il Giornale, 26 febbraio 2023
Intervista ad Andrée Ruth Shammah
La regista Andrée Ruth Shammah ha fatto la storia del teatro italiano. Nel 1972 fonda a Milano, con Franco Parenti e Giovanni Testori, Dante Isella e Gian Maurizio Fercioni, il Salone Pier Lombardo, ora Teatro Franco Parenti, nei locali dell’ex cinema Continental in Via Pier Lombardo. La incontriamo proprio al Parenti, in mezzo ai cartelloni che illustrano in modo suggestivo decenni di attività. Abbiamo appena visto La Maria Brasca di Giovanni Testori, uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah, con una bravissima Marina Rocco nei panni della protagonista (fino al 5 marzo).
Perché La Maria Brasca per aprire il centenario della nascita di Giovanni Testori?
«È la prima commedia di Testori, pareva giusto partire da qui. Ma non sarà l’unica iniziativa. Il palinsesto è ricco. Al Teatro Franco Parenti, in maggio ci sarà una serata Testori con-sonante per la regia di Giuseppina Carutti, letture di passi di opere testoriane da parte di attrici che hanno interpretato le sue eroine, da Laura Marinoni a Iaia Forte, da Anna Della Rosa a Federica Fracassi. A giugno invece ci sarà Cleopatràs, regia di Valter Malosti, con Anna Della Rosa nel ruolo della tragica regina. Poi io stesso farò un mio spettacolo storico, l’anno prossimo, con una presenza anche al Festival di Napoli».
L’attrice Marina Rocco è una rivelazione?
«Volevo metterla alla prova, abbiamo creato insieme un percorso, è pronta a uscire dai canoni convenzionali. Credo che La Maria Brasca sia migliore della forse più famosa Arialda. Inoltre tenga conto di una cosa: ci sono in scena quattro attori immersi in una scenografia suggestiva ma semplice. Questo è importante. Volevo uno spettacolo che potesse girare l’Italia anche in un momento di difficoltà economiche per i teatri».
A un certo punto si sente una voce fuori campo che grida «Voglio morire»...
«È la voce di Testori. La Maria Brasca, per me, è uno spettacolo pieno di ricordi e di fantasmi personali. La Maria Brasca fu l’ultimo spettacolo a cui Testori fu presente qui con noi. Alla fine, salì sul palco e lesse alcuni passi, sulla morte, dei Promessi sposi alla prova. Ci fu un applauso commovente, seguito dal silenzio assoluto. Fuori campo, oltre a Testori, si sente una canzone: fu improvvisata sul palco da Franco Parenti. C’è un’altra cosa da notare».
Quale?
«La Maria Brasca è l’unica commedia di Testori che finisce bene, almeno all’apparenza. Mi piaceva iniziare con qualcosa di positivo. Nella Brasca vince la voglia di vivere».
È ancora un testo controcorrente?
«Sì, ma per motivi diversi da quelli che ne accompagnarono l’uscita. Oggi il sesso non impressiona più nessuno. Piuttosto il contrario. Maria vuole sposarsi, cercare la casa, infilare la fede al dito, mettere su famiglia. Potrebbe sembrare un piccolo sogno reazionario ma la normalità può essere rivoluzionaria in quest’epoca di trasgressione obbligatoria. Questa è l’attualità dello spettacolo».
Come risponde il pubblico?
«Lo ha visto lei stesso. Il teatro è sempre pieno e c’è gente di ogni età. Questo mi fa pensare. La cultura spesso guarda ai diritti più avanzati, ed è anche giusto che sia così. Però la società è soprattutto un’altra cosa. Alla gente comune chi ci pensa, chi la descrive, chi la racconta?».
Ma dunque...
«Dunque le cose non sono come vuole farci credere una parte ristretta del mondo intellettuale».
Quali sono i punti cardine di uno spettacolo testoriano?
«L’aspetto linguistico. Testori, nel corso degli anni, ha inventato una lingua speciale, che di naturalistico non ha nulla. Però anche La Maria Brasca ha una connotazione linguistica molto forte. È una lingua lombarda ma non dialettale. È comprensibile in tutta Italia. Inoltre è dotata di una forte musicalità».
La nascita del Salone Pier Lombardo fu una forte apertura di credito da parte di Testori?
«Totale. Tenga conto che non scriveva per il teatro da dodici anni. Era affascinato dalle battaglie difficili. Il ritorno di Strehler comportò una tabula rasa al Piccolo. Ci promisero un teatro, non si sa dove. Poi fummo ostacolati. Infine noi rompemmo gli indugi. Testori fu felice di iniziare una nuova fase, tutta in salita: gli diede una grinta feroce e una spinta creativa».
Eravate una banda di irregolari?
«Testori è sempre stato controcorrente. All’epoca era nella fase della bestemmia. Parenti era un comunista eterodosso, in cerca di Dio e in lotta contro la burocrazia del partito. Io sono un’ebrea anomala».
Però a un certo punto Testori si avvicinò a Comunione e liberazione e si allontanò dal Salone.
«Era una nuova fase. Dalla bestemmia alla accettazione. Si sentì accolto da Comunione e liberazione e anche in questo caso, dal punto di vista umano e artistico, si offrì con grande generosità. Ma trasse anche spunti creativi per le sue opere».
Il ritorno al Salone avviene con I promessi sposi alla prova: un capolavoro e un grande successo.
«Amo questo spettacolo perché fu scritto per Franco Parenti. L’ho fatto con Franco, naturalmente. Ma anche con Gianrico Tedeschi e Luca Barbareschi. È sempre stato un successo».
Com’era Testori a teatro? Come interagiva con regista e attori?
«Dolcissimo e assolutamente empatico. Molto intenso. Non che fosse un agnellino. Era anche capace di arrabbiature apocalittiche. Sembrava che non fosse mai più possibile parlare con lui. Franco non stava a subire, al contrario replicava, e faceva bene. Io stavo in mezzo a salvare la situazione. Ho avuto un rapporto meraviglioso con lui. Me lo fece conoscere mio padre, con il quale Testori faceva affari nei panni di mercante d’arte. Abbiamo passato giornate intere a discutere di tutto. Per me è stata una figura fondamentale. Però voglio dire una cosa».
Prego.
«Io sono una testoriana anomala. Capisco il fascino delle sue opere più estreme ed eccessive, spesso giustificate e protette da una incredibile cultura visiva e artistica. Io però preferisco il Testori più semplice e fedele alla realtà. La Maria Brasca è un testo che racconta molto. Non penso sia un tradimento della parola, che per Testori diventerà l’essenza del teatro stesso. Amo i personaggi femminili di Testori, sono eccelsi. Non posso fare a meno di pensare che in Maria ci sia tanto, tantissimo Testori».
Un’ultima domanda: chi sono i nomi più interessanti nel teatro di oggi?
«Tra gli attori, direi Filippo Timi, un talento naturale. Tra gli autori, mi piaceva Massimo Sgorbani, morto pochi giorni fa. Era nel solco di Testori, abbiamo fatto molti suoi testi. Un autore che sarebbe arrivato lontano, dal punto di vista artistico, era Vitaliano Trevisan. Purtroppo si è suicidato».