La Stampa, 1 marzo 2023
Paola Pallottino parla di Lucio Dalla
«Attendo ogni anno con terrore l’inizio di marzo, e l’arrivo ogni volta di scempiaggini che mi deprimono al massimo. Sono tra i pochi sopravvissuti, potrei raccontare qualsiasi cosa, tanto nessuno mi può smentire. Però basta». Paola Pallottino, autrice dell’iconico testo di Gesù Bambino che lanciò Lucio Dalla a Sanremo nel 1971, mette subito le mani avanti. Il buon senso è a rischio, mentre si avvicina la ricorrenza degli 80 anni di Lucio, che cadono com’è notissimo il 4 marzo. Anticipati dal triste anniversario della morte, l’undicesimo, che cade proprio oggi.
Si scopre comunque che a Bologna ci sono una serie di leggende metropolitane acclarate, su di lui: cantautore così tanto amato, che l’Italia intera gli si è stretta intorno mantenendo attuali le sue canzoni e cantandolo in coro. Nella sua franchezza spiccia, la poetessa e storica dell’arte si dice disarmata di fronte alla furia della volontà di rivelare qualcosa di inedito.
Cara Paola, lei conosce Pupi Avati, che ieri su La Stampa ha raccontato tanto di Lucio?
«No ma mi piacerebbe molto, io sono romana, quando sono arrivata a Bologna nel’64, ho conosciuto questa regione attraverso i suoi film. Sarà un bugiardo matricolato, come lo sono stati del resto Fellini e lo stesso Lucio Dalla. Sono artisti».
Ma lei sapeva dell’ormai famoso beverone che la mamma Jole fece ingoiare al figlio, visto che tardava a crescere?
«Queste cose le raccontava lo stesso Lucio. Le cose stanno così: da piccolissimo, una pulce, faceva parte di una specie di un’associazione che faceva delle operette e ci sono foto che lo mostrano a 4-5 anni, mascherato da spagnolo, da orientale, da Ginger e Fred, con una damina sorella di un mio amico al quale ho dato le foto che girano per varie mostre, adesso a Napoli. Deve vedere che carino, che faccino meraviglioso il Lucio pulce: sembrava nato sulle tavole del palcoscenico. Poi successe che gli altri della compagnia crescevano, e anche la damina, ma lui no. Così la Jole pensò bene di dargli questo bibitone che non lo fece crescere di un millimetro ma in compenso lo coprì di pelo».
Questo ce lo ricordiamo tutti...
«Diciamo che i danni fatti da questi ormoni fanno parte della leggenda. Io l’ho sempre visto ignudo perché girava per casa in perizoma, nudo ma coperto di pelo che sembrava una scimmietta, quando andavo da lui per lavorare insieme: ma era sempre della stessa altezza. Ahimé gli ormoni della Jole non ebbero effetto».
Ma Lucio in fondo se ne fregava di non essere bello...
«La Jole girava per casa dicendo: "Lucio non sei bello, però sei tanto buono". Ognuno sviluppa le armi che ha. Lui era uno streghino, aveva un sesto senso, ti guardava e sapeva anche dirti la tua data di nascita, indovinava cose. Sapeva soprattutto toccare i tuoi punti deboli, e non esitava. Il mio più grande rimpianto, è che questo genio non ci sia più».