il Fatto Quotidiano, 1 marzo 2023
In cerca del Guercino
La chiamano “arte in ostaggio” ed è quella che ogni anno, dal 1972, riempie il bollettino omonimo diffuso dal comando carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale, per segnalare all’Italia e al mondo intero – non a caso è disponibile anche in inglese – quali sono le opere più “ricercate” tra quelle rubate o trafugate illecitamente su suolo italiano, e che ancora gli investigatori non sanno dove si trovino. Quello del 2022 è stato diffuso l’altra scorsa, ed è un profluvio di opere che gridano vendetta e impegno civico, nel tentativo di recuperarle. Perché l’idea del comando è che siano appunto in “ostaggio”, non sparite per sempre ma pronte a ritornare alla pubblica fruizione: d’altronde negli ultimi cinque anni, sono 130 i reperti pubblicati nei bollettini precedenti.
Quest’anno spiccano, amaramente, nella selezione di 35 opere portate all’attenzione della cittadinanza, una Nascita di San Giovannino, olio su tela attribuito a Nicolò Balestri (1555-1609), rubato nel 1967 dalla Chiesa di San Giovanni Battista di Argenta (Fe), un San Sebastiano curato dalle pie donne attribuito al Guercino (1591-1666), olio su tela asportato nel 1974 dal Convitto nazionale “Giuseppe Palmieri” di Lecce, o ancora un’Immacolata Concezione di Giovanni Antonio Zadei (1729-1787), trafugato l’anno scorso dalla Chiesa San Giorgio di Terzago – Calvagese della Riviera (Bs). Spicca anche, per motivi diversi, l’Effetto neve di Giacomo di Chirico (1844-1883) rubato l’ottobre scorso al Museo Nazionale di Matera, un furto che lascia perplessi dato il modesto valore dell’opera rispetto ad altre ben più importanti esposte nel museo e la difficoltà di piazzarlo sul mercato: tanto da non escludere una confusione col ben più noto (e remunerativo) Giorgio de Chirico. Ma oltre a tele rinascimentali e barocche troviamo reperti archeologici, quali una tetradracma di Alessandro Magno in argento, o un holmos (un braciere dipinto) etrusco-falisco del VII secolo avanti Cristo. Pagine miniate del codice Psalterium diurnum, stampato a Roma nel XVII secolo, un reliquiario in ottone del X secolo che rappresenta un vescovo, tabernacoli, scrigni, sculture.
Non si tratta delle opere più rilevanti tra quelle a cui il comando dei carabinieri sta lavorando: sono le più impervie, quelle su cui invocano l’aiuto della cittadinanza. E sembra funzionare: 35 le opere recuperate nel corso del 2022 tra quelle segnalate nei bollettini precedenti, tra le quali il Tributo della moneta di Bernardo Strozzi (1581-1644), rubato al museo diocesano di Capua nel 1998, o il grande arazzo con il Ritorno dell’arca dell’alleanza, rubato a Milano nel 1995 e ritrovato in una casa d’aste di Jacksonville, in Florida.
Recuperi che riescono nonostante la bassa qualità di alcune delle immagini proposte: spesso i carabinieri lavorano con l’unica riproduzione disponibile, ammesso che esista. Per questo, nell’andare alla ricerca di quanto è sparito, e nel brindare a quanto rientrato – quest’anno il Comando Tpc ha recuperato, tra l’altro, un De Chirico (Giorgio) rubato nel 1972, che andava all’asta a Monza, oltre ad aver permesso il rientro di centinaia di opere esposte all’estero – c’è anche da chiedersi cosa ci stiamo perdendo e rischiamo di perderci per sempre, data la debolezza degli organici ministeriali che rendono molto più difficile la prevenzione e la tutela. Ma nel frattempo “i comandi dell’Arma, unitamente agli organi amministrativi e tecnici del ministero della Cultura, sono a disposizione di chiunque voglia collaborare per la tutela delle nostre immense e irripetibili testimonianze culturali”. Un invito a fare ognuno la propria parte.