Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 05 Domenica calendario

Intervista al pronipote di Stalin

Essere il pronipote del Generalissimo non ha reso la vita più semplice a Selim Bensaad, nato Iosif Dzhugashvili, proprio come il bisnonno georgiano passato alla storia come Stalin, Uomo d’Acciaio. È nato nel 1971, ma ci sono voluti quattro anni perché il Kgb autorizzasse il matrimonio della madre Galina Dzhugashvili con l’algerino Hosin Bensaad. Solo allora il pronipote di Stalin prese nome e cognome magrebino. Quando si scoprì che era sordo, Leonid Brezhnev negò l’autorizzazione a portarlo in Francia dove avrebbero potuto salvargli l’udito. Nel 1966 la figlia di Stalin, Svetlana Allilueva, era fuggita dall’Urss e aveva chiesto asilo negli Usa. Brezhnev temeva un nuovo scandalo. Oggi Bensaad, sordo e ipovedente, vive a Rjazan con la moglie, con una pensione da 24mila rubli, circa 300 euro, dopo essere stato sfrattato dal padre dalla casa moscovita ereditata dal bisnonno e aver vissuto persino in auto «come un barbone ». A 70 anni dalla morte del bisnonno, ha scritto un libro con Lana Parshina,I segreti della famiglia Stalin, confessioni dell’ultimo Dzhugashvili, e indirizzato una lettera a Vladimir Putin. Chiede che il corpo dell’ex leader sovietico venga esumato e analizzato per provare che morì avvelenato, che la salma venga sepolta nel cimitero di Novodevichij e che si proibisca per legge di chiamare Stalin “dittatore” o “tiranno sanguinario”. Putin non ha mai risposto. «Stalin è tabù. Perché? Sempre più spesso si sente dire: “Manca Stalin!”. Solo l’Uomo d’Acciaio incuteva timore ai nemici dello Stato», dice Bensaad rispondendo via email alle domande diRepubblica. Oggi non visiterà la tomba dell’avo.
«Voglio evitare provocazioni. Gli renderò omaggio in forma privata un altro giorno».
Perché crede che Stalin fu avvelenato?
«Da discendente, ho avuto modo di visionare i fascicoli sulla sua malattia e morte e ho trovato molte discrepanze e falsità. La notte prima del presunto ictus, Stalin cenò con Lavrentiy Beria, Nikita Krusciov, Nikolaj Bulganin e Georgij Malenkov. È probabile che il veleno sia stato procurato da Berja, che aveva alle sue dipendenze il laboratorio del chimico Grigorij Majranovskij, e che a ordire il complotto sia stato Krusciov. Mio bisnonno era un uomo forte. Riuscì a resistere tre giorni senza cure».
Perché vorrebbe che Stalin, che promosse l’ateismo di Stato, venisse sepolto nel cimitero di Novodevichij?
«Mio bisnonno vinse la Seconda Guerra Mondiale. Ma sapete come fu trattato il grande condottiero, no? La notte della festa satanica di Halloween, il 31 ottobre 1961, il suo corpo fu profanato, rimosso dal Mausoleo dov’era esposto con Lenin e sepolto come un cane sotto alle mura del Cremlino. È umano tutto ciò? Non merita un degno funerale? Certo, sono pronto a scendere a compromessi e a tenere una cerimonia come si deve sulla Piazza Rossa».
Chiede anche che venga proibito che il suo bisnonno venga chiamato “tiranno sanguinario”. Nega il Grande Terrore o l’Holodomor?
«Il Gulag è un simbolo dell’era Stalin. Però occorre parlarne in modo onesto! Non c’è da stupirsi che abbiamo inventato l’hashtag “Gli archivi non mentono”! Dobbiamo studiare la storia dalle sue fonti originali.
Nel mio libro mi chiedo: se fu Stalin a reprimere da solo milioni di persone, allora chi scrisse 20 milioni di delazioni? Che cosa sono le trojka della polizia segreta Nkvd? Non temo di guardare in faccia il mio passato familiare. Non nego quello che successe. Ma bisogna capire perché successe in modo che non si ripeta più».
Non crede che Putin abbia contribuito a riabilitare la memoria del suo bisnonno?
«Dovrò deluderla! Il mio prediletto presidente non ha fatto nulla per riabilitare Stalin. Ha incontrato Aleksandr Solzhenitsyn, ma non ha depositato nemmeno un fiore davanti al busto dedicato a Stalin a Volgograd il 2 febbraio. In Russia è persino vietato mostrare foto di Stalin durante il corteo del Reggimento Immortale il 9 maggio. Tuttavia, capisco Putin. Dà al popolo il diritto di decidere chi sono i veri eroi».
È d’accordo con chi paragona Putin a un nuovo Stalin?
«Putin è senza dubbio un grande della storia.
Col suo nome, così come con quello di Stalin, sarà chiamata un’intera epoca. Sono contento di vivere nell’era Putin. Ma non è Stalin! Temo per lui. Temo che possa essere ucciso come il mio bisnonno. È circondato da traditori. E non è Stalin per punirli come meriterebbero».
Lei sostiene l’offensiva russa in Ucraina?
«Sostengo l’operazione militare speciale e il mio amato presidente. Putin sta ripristinando la giustizia storica. Quell’alcolizzato di Boris Eltsin, dopo la disgregazione dell’Urss, lasciò all’Ucraina la Crimea, la Malorossija e la Novorossija. Nessuno chiese il parere del popolo! Non fu svolto nessun referendum.
Putin ha fatto quello che Stalin non riuscì a fare nel 1941. Stalin fu avvertito che la Germania stasse per attaccare, ma la tirò per le lunghe.
Da navigato agente dell’intelligence, Putin invece ha anticipato l’attacco a Crimea e Donbass».