Corriere della Sera, 4 marzo 2023
Liberali di oggi e di ieri
Caro Aldo,
la storia ha dimostrato come le culture liberal-liberiste e socialdemocratiche di Einaudi, La Malfa e Saragat si siano affermate nelle democrazie dei Paesi più avanzati. Eppure in Italia esse non hanno mai raccolto più del 15%, soffocate dalle ideologie di destra, di sinistra e confessionali. Lo strano destino si ripresenta ora in Italia, con le debite differenze dovute ai tempi. Il Terzo polo di Calenda Renzi e c. è l’erede dei Magnifici Tre, ma come loro non riesce ad andare sopra il 15%, stretto fra populismi, sovranismi e nostalgiche fumisterie ideologiche.
Paragone azzardato?
Catervo CangiottiPesaro
Caro Catervo,
innanzitutto complimenti per il nome prezioso che porta: Flavio Giulio Catervio, senatore romano, evangelizzatore e martire di Tolentino (non lo sapevo, mi ha aiutato un amico sacerdote). E comunque sì, il paragone è azzardato; e non solo perché Luigi Einaudi, Ugo La Malfa e Giuseppe Saragat è meglio lasciarli stare. Il partito liberale, il partito repubblicano e il partito socialdemocratico non costituirono mai un «terzo polo». Nel 1948 scelsero di stare dalla parte della Democrazia cristiana, e quindi degli Stati Uniti d’America, contro il partito comunista, e quindi l’Unione sovietica. A lungo furono fedeli alleati della Dc. Il partito liberale di Giovanni Malagodi si oppose al centrosinistra (ma poi Valerio Zanone lo portò dalla destra alla sinistra della Dc). Ugo La Malfa era favorevole alla solidarietà nazionale; ma non avrebbe mai governato da solo con i comunisti, senza i democristiani. Suo figlio Giorgio portò il partito repubblicano all’opposizione del quadripartito (Dc, Psi, Psdi, Pli) che comunque vinse le elezioni del 1992, come aveva vinto tutte quelle precedenti.
Da allora il quadro è talmente mutato da rendere impossibili i raffronti. Nella Prima Repubblica si votava (tranne che nel 1953) con un proporzionale puro, senza premio di maggioranza. La legge vigente prevede che i due terzi dei seggi siano assegnati con il proporzionale, e un terzo con i collegi: di fatto un grande premio di maggioranza destinato a chi riesce a creare coalizioni. Il centrodestra l’ha fatto, sia nel 2018 (quando dovette dividere i collegi uninominali con i 5 Stelle) sia nel 2022; il centrosinistra no.
Oggi la vittoria di Elly Schlein apre uno spazio politico al centro, che Carlo Calenda e Matteo Renzi puntano a occupare con un partito unico. Potranno andare bene alle europee; ma se alle politiche non faranno una scelta di campo, riusciranno a far perdere la sinistra, senza però essere competitivi per il governo. Quanto allo svuotamento di Forza Italia, non è accaduto in passato e non accadrà in futuro, per una semplice ragione: Forza Italia è un partito di centrodestra, mentre Calenda e Renzi sono percepiti – e in fondo sono – uomini di centrosinistra. Ogni volta che Forza Italia è entrata in un governo di coalizione, ha perso pezzi di ceto politico: nel 1996 Lamberto Dini, nel 2013 Angelino Alfano e i suoi, stavolta le ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini; ma quasi tutti gli elettori sono sempre rimasti a destra.