Corriere della Sera, 27 febbraio 2023
Cronaca della ferocia di Tamara Pisnoli
«Tamara Pisnoli mi guardava mentre con un coltello mi ferivano la testa. Fredda. Poi ha preteso che lavassi il sangue dal pavimento della sua camera da letto. Infine, senza battere ciglio, ha ordinato di ammazzarmi. Per salvarmi ho finto di essere morto».
A descrivere questa «Pulp fiction» in salsa romana, che si sarebbe consumata nella camera da letto di Pisnoli, ex moglie di Daniele De Rossi oggi sposata con Stefano Mezzaroma, è l’uomo che ha sentito la lama penetrargli nella pelle: Antonello Ieffi, 44 anni, imprenditore fondatore di una holding immobiliare con sedi dall’Europa al Medio Oriente.
«Se sono vivo, è per puro caso – racconta Ieffi —. Di certo, mai scorderò lo sguardo gelido con cui Tamara osservava mentre mi picchiavano. Mi è rimasta impressa la smorfia schifata quando ha visto il pavimento sporco di sangue. Neanche un briciolo di pietà o di rincrescimento le è comparso in volto».
Il racconto di Ieffi è stato ritenuto credibile dai giudici di primo grado, che hanno condannato Pisnoli – 39 anni, figlia di Massimo, pregiudicato assassinato in un agguato nel 2008 – a sette anni e due mesi di reclusione per tentata estorsione.
Ecco la cronaca di quel 17 luglio 2013 nel ricordo di Ieffi: «Tamara mi fa convocare a casa sua per discutere di un affare. Avrebbe voluto da me 200 mila euro perché, a suo dire, l’investimento di 84 mila euro che aveva fatto con una mia società era andato male. Andiamo in camera da letto, siamo in sei. Le dico che ci sono i legali, che la richiesta è insensata. Mi rifiuto. Tamara da quel momento cambia. Il suo volto si trasfigura. Prima era serena, poi diventa cattiva. Quella cattiveria che fa temere per la propria vita».
I particolari di quei momenti sarebbero perfetti per la sceneggiatura di un film di Quentin Tarantino, invece sono la realtà vissuta da Ieffi: «Uno dei presenti si alza, mi blocca. A quel punto ho avuto tre secondi per decidere: reagire o lasciarli fare?». Questa la risposta che si dà l’imprenditore: «Meglio tentare di salvare la pelle. Li lascio fare. Mi picchiano come bestie». L’inferno è solo all’inizio: «Vedo uno di loro estrarre un coltello a serramanico. Chiudo gli occhi per il terrore. Poi mi sento penetrare la testa. In pochi secondi, vengo investito da una sensazione di calore. È il mio sangue che sta calando sulla fronte, sulle guance, sugli occhi, ovunque. La paura mi paralizza. Sono inzuppato del mio sangue. Ricordo che Tamara guarda, senza muovere un dito, gelida e indifferente. Ho creduto di morire». Ieffi però è ancora vivo: «Allora lei mi ordina di pulire il pavimento. Poi la sento ordinare a uno dei presenti, da vero boss, di portarmi in una delle sue case, di farmi fare il bonifico da 200 mila euro e poi di ammazzarmi. Sì, dice proprio di ammazzarmi».
Ieffi è un imprenditore, a suo modo, dalla vita avventurosa. È stato in carcere durante il lockdown con l’accusa di una truffa sulle mascherine. Assistito dall’avvocato Luigi Annunziata, ne è uscito assolto con formula piena: «Ho fiducia nella giustizia», dice. Ma quando, quel giorno d’estate di dieci anni fa gli uomini di Pisnoli lo caricano in macchina, prova davvero cosa sia la paura: «Mi fingo morto – racconta —. Quelli si fermano, spaventati di essere beccati con un cadavere in macchina, e mi scaricano su un marciapiede. Se sono vivo, è grazie a quella finzione». Di Tamara ha un ricordo in bianco e nero: «Una donna simpatica e intelligente. Solare. Scaltra negli affari. Ma è trasparente anche nella sua crudeltà quando la tira fuori. In tanti mesi solo una volta l’avevo sentita rancorosa: quando aveva parlato dell’ex marito Daniele De Rossi».