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 2023  marzo 02 Giovedì calendario

Il primo romanzo di Emir Kusturica

Emir Kusturica parte benissimo: “La vita è l’unica gara in cui i concorrenti non desiderano raggiungere per primi il traguardo”. Come della caduta l’atterraggio, il problema della sua terza corsa letteraria è proprio il traguardo: dove vuole andare a parare, L’angelo ribelle? Dopo l’autobiografia Dove sono in questa storia e la raccolta di racconti Lungo la Via Lattea, il suo primo romanzo, edito da La nave di Teseo, si muove da Stoccolma alla Serbia e al Kosovo, seguendo il falco, portatore di fausto destino, e l’amicizia con lo scrittore austriaco Peter Handke, premio Nobel per la Letteratura, tra le polemiche, nel 2019.
Due volte Palma d’Oro a Cannes, con Papà… è in viaggio d’affari nel 1985 e Underground dieci anni più tardi, il regista serbo, già jugoslavo e bosniaco, non dimentica la sua prima professione e le “altezze estatiche” raggiunte con la visione di Rocco e i suoi fratelli, Andrej Rublëv, Taxi Driver, giacché non in punta di fioretto ma sul filo del machete distingue tra “film e i libri (che), se sono opere di valore artistico, ci conducono sempre sulla pista della trascendenza” e la fiction contemporanea che “serve a sottomettere l’uomo fino a uno stato di letargo sociale e al trionfo dell’ideologia dell’analfabetismo”.
Nulla di nuovo sul fronte orientale, le analogie col pensiero del collega russo Aleksandr Sokurov sono sensibili, ma la foga umanista di Kusturica non fa prigionieri. Ne ha per Voltaire: “Umberto Eco ricordava che il grande filosofo francese fu lui stesso proprietario di schiavi. Ciò non può essere casuale: è un ponte razionalistico quello che collega Voltaire e gli attuali proprietari delle multinazionali”; ne ha per Andy Warhol, o almeno per quanti lo ritengano “più grande di Michelangelo”, chiaro sintomo che “è prossimo l’oblio della storia e della civiltà nate sui miti dell’antica Grecia, sul diritto romano e sulla spiritualità cristiana”; ne ha per Jeff Bezos, il quale “annuncia che diventeremo schiavi e che ci imbarcherà su navi cosmiche dove vivremo e lavoreremo”; ne ha per Elon Musk, “personaggio autistico e inventore degli ultimi anni”, che aspirerebbe “a un assoluto controllo della mente per mezzo di chip neuronali che ci si prepara a inserire nel cervello umano”. Che manca? Sì, il grande reset: “Annunciato all’inizio della ‘pandemia’ di Covid-19 è la prima battuta della nuova composizione e della creazione dello spartito da cui leggeremo le note per una danza che si svolgerà senza movimento”. Licenza (ultra)poetica.
Tra un frullo d’ali e una discesa in picchiata, Kusturica viene al punto, postulando che “anche fra gli uomini ci sono dei falchi. Uno di essi è Peter Handke”. L’autore di Prima del calcio di rigore e sceneggiatore de Il cielo sopra Berlino, di cui a detta di Emir assomiglierebbe all’angelo Cassiel, è glorificato per il legame con la sorte del popolo serbo che “ha rappresentato l’atto di un uomo amante della giustizia, la difesa di un popolo umiliato e percosso e, senza dubbio, è stata un’utopia degna del Don Chisciotte di Cervantes”. Nel 1996 Handke chiese giustizia per la Serbia, annoverandola tra le vittime della guerra nell’ex Jugoslavia; venne poi contestato da Salman Rushdie e Susan Sontag per la pièce Voyage by Dugout sul medesimo conflitto; quindi sostenne Slobodan Milosevic, processato per genocidio e crimini di guerra, e pronunciò un discorso al suo funerale; infine, con l’assegnazione del Nobel si procurò l’avversione del presidente turco Erdogan, l’omologo kosovaro Hashim Thaçi e l’albanese Edi Rama nonché dell’associazione Le madri di Srebrenica, che alla luce delle sue posizioni ambigue se non negazioniste sulla strage chiese la revoca del premio.
“I nemici non ci mancano”, osserva Kusturica accompagnando Handke a Stoccolma. Lo scrittore-falco punta il giornalista del New York Times che “non mi ha chiesto niente dei miei libri, ma, dice, perché non scrivo del genocidio di Srebrenica? Ma chi è lui per ordinare a me o a chiunque altro che cosa scrivere? Gli ho detto che la sua domanda significa per me molto meno delle lettere anonime, fra le quali apprezzo di più quella in cui mi è stata spedita della carta igienica vergata con escrementi umani!”.