la Repubblica, 5 marzo 2023
Tutti gli accordi tra Italia ed Emirati Arabi
Due Bmw sfrecciano dal maestoso palazzo presidenziale in marmo e pietra bianchi fino al ristorante giapponese Zuma, nel centro di Abu Dhabi. A guidare la prima auto è direttamente lo sceicco Mohamed Bin Zayd Al Nahyan, il presidente degli Emirati Arabi. Con lui la premier Giorgia Meloni. Nell’altra macchina al volante c’è Mansour Bin Zayd Al Nahyan, fratello del Capo di Stato e ministro degli Esteri, e ospita l’omologo italiano Antonio Tajani, oltre all’ad di Eni Claudio Descalzi. Il disgelo fra l’Italia e il ricco Paese mediorientale, alla fine, si celebra in quello che Tajani definisce un «clima informale e amichevole», attorno a un tavolo di un locale di una catena internazionale, che per l’occasione non chiude neppure agli ospiti comuni. Si parla di politica estera, business e sport, se è vero che Tajani ne approfitta per regalare a Mansour Bin Zayd, tifoso della Juventus come lui, una maglietta bianconera. «C’è piena volontà di recuperare un rapporto di amicizia», dice la premier. Con implicito riferimento alle profonde crepe nelle relazioni diplomatiche che si erano aperte durante il secondo governo Conte, quando il Parlamento votò una risoluzione che bloccò l’export di armi verso gli Emirati.
Il legame oggi si ricuce formalmente con due documenti: una dichiarazione d’intenti sul partenariato strategico e un’intesa sulla cooperazione rafforzata nell’ambito della Cop28, la conferenza sul cambiamento climatico. L’accordo più pesante è quello che riguarda Eni e Adnoc, il gigante petrolifero di Abu Dhabi, per lo sviluppo di progetti comuni di transizione energetica. Ma la piena ripresa dei rapporti dovrebbe dar vigore ad altri settori economici. L’Italia esporta soprattutto gioielli, macchinari e prodotti agro-alimentari ed è, in campo europeo, il primo fornitore degli Emirati. Un rilancio che passa anche dall’industria bellica: a fine febbraio è statofirmato un accordo fra Fincantieri e Abu Dhabi Ship Building per la realizzazione di navi militari e commerciali.
Le fratture sono sanate, insomma. Con la volontà di mettersi alle spalle anche la non edificante storia dell’alleanza Alitalia-Etihad, che ha tuttora strascichi giudiziari. Alcune fonti riferiscono di una richiesta emiratina di far ritirare ai commissari di Alitalia la costituzione di partecivile nel processo in corso a Civitavecchia. La delegazione italiana smentisce, sottolineando però come da parte dei governanti del Paese mediorientale ci sia la massima disponibilità a definire e chiudere il contenzioso civile. «Per loro la questione è sostanzialmente chiusa», dice Tajani. Ma nel corso dell’incontro ufficiale, e poi del pranzo durato due ore, si è parlato anche del conflitto in Ucraina: Meloni ha chiesto a Bin Zayd Al Nahyan di fare pressing su Mosca, in forza dei solidi rapporti economici con la Russia, per spingere Putin verso il cessate il fuoco. Da parte emiratina ci sarebbe disponibilità a mediare, anche per la dichiarata paura di una escalation nucleare. Ma a Meloni lo sceicco avrebbe detto che anche l’Europa deve provare a parlare con Putin.
Il bilancio, alla fine della doppia missione (India ed Emirati), è positivo: «È andata bene, oltre il previsto», dice Meloni, il cui disegno geo-politico scavalca la Cina e la Via della seta imboccata da Giuseppe Conte: «Questo tema è ancora oggetto di attenzione», afferma la premier. Ma una visita a Pechino non è neppure in agenda: un segnale di equilibri che si spostano.—