la Repubblica, 2 marzo 2023
Margherita Cassano si racconta
Eccola, Margherita Cassano. Il Csm l’ha appena nominata all’unanimità prima donna presidente della Cassazione, il vertice della magistratura italiana. E Sergio Mattarella le invia le congratulazioni. Questa conRepubblica è la sua prima intervista.
Come si sente e cosa prova?
«Avverto una grande responsabilità. Il mio è un traguardo collettivo, reso possibile dall’impegno di quanti da tempo si battono per l’effettiva parità di donne e uomini. A partire dalla sentenza della Consulta del 1960 che dichiarò incostituzionale la legge che vietava l’accesso delle donne agli uffici pubblici».
Cartabia ha rotto “il tetto di cristallo” proprio alla Corte.
Meloni è premier, Schlein è segretaria del Pd. È finita la seconda fila?
«Una donna, Sciarra, è presidente della Consulta, Masi del Cnf, Palmieri Sandulli capo dell’Avvocatura. Sono il segno di un mutamento culturale in atto nella nostra società».
Ma femminicidi e violenze vanno avanti, 125 omicidi l’anno scorso.
«Il problema è culturale. Richiede l’impegno di famiglia, scuola, circoli culturali. La magistratura interviene in situazioni patologiche in cui non hanno funzionato gli strumenti di prevenzione».
Servono leggi più restrittive?
«Bisogna dare piena effettività a quelle che già esistono con polizie e toghe specializzate, e priorità per questi processi. Serve un’efficace prevenzione».
Cala il consenso verso la magistratura. Siamo lontani dagli applausi di Mani pulite.
«La giustizia non vive di applausi, ma si alimenta della razionalità e della corretta applicazione delle regole proprie di uno stato di diritto».
Lei è stata pm ma anche giudice, che dice della separazione delle carriere?
«Per la formazione di un magistrato è fondamentale la poliedricità delle esperienze professionali sia requirenti che giudicanti. La sensibilità sulla formazione della prova è la chiave per impostare indagini complete anche con la ricerca di elementi favorevoli alla persona accusata, in grado di rispettare la prognosi dicolpevolezza richiesta dalla riforma Cartabia».
Lei è figlia di Piero Cassano, noto per i processi contro il terrorismo a Firenze, il primo a condannare Curcio.
«Per me è stato il magistrato ideale per rigore morale, indipendenza di giudizio, riservatezza della sua vita. Mio padre e mia madre hanno sempre stimolato me e mia sorella Alessandra a una grande attenzione verso gli altri nella consapevolezza che ciascuno di noi cresce e matura grazie al prossimo».
Ci ricorda quella frase di suo padre che le è cara?
«Era questa: “Lascia che siano le cose a venire incontro a te, non essere tu a cercarle”. Come diceva Machado “la strada si fa camminando”».
Quando ha deciso di fare la magistrata?
«L’ho scelto per caso, perché all’università volevo studiarefilologia classica, ma poi mi sono iscritta a giurisprudenza, e ho compreso il significato più profondo del diritto».
Firenze, gli anni di Vigna e Chelazzi.
«Sono stati due maestri ineguagliabili per la razionalità, la passione per il lavoro, la grande cultura. Vigna era laureato in filosofia prima che in legge, e Chelazzi è stato l’antesignano del tema della prova scientifica nel processo penale».
Era a Firenze nel 1993 quando esplose la bomba ai Georgofili?
«Sì, c’ero. Ricordo benissimo quella notte perché sentii perfettamente l’esplosione e il giorno dopo ci rendemmo conto, andando sul luogo, del disastro e della tragedia.
Chelazzi ha dato la sua vita per ricostruire la dinamica dell’attentato».
Cosa fa quando non lavora?
«Amo la lettura, vado molto al cinema e ho una grande passione per la musica classica. Finché è stato possibile ho viaggiato in varie parti del mondo e questo mi è servito per capirlo meglio».
Molte donne lasciano incarichi di prestigio per se stesse. Ci ha mai pensato?
«Sì, ci ho pensato durante in periodo in cui ho assistito mia madre che è mancata a dicembre scorso. In quei momenti ci si rende conto di quanto possa essere difficile conciliare il lavoro con gli affetti».