora d’aria(«Fra duemila anni ci sarà sempre Riina»).
Il pizzino “manifesto” è uno di quelli ritrovati dai carabinieri del Ros a casa di Rosalia Messina Denaro, a Castelvetrano, durante un’incursione segreta fatta il 6 dicembre. E, ieri, anche Rosetta, come la chiamano in famiglia, è finita in manette, per associazione mafiosa. «Gestiva la cassa e i pizzini», le contestano il procuratore Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido. «Aveva pure un nome in codice, Fragolone». Si continua invece a indagare per decifrare gli altri riferimenti nei pizzini: “Reparto”, “Condor”, “Ciliegia”, “W”. E ancora: “Stazzunara”, “Grezzo”, “Complicato”. A “Parmigiano”, probabilmente un imprenditore, il boss aveva chiesto in prestito tramite la sorella 40 mila euro. Misteri su misteri. Eccone un altro: Messina Denaro conosceva l’indirizzo bolognese del pentito che l’ha incastrato nelle indagini sulle stragi, Francesco Geraci, un tempo suo grande amico, è morto di recente, affetto pure lui da un tumore. I carabinieri hanno appurato che non era l’indirizzo dove il pentito effettivamente abitava, scortato dal Servizio centrale di protezione, ma un riferimento che girava in ambito giudiziario, per le convocazioni nei processi. Comunque, un riferimento riservato. Come ha fatto Messina Denaro ad averlo? Aveva una talpa? Nei pizzini inviati alla sorella dava anche indicazioni molto precise su alcune telecamere e sulle relative cassette di derivazione. Anche in questo caso, il padrino ha potuto contare su qualche soffiata? È il fronte più delicato delle indagini della procura.
«Siamo figli di questa terra di Sicilia — proseguiva Messina Denaro nel suo pizzino manifesto — stanchi di essere sopraffatti da uno Stato, prima piemontese e poi romano, che non riconosciamo, siamo siciliani e tali volevamo restare. Hanno costruito una grande bugia per il popolo, noi il male loro il bene». Temi da sempre cari al mafioso delle stragi,deliri su deliri. «Hanno affossato la nostra terra con questa bugia — Messina Denaro si ergeva a paladino della giustizia, la sua —. Ogni volta che c’è un nuovo arresto si allarga l’albo degli uomini e delle donne che soffrono per questa terra, si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciare passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza. Questo siamo, ed un giorno, ne sono convinto, tutto ciò ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quello che ci hanno tolto in vita». La storia vista dal padrino condannato per essere il mandante delle stragi Falcone, Borsellino, e poi delle bombe che hanno seminato altre vittima tra Firenze, Roma e Milano. Messina Denaro che scriveva di essere contro la violenza ha anche una condanna per aver sequestrato il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito che per primo svelò i segreti della strage Falcone. Questo manifesto criminale conservava gelosamente Rosalia Messina Denaro, lo riteneva un ricordo caro di famiglia, magari da rileggere nei momenti di sconforto. Quasi come fosse un testo sacro. Rosalia conservava come delle reliquie i biglietti del fratello, d’altro canto ha sempre avutouna venerazione per lui. Nella casa di campagna, i carabinieri del Ros hanno trovato altri biglietti del latitante. Uno dice così: «Non si deve mai ritornare da una persona dalla quale ci siamo allontanati definitivamente. È una regola della mia vita. Ho pokissime regole di vita». Infine: «La mia vita è più complessa di una promessa ». E la chiosa sul padre: «Non ci sono più persone come lui. Quel genere di persone è sparito per sempre». Nostalgia di un padre padrino, simbolo della vecchia mafia, quella che Messina Denaro voleva riorganizzare.