la Repubblica, 28 febbraio 2023
Ritratto di Elly Schlein
Anche Elly Schlein, come tutti, ha un segreto: «Mio padre non sapeva del vizio delle sigarette, c’ho messo più tempo a confessargli che fumavo che a rivelargli i miei orientamenti sessuali». Ora Schlein non fuma più, svapa: «Mi sento più a mio agio con gli altri ». Bisognerà dunque cercarne altri, di segreti della neosegretaria del Partito democratico. Anche i suoi orientamenti, appunto, sono pubblici da quando decise di rivelare in un’intervista la sua bisessualità: «Ho amato uomini, ho amato donne, ora sono felice con una ragazza”. La sua relazione con Paola è tenuta con cura e amore al riparo dalle attenzioni pubbliche. Quanto invece al segreto del suo successo, idee a parte, si potrebbe dire così: intuito.
Elly – all’anagrafe Elen Ethel, i nomi delle nonne materne - è scaltra. Ha una spiccata capacità di salire sui treni giusti al momento giusto e di evitare quelli destinati a schiantarsi. Dicono i suoi detrattori che non capisca granché di politica, intesa come terreno delle strategie e delle manovre, e però il suo curriculum sembra smentirli: dopo gli esordi in Occupy Pd, il movimento di protesta interno ai dem nato sull’onda dell’indignazione per i famigerati 101 cecchini di Prodi sul Quirinale, resta nel partito il tempo di farsi eleggere al Parlamento europeo nel 2014, forte di 55 mila preferenze (se pensate siano poche per una ragazza all’epoca ventottenne, non sapete di cosa si parla), quindi l’anno dopo esce dal Pd renziano prima della più lunga serie di batoste elettorali della storia della sinistra. Va con Pippo Civati in Possibile, ma capisce presto che il nome del partito è in contraddizione con la realtà. Nel 2019 le offrono di ricandidarsi all’Europarlamento sia il Pd di Nicola Zingaretti («Ringrazio, ma non è il momento», dice all’allora segretario, e aveva ragione), sia il cartello delle sinistre, in uno degli ormai classici e dimenticabili travestimenti elettorali dell’ultim’ora. Lei declina anche questa offerta e fa bene: quelli non prendono nemmeno il quorum e lei ne esce linda come un fiore. Fonda una lista per le Regionali emiliano-romagnole, quelle ravvivate dalla Sardine sue amiche e vinte proprio da Stefano Bonaccini. Fa il pieno di preferenze: a Schlein puoi rimproverare tutto ma i voti se li è sempre andata a cercare voti uno a uno, a differenza di molti colleghi abituati ai listini blindati.
Dicono sempre i detrattori, e ce ne sono tanti nel Pd, lo scoprirà presto, che sia un po’ naif, e però anche qui c’è da discuterne. L’ex grillino Dino Giarrusso, che le aveva fatto sapere di essere pronto a sostenerla, lei l’ha mandato a stendere; Bonaccini se lo è ritrovato sul palco della sua convention congressuale e prima opoi Ilvo Diamanti ci svelerà quanti voti alle primarie gli è costato.
La destra sovranista impazzisce per la storia dei suoi tre passaporti, italiano, svizzero e americano, perché ci vede l’incubo del mondialismo e il luogo comune della sinistra ricca e salottiera, talvolta perché non sa dissimulare i singhiozzi di antisemitismo. Nata in Svizzera nel 1985 da Melvin Schlein, storico e politologo statunitense, e Maria Paola Viviani, senese, docente di Diritto, Schlein ha studiato Giurisprudenza a Bologna, la città dove ha comprato casa e ha gli amici più stretti. Haun fratello, Benjamin, matematico, e una sorella, Susanna, diplomatica di cui si è parlato perché recente bersaglio ad Atene di un’azione degli anarchici vicini a Cospito. Lei è la minore. Ma tutto l’albero genealogico pare concepito a tavolino per urtare la sensibilità degli identitari, come si chiamano oggi i neofascisti. Suo nonno paterno, ebreo aschenazita di Leopoli, se ne andò a cercare fortuna negli Usa all’inizio del secolo scorso, perché la vita per gli ebrei cominciava a farsi dura anche prima del nazismo. Passò come tutti i migranti da Ellis Island, dove glicambiarono il cognome: da Schleyen a Schlein. Il nonno materno, Agostino Viviani, avvocato, antifascista, è uno dei padri del garantismo italiano e fu parlamentare del Partito socialista italiano dal 1972 al 1979. In Israele a qualcuno non è piaciuto che, dopo aver denunciato di aver subito insulti antisemiti durante la campagna per le primarie, Schlein abbia definito il suo naso «etrusco»: è stata rimproverata di aver voluto prendere le distanze dalle sue origini. Lei, però, parlando di etruschi semplicemente pensava alla madre senese.
Le piace definirsi nerd. Coltiva passioni e hobby a cavallo tra i gusti dei millennial, i nati negli Ottanta, e i loro fratelli maggiori della generazione X. Ama suonare la chitarra elettrica, i giochi da tavolo (Trivial Pursuit, il super quiz di cultura generale è il preferito), i videogiochi.Il segreto di Monkey Island, dove c’è un pollo di gomma con la carrucola, è stata a lungo l’immagine dei suoi profili social. È amica e fan del vignettista Sio, che le ha dedicato un disegno per celebrare il successo al congresso dem, le piace molto anche Zerocalcare. Sui social compare ogni tanto l’adorato cane Pila.
Nel 2008 sfrutta l’appoggio da un parente per partecipare da volontaria alla campagna di Barack Obama: «Lì ho capito che non bisogna chiedere i voti, ma mobilitare le persone sulle idee» Una delle sue fiammate di popolarità, prima dell’ultima, è quando incrocia un Matteo Salvini all’epoca ancora ministro dell’Interno e gli chiede conto, filmando la scena, delle sue assenze nelle 22 riunioni tenute a Bruxelles per studiare le modifiche alle regole di Dublino sull’immigrazione. «Non voglio una sinistra da centro storico», dice dopo l’exploit alle Regionali, tuttavia è proprio nelle Ztl (Zone a traffico limitato) di Roma, Torino e Milano che ha surclassato Bonaccini, cosa che certo incoraggerà i buontemponi della destra che l’hanno soprannominata ZtElly.
Ecologista (cita spesso il verde sudtirolese Alex Langer), femminista, intersezionalista, come vuole la cultura dominante negli atenei statunitensi basata sull’analisi del grado di privilegio di cui si gode (bianco, maschio, etero, ricco è il peggio), Schlein ha promesso alla trasmissione radiofonica Un gioco da pecora che avrebbe tinto i capelli di rosso in caso di vittoria. Non pensate lo abbia fatto al buio. Il giorno in cui scoppiò il caso Giarrusso, il sindaco di Firenze Dario Nardella, sostenitore di Bonaccini, fece un comunicato: «Stop alla corsa sul carro dei vincitori». I collaboratori lo lessero a Schlein che disse: «Pensa quando scopriranno che non è nemmeno il carro giusto». Era già sinceramente convinta di vincere. Magari aveva pure già deciso di tingersi i capelli.