Corriere della Sera, 2 marzo 2023
Gene Gnocchi nonno
Gene Gnocchi è diventato nonno il 27 gennaio. Domenica, vincendo la ritrosia a pubblicare immagini private, ha postato una foto mentre tiene in braccio il neonato, spiegando nella didascalia: «I due Eugenio, nonno e nipote! Emozione». Un cuore finale.
Come mai questo strappo alla regola?
«Perché rappresentava benissimo l’incredulità che si sente quando succede. Non mi sembrava nemmeno una foto privata. Domenica l’ho visto per la prima volta, i genitori vivono a Monza. Avevo lo spettacolo al Franco Parenti di Milano e ne ho approfittato per andarlo a trovare».
Si è emozionato?
«Beh sì, un’emozione grande, anche perché poi lo hanno chiamato come me, hanno mantenuto la tradizione, e non era scontato».
Eugenio Ghiozzi, figlio di Ercole, il suo primogenito quarantenne, e di Carmen.
«Pure Ercole si chiama come il nonno, mio padre, che ha conosciuto pochissimo perché è mancato quando lui aveva 4-5 anni. L’ho ringraziato e abbracciato, è stato un riconoscimento di affetto che sancisce un rapporto profondo, continuato nel tempo».
Perché indossava la mascherina, nella foto?
«Per la sicurezza del bimbo: la mamma al momento del parto era autoimmune e per un certo periodo si rischiavano complicanze».
Non gli ha dato nemmeno un bacetto?
«Un bacetto gliel’ho strappato».
La gioia dell’amico
«Ho sentito Gerry Scotti: non mi ha voluto dare consigli, ma so che lui c’è sempre»
Quanto pesava alla nascita?
«Tre chili e 600 grammi. Poi è calato subito, ma adesso ha già recuperato».
Sono cambiati i suoi pensieri, da quando è nonno?
«Due giorni dopo esserlo diventato, indipendentemente da questo evento che nessuno conosceva, ho ricevuto una proposta per una pubblicità del montascale».
Mi sta prendendo in giro.
«No, lo giuro. Quindi, come vede, tutto è cambiato nel giro di due giorni. Ovvio che sei costretto a fare un rendiconto: realizzi che il tempo passa, la vita va avanti e ti offre nuove possibilità».
Ha 68 anni e tre figli grandi: Ercole, Silvia e Marcello, avuti con la sua prima moglie, Gianna Cassani. Poi Irene e Livia, di 10 e 7 anni, nate dal matrimonio con Federica Baroncini. Come l’hanno presa le due giovanissime zie?
«Sono contentissime, non vedono l’ora di incontrarlo. C’è tutto un carteggio via telefono di messaggi, di video. Viviamo a Faenza e non siamo vicinissimi, ma faremo in modo che succeda presto».
Gli comprerà prima un pallone o una chitarra?
«Ho guardato subito che piedi aveva e ho cominciato a pensare a un paio di scarpette: gliele farò fare su misura».
Che squadra le piacerebbe tifasse?
«Ero simpatizzante del Milan di Savicevic. Mi piacciono tutti i calciatori bravi. Se Eugenio dovesse dedicarsi al calcio, spero che diventi un bravo giocatore, molto tecnico, come Gianni Rivera, Mario Corso, Zidane, Maradona».
Da nonno, cosa le piacerebbe insegnargli?
«Il calcio: l’ho giocato e sono capace. Ma se anche decidesse di calcare un palcoscenico, qualche consiglio sarebbe bello darglielo. Poi, se avesse voglia di far ridere e lo abbracciasse come professione, mi piacerebbe confrontarmi con lui e spiegargli quanto è difficile e bello riuscirci».
Un libro da regalargli?
«Tanti. Per me è stato importante Flaiano, quindi forse un qualunque suo titolo: da Autobiografia del Blu di Prussia a Le ombre bianche al Tempo di uccidere».
Eugenio piccolo ha già un soprannome?
«Mio figlio lo chiama Popotus, Pompelmo, queste cose qua... Ora aspettiamo che cresca un po’. Sicuramente un soprannome lo avrà, non so se si avvicinerà a Gene».
I suoi amici le hanno fatto gli auguri?
«Sì sì. Simona (Ventura, ndr) mi ha già invitato al suo programma. Anche con Gerry (Scotti, ndr) ci siamo sentiti: pure lui è diventato nonno da poco ed è talmente contento che non se l’è sentita di darmi consigli. So però che lui c’è».
La pandemia, la guerra. Non la preoccupa il futuro per i bambini di oggi?
«Sì, certo. Ho due figlie piccole, ci penso sempre. Li aspetta una vita non semplicissima, ma una vita non semplicissima l’ha avuta anche mio padre che ha allevato sei figli, e seppure in ristrettezze economiche ha dato a tutti la possibilità di studiare, per avere autonomia di giudizio e gli strumenti per affrancarsi. Per questo lo ringrazierò tutta la vita, e sempre».