Il Messaggero, 26 febbraio 2023
L’Italia delle coppie che vivono separate
Il sorpasso è già avvenuto. Da qualche anno in Italia le coppie con figli non sono più il modello di famiglia maggiormente diffuso: rappresentano ancora poco meno di un terzo del totale, superate però dai nuclei formati da una sola persona. Una tipologia a prima vista contraddittoria che è cresciuta in modo evidente nei primi vent’anni del secolo, ingrossata dagli anziani ma anche e soprattutto dagli adulti che si separano. Attenzione però: proprio dentro questa schiera di apparenti monadi il concetto di famiglia può tornare ad avere un senso, seppur diverso, perché una quota crescente di coloro che risultano soli dal punto di vista della residenza anagrafica hanno una relazione stabile di coppia anche se non vivono sotto lo stesso tetto. Mentre simmetricamente il criterio della coabitazione – sulla carta decisivo per la classificazione dei vari nuclei – si fa più sfumato se guardiamo agli oltre tre milioni e mezzo di “pendolari della famiglia”, che con percorsi variegati si allontanano per poi ritrovarsi.
LE TRASFORMAZIONI
Sono solo alcuni esempi di una realtà sociale che negli ultimi decenni ha vissuto trasformazioni profondissime, facendo cambiare faccia al Paese nel suo insieme. Una utile mappa per orientarsi in questo panorama a tratti irriconoscibile (se guardato con gli occhi del passato) è il Rapporto sulla popolazione appena uscito per Il Mulino, curato da Cecilia Tomassini e Daniele Vignoli e promosso dall’Aisp (Associazione italiana per gli studi di popolazione). Il titolo è appunto Le famiglie in Italia. Forme, ostacoli, sfide. Come ci si può aspettare, dati e grafici sono abbondanti e rigorosi. Ma il volume propone soprattutto un viaggio tematico che inizia proprio dalla ricerca delle forme, con un’attenzione particolare per quelle delle famiglie “invisibili” alle statistiche tradizionali. Ed ecco allora i cinque milioni di italiani maggiorenni che vivono in coppia senza coabitare, identificati dalla ricerca sociale con l’acronimo Lat (living apart together).
LA SCELTA
Chi sono? Questa scelta è particolarmente diffusa tra i minori di trent’anni, ma si sta manifestando sempre di più in tutte le fasce di età, compresi gli ultrasessantacinquenni (per i quali però il fenomeno potrebbe essere ancora più sostanziale di quanto indicato dalle rilevazioni). L’incidenza è alta tra chi ha già sperimentato il matrimonio: l’opzione Lat riguarda un quarto dei separati e divorziati e un quinto dei vedovi (in quest’ultimo caso possono entrare in gioco anche considerazioni di opportunità legate alla pensione di reversibilità). Contano anche, non poco, istruzione e livello di benessere: la quota di persone che vivono la relazione di coppia a distanza è del 17 per cento tra coloro che hanno un titolo di studio universitario, del 5 fino alla licenza media. E ancora del 17 per cento in caso di ottime risorse economiche, dell’8 tra coloro che dichiarano risorse scarse: mantenere due case rinunciando a condividere spese come quelle delle bollette non è una scelta accessibile a tutti. Gli italiani in Lat tendono comunque ad essere vicini: due terzi hanno un partner che vive entro il raggio di 16 chilometri, mentre solo nel 7 per cento dei casi è all’estero. Così ci si riesce a vedere spesso: il 43 per cento tutti i giorni e il 38 per cento più volte a settimana.
PENDOLARI
La variabile tempo è importante anche nella vita delle famiglie pendolari: si tratta di un altro un fenomeno in crescita, ma con caratteristiche diverse tra maschi e femmine e al variare dell’età. Gli uomini hanno soggiorni fuori casa tendenzialmente più lunghi delle donne (circa 160 giorni contro 153) e privilegiano le distanze maggiori e i soggiorni in albergo o in appartamenti in affitto. Anche i motivi della scelta, in realtà quasi sempre obbligata, sono differenti: prevale lo studio per i giovani, ma tra i 35 e i 64 anni la molla degli spostamenti è invece il lavoro. E dai 65 in su? Qui entrano in gioco altri elementi, come le esigenze di salute oppure la volontà di passare del tempo con propri cari che vivono altrove: è il pendolarismo dei nonni, che magari si muovono per andare a dare una mano nella cura dei nipoti.
GLI SCENARI
Uno dei fattori che sta dietro alla grande trasformazione in atto è sicuramente l’aumento delle separazioni, che tra l’altro coinvolgono in modo crescente anche gli anziani. Il Rapporto studia questo scenario analizzando i risultati scolastici e il benessere psicologico dei figli di genitori soli e di famiglie ricostituite. E suggerisce un ripensamento delle politiche pubbliche, in particolare di quelle che dovrebbero contrastare la povertà. Ma anche dentro la famiglia tradizionale che ancora resiste, pur se minoritaria, i cambiamenti sono vistosi. Due fra tutti: il calo della numerosità (più della metà delle coppie ha un solo figlio) e il ribaltamento di equilibri un tempo consolidati. La quota di laureati tra gli sposi e le spose al primo matrimonio vede ormai una chiara prevalenza di queste ultime (29 per cento contro 21). E persino un dato arido come l’incremento del ricorso al regime della separazione dei beni nel matrimonio può dare il senso di un faticoso rimescolamento delle carte. Da una parte questa opzione rischia di ancora di penalizzare le donne come parte debole, dall’altra segnala che almeno in alcuni casi la coppia ha cambiato verso: lei oltre ad essere la più istruita è quella che guadagna di più.