il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2023
Cronache dell’anno 1921
L’ anno è il 1921: il crollo dello Stato liberale, la sconfitta della sinistra rivoluzionaria; e il fascismo, noterà Piero Gobetti, “si trasforma in movimento governativo” e si appresta a prendere il potere. Quell’anno cruciale per l’Italia, in cui il fascismo diventa da quel momento un fattore costante nelle vicende del Paese, è al centro di Piombo con piombo. Il 1921 e la guerra civile italiana, da poco edito da Carocci. Raccoglie e integra gli atti delle giornate di studio ideate e realizzate, con la curatela di Fabio Fabbri e di Giorgio Sacchetti, nell’ambito delle attività promosse dall’Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia. Il titolo del libro, Piombo con piomboper l’appunto, “vuole evocare un verso dell’In n o della rivolta (Luigi Molinari, 1893), canto libertario della tradizione popolare italiana che, nel corso del Novecento, è stato ripreso – con diverse varianti – sia nei ranghi del movimento operaio che di quello partigiano. Sempre con una evidente connessione tra violenza politica e motivazioni sociali”. Il 1921, dunque. E il fascismo che, a tutt’oggi, sembra non passare mai. Sacchetti, studioso del movimento libertario e operaio, docente di Storia culturale e sociale dell’età contemporanea all’Uni – versità di Firenze, osserva nella nota introduttiva al libro che “in quell’anno, in un arco temporale ristrettissimo e in un contesto di gravi tensioni sociali e politiche, si addensavano reiterate violenze fasciste, spesso colluse con gli apparati dello Stato, attentati terroristici, risposte di difesa proletaria armata da parte del movimento operaio e sindacale”. Scrive sempre lo storico Sacchetti che fu “quella una fase ‘ep o c a l e’ e davvero periodizzante, punto di arrivo ma anche inizio di un lungo ciclo psicosociale e politico novecentesco”. Un ciclo mai concluso, almeno secondo quanto si è sostenuto nelle giornate di studio. Citando un intervento di Andrea Rapini, uno degli studiosi intervenuti al convegno, Paul Corner sottolinea che “Rapini ha parlato dell’ ‘eterno fascismo’ in Italia, riprendendo la frase di Umberto Eco. Resta un concetto che non può non colpire. Dovrebbe sorprendere – f or se meglio, stupire – che, a cento anni dagli esordi del movimento fascista, siamo ancora lì. Diceva Rapini: ‘Nel nostro paese esiste una specie di grande archivio plastico, elastico, mobile, un grande archivio fascista, fatto di memorie, di miti e anche di riti, di immagini e di immaginario che, dal 1945, dalla fine del fascismo e della guerra, ha dimostrato una grande vitalità una sua persistenza’”. Si “sta navigando”, nota Corner, “in acque in cui, nelle nostre discussioni quotidiane, il termine ‘fasci – s m’ è ancora parola corrente. Ascoltando Rapini mi è venuto in mente che, quando ero studente in Inghilterra, negli anni Sessanta, ciò che era successo ottant’anni prima –mettiamo la guerra dei Boeri della regina Victoria – era preistoria per noi. Ma oggi, in Italia, il fascismo è ancora attuale. Ecco il problema principale. Perché non riusciamo a venir fuori dalla situazione in cui il fascismo sembra sempre una delle opzioni possibili? Davvero un passato che non passa”.