Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 01 Mercoledì calendario

I Servizi accusano le ong di favorire gli scafisti

Sono arrivati in 14.433, nei primi due mesi del 2022 erano 5.474. «+ 164 per cento» è appuntato nei documenti interni. Più della metà, 8.578, arrivano da un solo paese: la Tunisia, lungo una rotta certo non nuova ma che per restare agli ultimi due anni aveva dato cifre assai diverse, 1.665 sbarchi nel 2021, 1.077 appena nel 2022. Questi numeri spiegano il perché la nostra intelligence da settimane ha comunicato al governo Meloni che il Mediterraneo è in burrasca. E, per fare in modo che non diventi tempesta, è necessario occuparsi dell’emergenza. Senza slogan ma con atti concreti. Il messaggio – ha spiegato ieri l’Autorità delegata, il sottosegretario Alfredo Mantovano – sembra recepito: «La principale preoccupazione arriva dalla Tunisia » ha affermato alla presentazione della Relazione annuale 2022 dell’intelligence preparata dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Accanto a lui la direttrice del Dis, Elisabetta Belloni, i numeri uno delle due agenzie di sicurezza Aise ed Aisi, Giovanni Caravelli e Mario Parente, e il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini. «La Tunisia è una realtà che ha mille problemi e che non riesce più a contenere le partenze. Sarebbe importante un aiuto della Comunità internazionale. La presidente Meloni ha chiesto ai vertici delle istituzioni europee che vengano erogati i prestiti, bisogna sbloccare la situazione nell’interesse di tutti», ha detto Mantovano.
L’immigrazione
L’analisi del Dis parte dai dati. Dall’incremento di questo 2023, si diceva, con la bomba Tunisia pronta a esplodere: si parte praticamente dai porti di tutta la costa, da Cap Bon a Ben Gardane. Gli sbarchi dall’inizio dell’anno sono stati 264, quasi cinque al giorno. Viaggiano con vecchi pescherecci o su mezzi di fortuna. E soprattutto con qualsiasi condizione del mare. Su questo l’intelligence lancia però un’accusa precisa al lavoro delle Ong: «La presenza di navi umanitarie rappresenta - si legge nella relazione - un vantaggio logistico per le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti, permettendo loro di adeguare il modus operandi in funzione della possibilità di ridurre la qualità delle imbarcazioni utilizzate, aumentando correlativamente i profitti illeciti, ma esponendo a più concreto rischio di naufragio le persone imbarcate ». In sostanza si dice che se le barche affondano, è anche colpa delle Ong che provano a salvarli. «Parliamo soltanto di dati di fatto» ha spiegato Mantovano, facendo riferimento a una serie di informative dell’Aise che documenterebbero come le partenze dalla Libia aumentano ogni qual volta sanno di trovare mezzi di soccorso nella Sar. Ma la tragedia di Cutro dimostra che l’equazione non è vera: il barcone è partito da Smirne lungo una rotta non battuta dalle navi Ong. E gli scafisti lo hanno fatto nonostante le condizioni del mare fossero proibitive. Proprio su quella rotta è interessante l’analisi che fanno i Servizi. Per due motivi: si parla, dopo tanto tempo, di un network con le associazioni criminali italiane. E di un reclutamento fatto «sul web e i social network per pubblicizzare i viaggi».
Il conflitto ucraino
L’immigrazione è, però, soltanto uno degli aspetti di un anno che, in materia di sicurezza nazionale, hagirato principalmente attorno a un solo avvenimento: il conflitto in Ucraina. «E’ in discussione – ha detto la direttrice Belloni – l’ordine mondiale: le ricadute geopolitiche e geo economiche hanno inciso sulla nostra sicurezza nazionale». «Mosca – si legge nella relazione – ha utilizzato la pausa degli scontri di fine anno per rigenerarsi e prepararsi ad una guerra di lungo corso». E, come hanno spiegato Caravelli e Parente, gli effetti in Italia saranno inevitabili. «Si assisterà al prosieguo – si legge - delle attività di ingerenza e influenza della Russia. Mosca non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi Nato, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi, quali attacchi cyber, disinformazione, ricatti e uso di leve come quella migratoria ed energetica, quest’ultima destinata a perdere di rilevanza con l’impegno occidentale a trovare alternative alla dipendenza energetica dalla Russia».
La cybersicurezza
Su questo tema, la minaccia cyber rappresenta un punto cruciale. Anche in questo caso si parte da numeri: crescono gli attacchi alle aziende private ma soprattutto il 26 per cento degli attacchi «fa riferimento ad azioni di spionaggio con riguardo a gruppi statuali o sponsorizzati da Stati». Cambiano le tattiche: «Si è passati dall’impiego di “malware altamente sofisticati alla ricerca di strumenti “spendibili” e reperibili nei mercati del dark web». Questo per, spiegano i Servizi, «conferire a queste attività offensive la parvenza di comuni azioni criminali».
L’allarme Pnrr
In vista dei prossimi mesi un allarme specifico arriva sul tema Pnrr: la paura è che «ingerenze parassitarie, a opera di variegati attori economici, possano costituire un argine alla ripresa economica». Quattro le criticità principali secondo il Dis: «L’incremento dei prezzi delle materie prime e dell’energia elettrica; comportamenti opportunistici di operatori economici finalizzati a una lievitazione dei costi; la carenza di manodopera specializzata e di sofisticate attrezzature tecniche non facilmente reperibili sul mercato; le difficoltà di accesso al credito bancario e l’aggravio dei costi delle fonti di finanziamento, come effetto delle politiche monetarie restrittive realizzate a livello europeo».