il Fatto Quotidiano, 26 febbraio 2023
Intervista ad Alessandro Siani
Che poi, lui, è stato sorprendente sin dall’inizio, da quando ha deciso di utilizzare come cognome d’arte “Siani”, in onore del giornalista ucciso dalla camorra. Mica Pinco o Pallo, con tutto il rispetto sia per Pinco che per Pallo.
Così, con Alessandro Siani, mai fermarsi ai topoi sulla comicità, mai cadere nell’effetto déjà vu o nella pigrizia mentale di scindere significato e significante, perché con lui è complicato marcare il confine tra scherzo, battuta e verità. Ci sa giocare. E sa nascondersi dietro al mantra del “a me piace cazzeggiare” per poi colpire in contropiede come il suo amato Napoli (“la parola scudetto tanto non la pronuncio”).
Adesso è al cinema con Tramite Amicizia, sesto film da regista (e protagonista) dove il botteghino non celebra la gloria del recentissimo passato, ma resta una delle poche certezze in un clima di lacrime sulle casse degli esercenti.
Zitto zitto arriva ovunque.
(Ride e non risponde)
Ha un suo passo.
Sono così da tanti anni in circolazione, da sentirmi paragonabile a un pezzo d’arredamento della tv italiana.
La sua dote migliore?
L’aspetto meraviglioso è quando rientri nella celebre categoria del “genio e incompreso”, poi ci sono i geni compresi alla Massimo Troisi…
Mentre lei…
Preferisco attaccarmi all’incompreso, perché se poi un giorno dovessero capirmi, è un problema.
Si butta avanti per salvarsi in anticipo.
No, è come quando fai una battuta in stretto dialetto napoletano e chi hai davanti ti guarda e ammette: “Non capisco, però mi fai ridere”. Questo sono io.
Qui scatta la classica sindrome dell’impostore.
Mai provata, l’unica mia sindrome è quella del paciere.
Cioè?
Non mi trattenevo davanti a delle discussioni e con le braccia larghe, la voce mortificata, pensavo di sanare la situazione con la frase: “Ehhhh, ma che sono queste cose? Dai, vogliamoci bene”.
E…
In questo Paese il paciere non esiste quasi più.
Di solito quello che alla fine le prende.
Esatto, subisce.
Ha pure il ruolo di “salvatore” del botteghino.
Al massimo sono un apostolo; questo ruolo è più adatto a Checco Zalone, mentre io, in questi anni, sono giusto incappato in qualche film buono; (pausa) è cambiata la percezione della sala.
Quindi?
Basta un minimo incasso per assurgere al ruolo di “salvatore”. Ma non è così.
Le pacche sulle spalle sono complimenti sinceri o sottintendono invidia.
Poche pacche, preferisco litigare con le persone che mi dicono “bravo, continua così”.
E che c’è da litigare?
Rispondo: non sto facendo gniente.
Per Giovanni Veronesi il cinema va male perché i film sono brutti.
Va male anche perché i film sono brutti. E girare un film brutto è molto semplice, quasi spontaneo.
C’è un “invece”?
Il film bello delle volte è sorprendente.
Traduzione.
Quando nel 2010 ho girato Benvenuti al Sud, alla fine ci credevano in pochi, tanto da rimandare l’uscita. È impossibile prevedere il botteghino.
Carlo Verdone per capirlo andava di nascosto al cinema o chiamava varie sale.
Pure io mi sono infilato in sala e lì ho capito la differenza; (pausa) ho capito che a volte il pubblico ride dove non te lo aspettavi e non ride dove avresti giurato di ottenere una risata.
Quindi?
Con Il principe abusivo ho sentito risate in punti che non avrei mai immaginato e silenzi altrettanto sorprendenti; da quel momento, in fase di sceneggiatura, se qualcuno profetizza “qui scatta l’applauso”, sono portato a cancellare la battuta.
Lei è una star.
Quando esco di casa sono del pubblico.
Non si risparmia.
Altrimenti resto in casa.
È un peso.
Cosa?
Il fan quando esce.
Scherza? Vivo a tempo pieno di una passione ed è una fortuna incredibile, per questo quando esco cammino a testa alta, per vedere la reazione delle persone, per capire a che punto del “giorno” sono.
In Benvenuti al Sud era in coppia con Bisio: chi lavora con lui diventa “bisiano”.
È strepitoso; io sono più da one man show, mentre Claudio è un raro amplificatore di comicità, è un’eco: basta stargli accanto per migliorarsi. Mica come la “sianite”.
E cos’è?
Come dicevo prima, è quando fai le battute, la gente ride, ma non ha capito; o quando non fai le battute e ridono.
Vanessa Incontrada sostiene che lei è di una generosità rara.
Anche lei ha il dono dell’eco e per noi comici diventa oro.
Come è messo a ego?
A eco non molto bene.
Non “eco”, “ego”.
Da uno a dieci sono a 6.
Poco.
Sono in lavorazione.
