la Repubblica, 5 marzo 2023
Intervista a Antonio Milo
Un curriculum notevole: una vita a teatro, al cinema è stato diretto, tra gli altri, da Nanni Moretti, Pupi Avati, Sergio Rubini; in televisione ha recitato nelle serie più viste: La squadra, Distretto di polizia, Il commissario Montalbano, Gomorra, L’amica geniale. Il sorriso aperto, grande umanità in tutti i personaggi che interpreta, Antonio Milo torna nei panni del Brigadiere Maione accanto a Lino Guanciale nella seconda stagione diIl Commissario Ricciardi,dai romanzi di Maurizio de Giovanni, per la regia di Gianpaolo Tescari, da domani su Rai 1. E sempre su Rai 1 è nel cast diResta con me, in un’altra serie girata a Napoli, in cui interpreta il poliziotto della squadra di notte Salvatore Ciullo.
Maione è un padre lacerato, ha perso un figlio. Ed è un uomo di legge che mantiene il controllo.
«Reputo una grandissima fortuna aver incontrato il brigadiere sulla mia strada, è un protagonista a tutti gli effetti, posso giocare su vari registri.
Mi ha fatto fare un upgrade, ora mi riconoscono con nome e cognome, detto in una battuta: “Con Maione sono diventato Antonio Milo”» .
Come si è avvicinato al personaggio?
«Cerco di lavorare sull’empatia, che arriva sempre. Gli spettatori possono vivere il personaggio come se fosse uno di loro. Alla fine il nostro mestiere è quello di dare sangue e vita alle parole» .
Quelle di De Giovanni sono potenti, e lei porta Maione con Bambinella (Adriano Falivene) anche a teatro in “Mettici la mano” con la regia di Alessandro D’Alatri.
«È bellissimo aver ritrovato il pubblico, saremo a Bologna, a Firenze, a Milano; andiamo in giro fino al 15 aprile. Lo spettacolo è un giallo, nella Napoli devastata dai bombardamenti, Maione in una cantina vuole giudicare una donna, Melina (Elisabetta Mirra), accusata di aver sgozzato il Marchese di cui era cameriera. Ma Bambinella la difende, e strappa anche risate» .
Potrebbe essere anche uno spin-off per la tv.
«Ci stanno pensando».
Il teatro è sempre il grande amore?
«Sono nato a Castellammare di Stabia, da piccolo giocavo con i miei cuginetti a fare il teatrino. Papà è un ex impiegato Fincantieri, quando ho comunicato a casa che avrei fatto l’attore, ha avuto un picco pressorio».
Com’è stato il passaggio alla fiction?
«Ho dovuto rimettermi a studiare.
Sono stato persino a New York all’Actor’s studio. In teatro esasperi i gesti, davanti alla telecamera serve la sintesi: occhi e espressione. La tv mi ha cambiato la vita, anche economicamente. La serie ti permettono altri tipi di guadagni e diaccollarti il mutuo».
Interpreta spesso poliziotti.
«Mi piacerebbe trovare une regista che mi dica: “Devi perdere 30 chili e buttarti già dall’aereo con il paracadute”. In Italia non siamo pronti, produttori e registi spesso ti propongono ruoli simili».
A parte fare il paracadutista, ha un sogno?
«Mi piacerebbe interpretare Vittorio De Sica in un film. Non per fare l’imitazione, ma per ricordare la sua figura meravigliosa. Un po’ il lavoro che ha fatto Rubini da regista nel film sui De Filippo».