Corriere della Sera, 26 febbraio 2023
Biografia di Stefano Bonaccini
«Voglio un Pd senza puzza sotto il naso e dirigenti che in 30 secondi sappiano far capire quello che dicono, in modo che comprendano tutti»: è una semplificazione, ovviamente, ma il «manifesto programmatico» di Stefano Bonaccini potrebbe sintetizzarsi con queste sue parole. Che spiegano bene anche il motivo che spinge il governatore dell’Emilia-Romagna a volersi circondare, nel caso in cui diventasse segretario, di amministratori locali, abituati a parlare quotidianamente con i cittadini e a rifuggire per la maggior parte delle volte dal politichese.
Classe 1967, nato a Campogalliano, un paese in provincia di Modena, padre camionista, madre operaia, tutti e due comunisti, diploma di maturità scientifica, il cursus honorum di Stefano Bonaccini è quello classico di un dirigente del Pci-Pds-Ds-Pd: assessore, dirigente locale, vita di partito, vita faticosa.
Uomo pragmatico, il presidente della Regione Emilia-Romagna è uno di quelli che evita l’approssimazione ed è con questo spirito che si è buttato nell’ avventura della campagna delle primarie. Pianificata anche questa, dal momento che sono anni che si parla di lui come possibile segretario del Partito democratico (la qualcosa ai tempi faceva innervosire non poco Zingaretti).
Alla fine Stefano Bonaccini si è candidato sul serio. Che aspirasse a fare il salto nella politica nazionale qualcuno ha iniziato a sospettarlo quando un po’ di annetti fa ha cambiato look: occhiali Ray-Ban a goccia, barba «simil hipster», dolcevita o maglioncini giro collo scuri: via come d’incanto tutto il vestiario che poteva farlo somigliare a un uomo dell’apparato del fu Pci. Dicono che l’autrice della sua trasformazione sia la moglie, la stilista Sandra Notari, con cui è legatissimo: festeggiano ancora il San Valentino con tanto di foto sui social. Ma non si sa se sia vero che sia stata proprio lei a rifargli l’immagine perché lui della sua trasformazione, dopo un’iniziale alluvione di foto sulla sua pagina Facebook, parla poco o niente.
In questo periodo di frenetica campagna elettorale il governatore dell’Emilia-Romagna ha macinato circa 600 chilometri al giorno. Una bel «tour de force», ma lui ci è abituato: dicono che la fatica gli pesi poco e che sia sempre stato propenso a convocare riunioni a ogni ora del giorno e della notte (orari infami, talvolta per i suoi interlocutori, i suoi collaboratori ormai invece ci hanno fatto il callo). Professionale ma anche un po’ umorale, Bonaccini è stato eletto alla presidenza della giunta regionale dell’Emilia-Romagna per due volte di seguito. L’ultima è stata da brivido: in molti temevano perdesse e vedevano già vincitrice la Lega di Matteo Salvini. «I sondaggi mi davano sotto di 5 punti», ricorda ora lui. Invece anche quella seconda volta ce l’ha fatta, nonostante i 5 Stelle avessero detto di no all’accordo. Ma a dire il vero Bonaccini non sembrava essere troppo rammaricato per quel rifiuto: «Se vogliono entrare bene, sennò amen», ebbe modo di dire un giorno, senza troppi peli sulla lingua.
Del resto, nel frattempo aveva «conquistato» persino l’appoggio di qualche amministratore locale di centrodestra (e anche di qualche elettore), perché per sconfiggere Matteo Salvini, che faceva campagna per la candidata della Lega Lucia Bergonzoni, invece di buttarla in politica si occupava dei problemi della regione.
Gli avversari interni per screditarlo gli danno del renziano perché per un anno o giù di lì è stato responsabile Enti locali con Matteo Renzi segretario. Ma a parte il fatto che Bonaccini è sempre stato un bonacciniano di ferro, a smentire questa voce sul suo conto basterebbe la presenza di Marco Meloni tra i suoi supporter: un lettiano che più lettiano non si può e che non ha mai perdonato a Renzi di aver costretto il suo leader a fare le valigie e a lasciare palazzo Chigi nel 2014. Tutti sospettano che, se eletto segretario, avrà problemi con i due governatori del Sud che lo appoggiano: Vincenzo De Luca e Michele Emiliano.
Tifoso sfegatato della Juventus, ha giocato anche a calcio, ha due cani dai nomi insoliti (Romeo e Artú) e vive ancora nella stessa casa dove 56 anni fa, in quel di quel di Campogalliano, è nato.