La Stampa, 26 febbraio 2023
Chi uccise Mara Cagol?
Lodovico PolettoQuarantotto anni dopo, quando ormai la memoria stava per cancellare tutto, quando sembrava questa storia sarebbe finita in archivio con il carico di misteri che da sempre la accompagnano, sono arrivate due sorprese. La prima: l’uomo che fu l’ideologo delle Brigate Rosse, Renato Curcio, è indagato per la morte di un appuntato dei carabinieri avvenuta il 5 giugno del 1975.Ottantunenne, una vita nuova, è finito dritto nell’indagine che la magistratura di Torino ha aperto un anno fa, per capire chi era il terrorista fuggito dalla cascina Spiotta, nell’Alessandrino, quando dopo un conflitto a fuoco con i carabinieri venne liberato il re dello spumante, Vittorio Vallarino Gancia, rapito dalle Brigate Rosse.Quel giorno, su quella collina, ad Arzello di Melazzo, morirono due persone: l’appuntato Giovanni d’Alfonso e Mara (Margherita) Cagol, la moglie di Curcio. I magistrati torinesi che lo hanno interrogato, non dicono che era lui il terrorista in fuga. Ma che sapeva. Che era informato del rapimento. Che aveva partecipato alla fase organizzativa. Dicono, cioè, che in qualche modo è anche lui responsabile della morte del carabiniere.Curcio, interrogato, non svela chi fu a fuggire. Dice di non saperlo. Spiega che era latitante in quel periodo. Lontano sia dalla colonna milanese che da quella torinese delle Br. Ma nella memoria difensiva consegnata ai magistrati che lo hanno interrogato qualche giorno fa a Roma, spariglia le carte. E solleva un altro tema. Eccolo: chi ha sparato e ucciso Mara Cagol? Nel documento va dritto al punto: «Si può dedurre che (Mara) sia stata uccisa dopo il conflitto». Come? Con un colpo sparato – sostiene l’indagato – quando già si era arresa. Possibile? «Con l’autopsia in mano possiamo oggi avere la certezza che il colpo mortale fu un classico “sotto ascellare”, da sinistra a destra, che le ha perforato orizzontalmente i due polmoni».Con l’avvocato Vainer Burani, l’uomo che dichiarò chiusa l’esperienza delle Br ha messo nero su bianco quella che secondo lui è la ricostruzione più probabile. Eccola: «Non ci possono essere dubbi che Margherita in quel momento fosse disarmata, e le sue mani alzate». Per questo, «mi restano due domande. Chi ha premuto il grilletto? Era necessario farlo?» Oltre non va. Non solleva altri dubbi. Si limita a scrivere un’ultima frase: «Non ho voluto, fino ad oggi, sollevare queste tristissime domande, né l’avrei fatto se questa strana comunicazione che mi è stata notificata il 14 febbraio, in cui leggo di essere indagato, non me le avesse strappate dal cuore, riportandole allo scoperto».Già, chi uccise la Cagol? Ed è vero che aveva abbandonato l’auto e aveva le mani alzate in segno resa? Se questo è davvero il secondo mistero di questa vicenda- riemersa dalle nebbie di un passato stra remoto, grazie alla determinazione del figlio dell’appuntato ucciso quel giorno, e del suo avvocato, Sergio Favretto – la domanda di Curcio apre un altri filoni di approfondimento. E i documenti dell’autopsia sono un punto fermo.Cercare di capire chi era il terrorista sfuggito quel giorno all’arresto forse è ancora possibile, sebbene complicato. Nei laboratori dei Ris di Parma ci sono una macchina per scrivere, ci sono carte, e c’è una «relazione» su quel sequestro, confezionata dalle Br. Chi sapeva davvero tutto di quel sequestro? E chi, ancora oggi in vita, sa e tace?Renato Curcio da parte sua nega tutto. «Ero latitante» dice. «Le Br non avevano un capo. Ogni colonna agiva da sola». «Io ero in Liguria, nascosto: sarebbe stato troppo rischioso per gli altri avermi vicino». Tutti elementi già scritti in libri, articoli e interviste. Restano solo i due misteri: chi era il terrorista che fuggi dalla Spiotta? E chi uccise Mara Cagol?