La Stampa, 28 febbraio 2023
Il Conservatorio di Parma messo a tacere
La vicenda è di quelle possibili solo in Italia o in Assurdistan. Il Conservatorio di Parma rischia di dover interrompere i corsi perché fa troppo «rumore». E chi lo chiede è il Comune. Che poi quel rumore sia musica e che il compito del Conservatorio sia appunto di farne è un dettaglio trascurabile. Una volta messa in moto, la macchina legale procede non spedita ma inarrestabile, e attualmente il contenzioso è davanti al supremo regolatore delle controversie italiane, il Tar: nella fattispecie, quello dell’Emilia-Romagna.
La vicenda non è recentissima ma è deflagrata sui giornali locali da poco. Tutto nasce dall’esposto dei titolari di tre studi legali, due dei quali hanno la sfortuna di affacciarsi sulla stessa strada del glorioso Conservatorio Boito e uno di essere addirittura il suo vicino di casa. Oggetto: la musica che tracima dalle mura dell’ex convento del Carmine, dal 1825 sede degli studi musicali per volontà di Maria Luigia vedova Napoleone, che a Parma è come dire dello Spirito santo. Gli avvocati si sono rivolti all’Arpae, l’Agenzia regionale per la Prevenzione e l’Ambiente, che ha fatto i suoi rilievi fonometrici concludendo che sì, in effetti i decibel erano più di quelli consentiti. Il Conservatorio fa presente però che i rilievi sono stati effettuati mentre imperversava il Covid, quindi le lezioni si tenevano con le finestre aperte. Dettagli. Il Settore Ambiente del Comune, vista la relazione, ha avuto il riflesso burocratico obbligato: un provvedimento di sospensione dell’attività. Tradotto: fermare le lezioni, silenziare la musica e non disturbare più i vicini di studio. Il Conservatorio si è appellato al Tar facendo presente che bloccare le lezioni significa non concludere l’anno scolastico: si parla di un istituto che ha un migliaio di iscritti, molti dei quali non sono parmigiani e nemmeno italiani, ma stranieri, con l’abituale massiccia presenza di coreani e, in generale, di orientali (andate voi a spiegare a un aspirante tenore di Seul che si è trasferito a Parma che deve smettere di fare i vocalizzi perché disturba i vicini). Come racconta La Gazzetta di Parma, dopo che l’avvocato del Conservatorio aveva illustrato le misure prese e da prendere per limitare il «rumore», compreso un progetto per insonorizzare le aule, il Tar ha sospeso la sospensione delle lezioni perché altrimenti il Conservatorio «non potrebbe portare a termine l’attività didattica dell’anno in corso». Ma, appunto, solo di una sospensione si tratta e la sentenza definitiva è attesa a giorni. Dopo, per salvare la musica, non resterebbe che il Consiglio di Stato.
Facendo la guerra al Conservatorio, il Comune sembra farla a sé stesso. Il sindaco in carica dal luglio scorso, Michele Guerra (centrosinistra), è l’ex assessore alla Cultura di quello precedente, il grillino eretico Federico Pizzarotti. Un altro ex assessore della giunta Pizzarotti, Marco Ferretti, è il Presidente del Conservatorio. L’assessore alla Cultura attuale, Lorenzo Lavagetto, definisce «legittime» le lamentele ma, dichiara, «non posso che fare il tifo per il Conservatorio». Già. In una città orgogliosa del suo status di capitalina culturale, specie per quel che riguarda la musica con tutte le relative celebri mitomanie loggionistiche, non si parla d’altro. Il Conservatorio è un’istituzione prestigiosa. È intitolato ad Arrigo Boito che ne fu il direttore onorario per due anni, su sollecitazione dello stesso Verdi. Prima di lui, lo diressero Bottesini e Faccio, due pionieri della direzione d’orchestra in Italia, e da lì uscì anche Arturo Toscanini, parmigiano dell’Oltretorrente, l’anima più popolare e passionalmente melodrammatica della città.
L’indignazione per la musica silenziata sta montando come un coro verdiano. Mauro Balestrazzi chiama alle armi i melomani: «Se sarà necessario saremo in tanti pronti a fare le barricate in difesa di un’istituzione che appartiene alla storia migliore della città». Luca Salsi, il più quotato baritono verdiano al mondo, non parmigiano ma parmense in quanto di San Secondo (per inciso, il paese della spalla cotta, il piatto preferito del Maestro) e diplomato proprio al Boito, non le manda a dire: «Trovo vergognoso che si sia anche solo dato ascolto a una richiesta simile. Ai miei tempi studiavamo d’estate con le finestre aperte e i passanti si fermavano ad ascoltare, a volte applaudendo al termine del brano». Cose che succedevano in Italia, non in Assurdistan.