La Stampa, 1 marzo 2023
Intervista a Pascal Bruckner
Siamo oggi prigionieri del politicamente corretto anche per quel che riguarda la cosiddetta terza età? Siamo ipocriti e teniamo a bada il nostro lessico gerontologico, attenti a non discriminare una persona in base agli anni? Ce ne inventiamo di tutti i colori, magari chiamando un vecchio «diversamente giovane»? L’attenzione linguistica non serve a mascherare la reale discriminazione, la verità della vecchiaia, il fatto che in una società egoista come la nostra i vecchi sono emarginati e sempre più soli?
Questi interrogativi e altri li abbiamo rivolti al filosofo parigino Pascal Bruckner, classe 1948: romanziere, saggista e polemista, ha fatto parte del gruppo dei Nouveaux Philosophes e con i suoi libri, come Una breve eternità. Filosofia della longevità (Guanda), è uno dei più importanti precursori delle teorie sulla nuova valutazione del concetto di età e di invecchiamento nel mondo contemporaneo. «Non c’è nessuna ipocrisia diffusa. Siamo davanti a un radicale cambiamento culturale e fatichiamo a rendercene conto - osserva Bruckner -. Rispetto al secolo passato abbiamo guadagnato 30 anni di vita. È un dato di fatto che crea anche molte angosce, da cui nascono anche molte ansie».
Come mai questi tempi supplementari, chiamiamoli così, ci preoccupano?
«Superati i 50 anni, uomini e donne si trovano oggi a vivere in un periodo della loro esistenza che hanno difficoltà a comprendere. L’ho chiamato l’"estate indiana" della vita ma è veramente un limbo, un territorio completamente inedito per una generazione che si trova sospesa tra giovinezza e vecchiaia. Non c’è dubbio: con l’avanzare degli anni tutto è più limitato, l’amore, il lavoro, l’attività fisica. La malattia è il salario che paghiamo alla vecchiaia. Mentre le possibilità si restringono, però, i nostri desideri non cambiano. Addirittura i nostri appetiti crescono. E da qui nascono i turbamenti. A cui bisogna aggiungere il fatto molto concreto che il prolungamento della vita porterà enormi sconvolgimenti sociali. Nel 2060 in Francia ci saranno oltre sessantamila centenari e dunque si manifesteranno gravi problemi economici. Dovremo occuparci di nonni e bisnonni, e dei figli. La politica non aiuta. In Francia il partito di estrema destra di Jordan Bardella vuole anticipare l’età della pensione mentre Emmanuel Macron ne propone l’aumento a 64 anni: i francesi scendono in piazza per ribellarsi, ignorando il futuro e le compatibilità economiche».
Stando alle ultime statistiche fornite in Italia dal Censis, l’87,6 per cento degli anziani si dichiara soddisfatto della propria vita. E risulta che sono più appagati i settantenni dei sessantenni. Cosa ne pensa?
«Sinceramente è difficile dire, almeno per me, se ero più felice a sessant’anni o se lo sono di più adesso che ho superato i settanta. La longevità però è un valore per chi la vive. Mentre ci si impoverisce - in tanti sensi - la terza età può essere considerata non solo una fine ma anche un inizio».
Di cosa?
«Il deperimento progressivo va di pari passo con la redenzione. Quello che l’età matura invidia alla giovinezza non è soltanto il gusto del rischio, la vivacità cognitiva, ma anche la capacità di reinventarsi, il fatto di avere tante vite da vivere, tante passioni da provare. Questi stimoli e impulsi proprio noi anziani non dobbiamo temere di esibirli. Anche rischiando di apparire ingenui o infantili».
Di solito si dice che con l’età aumentino saggezza e razionalità. È sbagliato?
«È la società che ci costringe a essere così. La giovinezza è l’età dell’assoluto, dello slancio eroico ma anche degli eccessi e della stupidità. La vecchiaia è il periodo delle sfumature e dell’intelligenza. Ci sono anche maturità tardive che impiegano decenni per venire alla luce».
Per fare un filosofo ci vogliono 60 anni, diceva Kant. Noi comuni mortali cosa possiamo scoprire durante la vecchiaia?
«Non è vero che gli anziani sono isolati e denigrati. Si può pensare a una seconda o a una terza occupazione oppure a nuove avventure nella conoscenza, nella musica, nell’arte, o all’apprendimento della matematica e così via. In Francia c’è un boom dei divorzi anche tra i 50 e i 70 anni, e questo significa che possiamo affrontare nuovi amori».
L’eros non si spegne? E le donne sono più discriminate degli uomini? Il termine «vecchia» suona meno accattivante di «vecchio». Non è così?
«Il desiderio sessuale può essere una spinta a sconfiggere la pigrizia e a superare rapporti scontati. Fino a qualche decennio fa si pensava che le donne, superata l’età della fecondità ed entrate in menopausa, non avessero più chance amatorie. Oggi tutto è cambiato. Un esempio? Lo dimostra la coppia presidenziale francese, Macron e Brigitte Trogneux, dove lei ha 24 anni più di lui. Oppure Jane Fonda, in perfetta forma».
In che modo possiamo sottrarci ai dati anagrafici come imposizione di modelli precostituiti?
«Dobbiamo rinunciare alla rinuncia nella quale ci vuole ingabbiare il contesto sociale in cui viviamo. Possiamo accogliere l’ignoto e accettare di stupirci e di rinnovarci. Nessuno ringiovanisce, ma rimane la possibilità di arricchirsi conservando il gusto della vita e dei piaceri».