La Stampa, 2 marzo 2023
Chi è il nuovo presidente della Nigeria
Per gli afro ottimisti, quelli che sorvolano sul fatto che nel 1970 i denutriti in Africa erano 90 milioni e nel 2019 più di 250 milioni, le elezioni in Nigeria sono state comunque un successo: novanta milioni alle urne, (i numeri sono sempre una metafisica prova del nove, servono per sapere cose ovvie e raffreddare la realtà), incidenti e zuffe in fondo modeste, perfino il presidente uscente Buhari che ha rinunciato ai consueti “maquillage’’ costituzionali per aggirare il vincolo dei due mandati e ha scelto la pensione. C’è stato l’avvento dell’elettronica elettorale che ha permesso di rendere veloci spoglio e annuncio dei risultati. In passato si attendeva settimane: si sa, i mezzi erano un po’ primitivi in una democrazia che in fondo risale solo al 1999, ci voleva tempo per aggiustare le decisioni degli ingenui e imprudenti. Meraviglie della tecnica...
Evviva dunque: tutto avanza nel Paese che sarà nel 2050 il più popolato del pianeta, fitto di gente che muore alla giornata, che, risvegliandosi ai quotidiani affanni, compie un atto di eroismo incalcolabile. Sì, i più ottimisti, gli incontentabili, puntavano sul candidato dei giovani nigeriani, Peter Obi, politico, si mormorava, non affardellato da sulfurei strascichi di corruzione. Pazienza, si dice con la noia di spettatori già delusi: la sua presenza tra i soliti dinosauri del potere etnico-petrolifero è stata già una novità importante.
Soddisfatti anche coloro che in Nigeria fanno affari d’oro, ovvero le grandi compagnie petrolifere. Le elezioni son sempre motivo di ansia per i consigli di amministrazione a queste latitudini: chi può garantire che agli elettori non venga in mente di portare al potere qualche guastafeste che vuole mischiar le carte, non ancora rodato al solito meccanismo del reciproco buon affare che regola il capitalismo all’africana, la globalizzazione della bustarella e del saccheggio? Niente paura. Tutto è a posto, ha vinto chi doveva vincere: Bola Ahmed Tinubu, musulmano, etnia yoruba, tipo pasciuto scelto dal partito al potere per garantire «la continuità». Dicono abbia 86 anni ma lui ne dichiara 70, si ringiovanisce come le divine del bel canto. Un milionario come si può esser milionari solo in Africa cioè in modo ancor più sfacciato, spropositato rispetto alla miseria circostante. Anche lui sta ben lontano da quell’idea pericolosamente eversiva che ti afferra in Paesi come questo, l’altro mondo: ma non è una vergogna essere felici in mezzo a una povertà simile?
Uffa! I soliti inguaribili pessimisti ricordano che il nuovo presidente è soprannominato “il padrino": da queste parti ha lo stesso significato che nelle terre di Cosa Nostra, ovvero un boss con la carriera braccata da una serie interminabile di accuse di corruzione e malaffare. Accuse che non si sono mai trasformate in condanne e galera. Ma anche questa è una storia che anche da questa parte del mondo conosciamo bene. Il codice penale evolve seguendo il successo dell’imputato...
Come è sempre accaduto per tutte le elezioni dal 1999 la proclamazione del successo di Tinubu è stata salutata da un boato di accuse di brogli da parte di tutti i candidati sconfitti, a iniziare dal giovane Obi (61 anni); che si sono spinte fino al punto di esigere l’annullamento del voto. Nessuno si preoccupa, anche quelli che lo chiedono sanno che finirà in niente. La rivoluzione è rimandata. Servirà ad arricchire di sogni le strofette delle canzoni delle ormai planetarie star dell’afrobeat. Vorreste per caso, irresponsabili!, che i cittadini, il cuore zeppo di propositi vendicativi trasformi il Paese in una Somalia con 216 milioni di abitanti?
I nigeriani, appassiti i manifesti elettorali, torneranno alla loro quotidianità, alle prese con la benzina che manca (in un Paese petrolifero!), la violenza che dilaga, la giungla-metropoli di Lagos, la corruzione come economia parallela, l’inquinamento da oro nero, a cui opporranno la capacità africana di abituarsi al peggio, di dare per scontato che solo questa è la vita.
Al Nord intanto il jihadismo nichilista, primitivo dei Boko Haram è in declino, ridotto a poche centinaia di apostoli convertiti alla delinquenza comune. Sarebbe una buona notizia se al loro posto non crescesse, impetuoso e letale, il potere del jihadismo stile Isis, che conta ormai migliaia di combattenti, guerra santa che vuole amministrare, insediarsi, farsi califfato permanente e che per questo assicura a popolazioni dimenticate o maltrattate dal potere centrale denaro, cibo, kalashnikov, sogni di vendetta.