la Repubblica, 5 marzo 2023
Nainggolan, il Limonov del calcio
Il Re (poiché questo è il suo nome) se ne sta, solo, in fondo al pozzo della Serie B e si domanda come ci sia finito. Lo ha pregato un amico, lui gli ha detto di sì, poi si è chinato per allacciarsi gli scarpini e quando si è rialzato l’amico non c’era più. Hanno sostituito prima quello, poi anche lui, a metà di una partita. Si è fatto male, come spesso gli riesce in modi diversi. È rimasto sul divano a leggere i giornali, dove la sua donna racconta di quella volta in cui le rimasero i capelli in mano e il suo ex direttore sportivo di come sarebbe stato capace di bersi otto bicchierini di fila. Senza collegare le due cose. Radja Nainggolan è il Limonov del calcio. Gli manca un Carrère che sappia raccontarlo, tracciando quella riga (un filo per funamboli) che divide George Best da Paul Gascoigne. È un soffio lo scarto tra l’epica e lo spreco. Poi si cercano spiegazioni: l’infanzia difficile, l’abbandono del padre. E, certo, se il tuo primo datore di lavoro è Cellino e l’ultimo Tacopina… Gli Sgarbi del pallone: quello fa il sindaco e loro i presidenti dove capita e dove possono, a macchia di gattopardo. Nel mezzo però, tante medaglie, subito girate sul rovescio. La nazionale, ma l’insofferenza reciproca con il ct Martinez. Quattro anni di fuoco a Roma e le serate con De Rossi.Conte che lo voleva al Chelsea, invece segue Spalletti all’Inter. Fino a un mese fa l’ha perseguitato pure il fatto che nello scambio fosse rientrato il giovane Zaniolo, poi tutti se ne sono fatti una ragion veduta (“poteto, potato”). Ha ricercato la strada di casa: Cagliari, il Belgio, soltanto per capire che una casa non ce l’ha più. Una vita da mediano non garantisce di vincere “casomai i Mondiali”.
Devi farla anche quando non giochi. Kanté, per dire «si alzava di primo mattino – racconta Ranieri che lo ebbe al Leicester – e andava a farsi la sua corsetta quotidiana di 4 chilometri, poi arrivava al centro sportivo e ricominciava da capo». Radja all’alba: non pervenuto. A fine contratto, Kanté ha la fila e a Nainggolan è toccata la nebbia a Ferrara. Gli è toccato Oddo (un altro che “casomai i Mondiali”) al posto dell’amico. Eppure la storia è lui, attenzione; lui che aveva tutto da vincere e tutto da perdere. La trama dell’esistenza di un campione è straordinaria e per questo lontana. Quando si sfarina, un capitolo sotto l’altro, non diventa ordinaria, ma universale. Parla del talento che non abbiamo nutrito, del dolore che non abbiamo rimosso e di come, a volte, per un funambolo sia perfino più facile correre sul filo, 4 chilometri ogni mattina.