la Repubblica, 5 marzo 2023
Un protocollo per le madonne piangenti
Deve esistere da qualche parte un rigido protocollo che regola il fenomeno delle madonnine ploranti, ultima quella di Trevignano, sul lago di Bracciano. Sono tutte di umilissime origini e fattura (mai che piangano una Madonna quattrocentesca, o una preziosa Madonna lignea), tutte risiedono in piccoli centri o luoghi agresti, come se la vita metropolitana non favorisse miracoli e apparizioni, tutte piangono sangue, tutte annunciano sventure apocalittiche, la prediletta delle quali è la guerra. Previsione, quest’ultima, già ampiamente superata dai fatti, per la serie: grazie, ma lo sapevamo già.
Mai una che abiti non dico a Parigi, ma perlomeno a Milano o a Bologna, mai una che sorrida, o perlomeno pianga le stesse lacrime trasparenti che tutti piangiamo, mai una che ci dica qualche parola non dico allegra, ma almeno carina. Non so, un annunzio di buona sorte, una benedizione gratuita, senza il prezzo della contrizione e della sciagura universale, una condivisione amichevole di quanto sia piacevole vivere e condividere il creato, nonostante tutto.
A chiunque, in ottima o cattiva fede, organizzi o pratichi questa forma di culto, bisognerebbe suggerire qualche variazione nell’offerta (la domanda, si sa, è comunque inesauribile). Un kit meno gravoso emotivamente, una proposta mariana più amichevole, diciamo così. Bene invece che gli appassionati di questo genere di raduni espongano sempre la foto di papa Wojtyla e mai quella di Bergoglio che, con tutti i problemi che ha, almeno questo se lo risparmia.