Quando va a cena fuori è costretto al ruolo di capo-comico?
(Sorride e ci pensa) È una dinamica classica.
E…
Quando ho un appuntamento di lavoro con persone che non mi conoscono, i primi cinque minuti vengono avvolti da sguardi perplessi: non capiscono se il mio tono è serio o scherzoso.
Conseguenza?
Che i primi cinque minuti risultano sempre inutili.
Aveva l’angoscia di deludere le persone?
L’angoscia è una bella sensazione, è un bel motore: ti obbliga a migliorare. Anche la paura è così.
E la depressione?
Fino a qualche tempo fa esisteva la convinzione che i comici fossero, in realtà, tristi nella vita privata; per questo verso i 18 o 19 anni, con gli amici, fingevo una terribile vena malinconica.
Morale?
Non risultavo simpatico e si allontanavano tutti da me; invece ho scoperto il piacere dell’improvvisazione e del cazzeggio.
Chi è il più grande improvvisatore?
(Immediatamente) Totò. Mentre Eduardo è stato un drammaturgo eccezionale e Troisi il comico dei tempi medi. E questi sono tre modi per vedere Napoli; per De Crescenzo Napoli era l’ultima possibilità per salvare la razza umana.
Quando sta lontano da Napoli, come fa?
Per me è difficile allontanarmi dalla mia città.
È pronto a festeggiare lo scudetto?
Sposo la formula adottata da De Laurentiis per non parlarne direttamente: l’ha definito “l’eventualità”.
Grazie a questo lavoro ha conosciuto dei napoletani particolari.
Pino Daniele ha scritto, gratis, le musiche per La seconda volta non si scorda mai e per un paio di anni ci siamo frequentati: per me è stata una fortuna incredibile, anche quando mi mandava un messaggio vocale gli chiedevo il bis.
E poi?
Con Luciano De Crescenzo sono riuscito a realizzare un libro e per Maradona ho scritto uno spettacolo teatrale.
Cosa le resta nel cuore?
Maradona. Eravamo insieme al Teatro San Carlo, vado nel suo camerino, la sala piena, mille persone in attesa. Entro e lo trovo preoccupato. “Diego, che hai?” “Ho paura di non rendere felici le persone”; (pausa) la sua espressione e la sua voce mi sono rimaste impresse, perché scoprire uno come lui, ancora angosciato di non deludere, è diventato un insegnamento.
Capita ai veri artisti, ne hanno parlato Proietti, Verdone, Fo…
Credo di sì. Ma una cosa è l’ansia di dispiacere e un’altra è l’ansia da prestazione.
Ha questo timore?
Visto il livello dei nomi che ha citato, la mia è solo ansia da prestazione.
È più bravo o più simpatico.
Più semplice definirmi simpatico.
Più complicato l’esordio in tv o con la macchina da presa?
È stato complicato l’esordio in generale; ricordo me piccolo, con mio padre che mi invitava a salire sulla sedia e imitare le persone che giravano per casa, magari la zia o lo zio.
Risultato?
Non erano tanto contenti e ogni volta mi preoccupavo perché poi chiedevano conto delle mie battute.
Sogna di recitare per Martone o Sorrentino?
Premessa: quando per la prima volta ho visto Nuovo Cinema Paradiso, alla scena di Totò proiettato sul palazzo ho iniziato a piangere.
Risposta?
Sono rimasto colpito da quel tipo di cinema e Martone sarebbe strepitoso per narrare una storia di grandi personaggi di Napoli come Raffaele Viviani o Masaniello; mentre Sorrentino ha la capacità di affrontare le bizze e le manie di grandi personalità, di grandi storie e non solo d’amore.
Quando si parla di Ficarra e Picone si cita Siani e viceversa. Cosa vi accomuna e cosa vi differenzia?
Ci accomuna una grande gavetta, abbiamo iniziato negli stessi locali e con il desiderio del cinema; ci differenzia il fatto che sono un po’ più grandi di me; il loro percorso è importante e arriveranno a diventare delle icone comiche, loro sono in grado di girare un film del livello de La vita è bella.
E lei?
In questo momento posso puntare a Che bella è la vita.
Sembra Frank Capra.
Ora mi scoppia il cuore: Capra lo renderei obbligatorio.
Farà Sanremo?
(Ride) Solo se con me ci saranno Ficarra e Picone.
Ama il red carpet?
Quando ne vedo uno penso sempre che è la strada più lunga per arrivare alle persone.
Da regista come si comporta con attori più grandi di lei, come De Sica?
I grandi non si lasciano dirigere, ma puoi suggerire.
Azzarda suggerimenti?
Sì, ma perché è nel contratto.
I fan sanno il motivo del suo cognome d’arte?
In molti lo hanno scoperto in questi anni; l’importante è non dimenticare mai cosa è accaduto a Giancarlo Siani.
Lei chi è?
Uno che ascolta le critiche per crescere, ma senza mai perdere la voglia di cazzeggiare.