Corriere della Sera, 3 marzo 2023
Tutti gli accordi tra Italia e India
Partenariato strategico. In sintesi un doppio salto in avanti, culturale, industriale e commerciale in senso lato, nella relazioni fra due Paesi. Sino a qualche anno fa erano relazioni congelate, condizioniate dal caso dei marò e dalla crisi degli elicotteri di Finmeccanica, disdetti dagli indiani. Oggi diventano quelle fra due Stati amici, che si promettono collaborazione scientifica, universitaria, industriale, nella ricerca d’avanguardia, nel settore delicatissimo della difesa: le aziende italiane presenti in India sono 600, il loro numero e il loro fatturato può espandersi in modo consistente, mentre si arriva addirittura a programmare esercitazioni militari congiunte fra i due eserciti, un programma imperniato sulla richiesta indiana di «addestrare» i loro corpi scelti.
La visita di Giorgia Meloni a Narendra Modi, alla quinta economia del mondo (in predicato di diventare la terza), a uno Stato che ha appena annunciato di essere pronto a investire 200 miliardi di euro in acquisti e produzione di armamenti, si porta con sé programmi, incontri e progetti che al momento stanno sullo sfondo, ma che hanno dettagli e cornici ben precisi. Ora qui attendono il ministro della Difesa Guido Crosetto, che insieme al suo omologo indiano, darà maggiore contenuto al memorandum siglato ieri. E attendono anche i progetti di investimento di decine di imprese che hanno accompagnato il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel business forum che ha visto confrontarsi le nostre aziende leader con le omologhe indiane.
Mentre Giorgia Meloni si muove fra i diversi appuntamenti di un’agenda molto fitta, la nostra diplomazia raccoglie i frutti di alcuni mesi di lavoro, coordinato da Palazzo Chigi e dalla nostra ambasciata in India. Insieme a Tajani e al ministro del Commercio indiano, Piyush Goyal, per due ore si confrontano un pezzo di primo livello della nostra industria con i rappresentanti del governo e delle imprese locali: per l’Italia intorno a un tavolo ci sono Enel, Piaggio, Telecom Sparkle (che insieme a Google sta passando cavi sottomarini che iniziano a Genova e finiscono proprio in India), Italferr, Leonardo, Cassa depositi e prestiti, Maire Tecnimont, Stellantis, Fincantieri, Marelli, solo per citarne alcune.
Si confrontano richieste e offerte: alcune proiettate su un futuro ancora da costruire a livello scientifico e industriale. Gli indiani per esempio ci chiedono con insistenza, lo fa anche Modi con Meloni, una cooperazione fondata sull’idrogeno e sulla sua capacità di essere impiegato nella produzione di acciaio (gli indiani sono fra i leader mondiali nella produzione del metallo). Ci chiedono consultazioni costanti in tema di clima e cooperazione industriale ad ampio spettro: nel perimetro del modello legislativo Make in India (qui almeno il 60% della produzione di ogni joint venture) sono pronti ad aprire i loro mercati in quasi tutti i settori.
C’è anche l’adesione dell’Italia all’Indo-Pacifica Oceans Initiative, fondata sui pilastri della cooperazione sulla scienza, tecnologia e istituzioni universitarie. C’è una dichiarazione di intenti sull’emigrazione e la mobilità; l’annuncio dell’avvio del programma India-Italy startup Bridge; l’impegno alla firma di due accordi (MoU), uno tra l’Università Rabindra Bharti di Kolkata e il Consolato generale di Kolkata, l’altro tra l’indiano Morarji Desai Institute of Yoga, del ministero dell’Ayush, e la scuola italiana Sarva Yoga. Anche questi, forse minori, sono i risultati di quella che nelle intenzioni di entrambi i governi viene prospettata come una svolta.