il Giornale, 2 marzo 2023
I 50 anni di Dark side of the moon
Il concept album per antonomasia, un disco perfetto e avvelenato. Quarantadue minuti e 57 secondi che racchiudono praticamente tutto, dal battito del cuore che ci mantiene vivi all’ossessione del tempo inarrestabile, a quella molto più triviale per il denaro. The Dark Side of the Moon ha compiuto ieri 50 anni. L’ottavo album in studio dei Pink Floyd, quello capolavoro, uscì il primo marzo del 1973 negli Usa e il 24 dello stesso mese in Gran Bretagna. È diventato uno dei dischi più venduti di tutti i tempi: oltre 50 milioni di copie. In Italia raggiunse il milione di copie entro la fine degli anni Ottanta. Ma la questione non è meramente riducibile ai numeri. Speak to Me apre il capolavoro, con il battito del cuore che si confonde con risate e chiacchiericcio impercettibile. Porta dritto a Breathe, la seconda traccia, con i primi richiami al tema della pazzia, tema ricorrente nel disco ed eco del crollo mentale di Syd Barrett, che abbandonò il gruppo nel ’68. La terza traccia, l’elettronica On the Run, evoca arcane paure. Poi arriva il terzetto Time – The Great Gig in the Sky – Money, il cuore dell’album. Tre brani iconici e innovativi.
Ma nemmeno le celebrazioni per questo capolavoro rock sono riuscite a sanare le fratture che ormai da decenni spaccano in due i Pink Floyd e che quest’anno, anche per le diverse posizioni sulla guerra in Ucraina, sono riesplose in pieno. Il secondo giubileo di The Dark Side of the Moon verrà celebrato con un super cofanetto in uscita il 24 marzo. Un’iniziativa portata avanti da David Gilmour e dal batterista Nick Mason, che conterrà tra l’altro una nuova rimasterizzazione dell’album e un libro fotografico. Come ci si poteva immaginare Roger Waters ha annunciato, invece, in un’intervista al Telegraph di avere registrato una versione solista dell’album che dovrebbe uscire a maggio. Dicendo chiaro e tondo che in fondo l’album è suo: «Ho scritto io The Dark Side of the Moon. Smettiamola con quella stronzata del noi! Ovviamente eravamo una band, eravamo in quattro, abbiamo contribuito tutti, ma è il mio progetto e l’ho scritto io. Quindi... blah!». E ancora: «Gilmour e Wright? Non sanno scrivere canzoni, non hanno niente da dire. Non sono artisti! Non hanno idee, nemmeno una. Non ne hanno mai avute e questo li fa impazzire» (fra l’altro, Wright è morto nel 2008).
È solo l’ultima sfida a distanza degli ultimi mesi. Il picco delle ostilità è stato a inizio febbraio. Tutto è iniziato con un’intervista di Waters al giornale tedesco Berliner Zeitung. In quell’occasione ha preso posizioni filoputiniane e filopalestinesi ma soprattutto ha criticato Hey Hey Rise Up, la canzone dei Pink Floyd di David Gilmour e Nick Mason pro Ucraina. «Ho visto il video e non mi sorprende, ma è una gran tristezza. È una cosa lontanissima da me, manca d’ogni umanità. Incoraggia la continuazione della guerra. Un tempo ero legato al nome dei Pink Floyd. È stato un periodo importantissimo nella mia vita, una cosa enorme. Associare quel nome a una guerra per procura fa tristezza». Polly Samson, moglie e co-autrice di David Gilmour, ha attaccato Waters a stretto giro di posta con un tweet: «Purtroppo sei antisemita fino al midollo. Difendi Putin e sei un bugiardo, un ladro, un ipocrita, uno che elude le tasse e canta in playback, un misogino, un invidioso patologico, un megalomane. Ne abbiamo abbastanza delle tue cazzate». Risposta in terza persona di Waters sempre via tweet: «Roger Waters è al corrente dei giudizi incendiari e incredibilmente scorretti su di lui pubblicati su Twitter da Polly Samson e li respinge in toto. Al momento si sta facendo consigliare circa la sua posizione». Dove quel consigliare, ovviamente, significa avvocati. Essere stati sul lato oscuro della luna assieme non garantisce di restare amici.