la Repubblica, 27 febbraio 2023
La droga Superbonus
Il Superbonus fu approvato nel luglio del 2020 con i voti del M5s e del Pd, nel pieno di un’ubriacatura di spesa pubblica che ebbe il suo apice nel Pnrr, varato dal Consiglio europeo nello stesso mese. Il Superbonus e i bonus edilizi sono sin qui costati allo Stato più di 120 miliardi, vale a dire più della metà delle risorse impegnate dal Pnrr.
Sugli aspetti tecnici del Superbonus sono stati versati fiumi di inchiostro. Qui vogliamo soffermarci sugli aspetti economici. Il dibattito è pieno di luoghi comuni come “se non riparte l’edilizia non riparte l‘economia”, “l’edilizia è il volano della ripresa”, “l’edilizia è la spina dorsale dell’economia”. Crediamo che prima di spendere decine di miliardi siano necessarie ben più di queste frasi fatte.
Circolano in questi giorni riferimenti a prodigiosi ritorni economici e tributari dagli incentivi all’edilizia, ma delle stime serie devono avere almeno tre caratteristiche: devono dimostrare che c’è un nesso causale tra incentivi e aumento degli investimenti (in altre parole, che è solo grazie al Superbonus che rifaccio il tetto, altrimenti non lo avrei rifatto); che questi ritorni economici e tributari sono più alti che se si fosse scelto di sussidiare qualche altro settore; infine (dato che una motivazione del Superbonus era i suoi benefici per l’ambiente) che l’effetto sulle emissioni è maggiore che con altri interventi dello stesso importo. Sfidiamo chiunque a produrre stime attendibili con queste caratteristiche.
L’ossessione per l’edilizia ci pare dovuta a due motivi ben diversi. Primo, la potenza dei costruttori, la capacità delle loro associazioni di influenzare la politica a tutti i livelli. Secondo, l’idea che lo stato dell’economia si misuri dalle “cose” che produce; e non c’è niente di più visibile e tangibile di una colata di cemento, di una casa e del suo tetto, dei ponteggi, di un cantiere. È un’idea ottocentesca dell’economia, ma con una vitalità che non finisce mai di sorprendere. Eppure più del 70 percento del prodotto interno lordo italiano consiste nella produzione di servizi, non di cose, e l’edilizia conta per appena il 4 percento del valore aggiunto generato in Italia.
Per esempio, in Italia ci sono meno laureati che in altri paesi, soprattutto in materie tecnico- scientifiche, mentre non siamo al corrente di una drammatica inferiorità in quanto a uso di cemento. Il “livello di istruzione” però non è una cosa tangibile, che vediamo per strada. C’è qualche ministero o ufficio parlamentare o centro di ricerca che prima del voto sul Superbonus abbia cercato di confrontare i benefici di lungo periodo per l’economia nazionale del Superbonus e di una spesa di pari ammontare per sussidiare laretta universitaria e le spese di vitto e alloggio degli studenti meno abbienti?
Vogliamo credere che la logica economica del Superbonus non fosse chiara a tutti i parlamentari che l’hanno votato. Applichiamola almercato dell’auto: se compro un’auto che consuma un po’ meno, lo Stato non solo mi paga l’auto, ma mi dà il 10 percento in più del suo valore come regalo, premiando soprattutto chi può permettersi di pagare subito ed essendo capiente può beneficiare della riduzione delle tasse. Se il Parlamento avesse approvato una simile legge ci sarebbe stata, giustamente, una sollevazione.
Si dice spesso che l’edilizia è ad “alta intensità di lavoro”, e che per questo era il modo migliore di fare ripartire l’occupazione dopo il Covid. Molti servizi sono a più alta intensità di lavoro dell’edilizia. E ci si dimentica spesso che, soprattutto in periodi di espansione improvvisa della domanda, molti lavoratori dell’edilizia vengono reclutati tra stranieri, illegalmente se ci sono forti restrizioni all’immigrazione come oggi in Italia. In Spagna tutta la crescita dell’occupazione durante il boom dell’edilizia del 2000-2007 fu appannaggio di immigrati.
Inoltre, raramente si tratta di lavori permanenti. Quando finivano gli incentivi per la rottamazione, produttori e concessionari di auto si lamentavano che il loro settore entrava in crisi e domandavano altri aiuti. Ma come stupirsi? Se concedo un incentivo temporaneo, gli acquisti avranno un’impennata prima della scadenza, poi precipiteranno. Gli incentivi per la rottamazione erano niente in confronto al Superbonus, il fentanyl dell’edilizia. Ma il Superbonus non può essere eterno; quando finirà, l’edilizia cadrà in recessione, molti lavoratori saranno licenziati e molte imprese chiuderanno (lo scoppio della bolla immobiliare in Spagna distrusse un milione e mezzo di posti di lavoro). A meno che il governo in carica in quel momento non riconosca lo “stato di emergenza” dell’edilizia e non conceda qualche altro sussidio, in un circolo vizioso senza fine.
Questo governo ha iniziato un percorso di riduzione del Superbonus.Gli effetti sono prevedibilmente, devastanti; maggiore l’ubriacatura della sera, maggiore il mal di testa del mattino dopo, e maggiore la tentazione di concedersi un altro po’ di alcol per far passare il mal di testa. Ma la colpa non è di questo governo. Certo, si può discutere sui dettagli, su come attuare in pratica la “exit strategy” da questa ubriacatura. Si poteva, ad esempio, agire subito sul livello del sussidio anziché solo sulla cessione dei crediti, evitando di favorire i proprietari di case più ricchi che non hanno problemi di liquidità. Ma di fronte a un provvedimento così insensato (come disse, più pacatamente di noi, lo stesso Draghi) non esistono “exit strategy” indolori. Speriamo solo che serva da lezione per il futuro.