La Lettura, 25 febbraio 2023
Su Simenon
Ci sono due scrittori che abitano nel corpo di Georges Simenon, nato a Liegi 120 anni fa, il 13 febbraio del 1903, e morto a Losanna il 4 settembre 1989. Forse addirittura due uomini. C’è l’autore dei polizieschi del commissario Maigret e c’è l’autore dei non-Maigret, i cosidetti «romanzi duri». Da una parte l’umanità e la ragionevolezza del poliziotto che arriva a una soluzione anche delle situazioni più nere, scaldandosi le mani alla stufa di ghisa del suo ufficio al quai des Orfèvres o osservando le chiatte che passano lungo la Senna; dall’altro gli abissi insondabili del cuore, gli odi (spesso in famiglia), gli egoismi, le meschinità e le miserie senza redenzione che lacerano esistenze anche di esseri apparentemente irreprensibili.
Abile amministratore del proprio talento, Simenon scrisse 75 romanzi di Maigret (il commissario nacque nel 1929 con Pietr il lettone, andò in pensione nel febbraio 1972, con Maigret e il signor Charles), 117 «romanzi duri», 12 raccolte di oltre 500 racconti, inchieste poliziesche senza Maigret, libri di viaggi, testi teatrali e altro ancora, anche con diversi pseudonimi. La scrittura era la religione di Simenon in una vita in cui non mancarono tragedie, azzardi, amori e avventure. A Jules Maigret ha prestato la sua passione per la pipa e per certi profumi di cucina fatta in casa – le salsicce calde, lo stufato di montone con cipolline e patate, il coq au vin (galletto al vino) – che ne hanno fatto il padre di tanti investigatori buongustai della narrativa contemporanea. Ostile a ogni accademia, con un senso rigoroso del ritmo narrativo e una lingua priva di orpelli che gli guadagnò la definizione di «Balzac senza lungaggini», Simenon confessò di aver usato per i suoi romanzi meno di 2 mila parole e che, quando si rileggeva, tagliava «fasci di aggettivi». Eppure se c’è qualcosa di non replicabile è proprio l’atmosfera in cui immerge personaggi divorati dall’inquietudine e dal male di vivere che brucia dentro, quel cielo di una Francia di porti e canali, immersa nella pioggia di Parigi o nelle brume della provincia. Per questo l’intreccio tra gialli e romanzi è in realtà più stretto di quanto sembri. I Maigret trasgrediscono felicemente le regole del poliziesco perché all’autore interessa di più capire il motivo di certe azioni umane (anche a scapito della suspense) mentre i «romanzi duri», che scavalcano le convenzioni e non hanno nulla di consolatorio, si reggono spesso su un impianto poliziesco perché, il più delle volte, l’azione che muove tutto è un reato e non è detto che ci sia un Maigret a risolvere il caso.
Ma la cosa che più di tutto hanno in comune i due Simenon è la capacità di consegnare nelle mani del lettore storie che si leggono d’un fiato, come oggi si guardano tutte insieme le stagioni di una serie tv particolarmente riuscita. D’altronde già André Gide confessava: «Ho appena divorato, uno di seguito all’altro, otto libri di Simenon al ritmo di uno al giorno!».