La Lettura, 25 febbraio 2023
Da dove vengono gli Etruschi
Nel V sec. a.C. lo storico greco Erodoto racconta che dopo una grave carestia il re di Lidia divise il popolo in due gruppi e tirò a sorte: uno doveva rimanere e uno lasciare il Paese, sotto il comando di suo figlio Tirreno. Salpati da Smirne, arrivarono in Italia e fondarono diverse città e si chiamarono Tyrsenoi o Tirreni. Secondo Erodoto ciò avvenne prima della guerra di Troia (datata al XII secolo a.C.). Si oppose a questa teoria nel I secolo a.C. Dionigi di Alicarnasso, secondo cui gli Etruschi erano sempre stati in Italia e non c’era motivo di ritenerli Lidi, un popolo con cui non condividevano usi e costumi. In questo caso gli Etruschi sarebbero «diversi» non perché stranieri, ma perché troppo a lungo rinchiusi nelle loro tradizioni locali. Una terza teoria identificava gli Etruschi con i discendenti dei Pelasgi, leggendari colonizzatori della Grecia. Molte città si dicevano loro fondazioni per nobilitare il loro passato agganciandolo al mito greco, e Tirreno fu reinterpretato come il nipote di Eracle. Cortona pretendeva di avere la tomba di Ulisse mentre Veio era ricca di immagini di Enea in fuga da Troia, prima che Roma si aggiudicasse il monopolio sull’eroe fondatore.
Il mistero delle origini è legato al mistero della lingua etrusca, non indoeuropea, e peculiare dell’Italia. Qualche somiglianza è stata trovata con la lingua su una stele di marmo trovata sull’isola greca di Lemno: gli Etruschi arrivavano da Oriente, o vi erano andati? Massimo Pallottino (1909-1995), il più grande etruscologo del Novecento, esortò a non fossilizzarsi sulle origini del popolo, e a studiarne invece la cultura. Dopo cinquant’anni, i progressi della genetica hanno fatto illudere che le analisi di laboratorio potessero risolvesse l’enigma: studi del Dna di ossa umane hanno mostrato una grande continuità con il periodo neolitico, a supporto della teoria autoctona; altri invece mostrano contatti con il Vicino Oriente; emerge che ci furono spostamenti di donne nel Mediterraneo, cosa del tutto normale nel contesto dell’élite internazionale dell’VIII secolo a.C., in cui i legami matrimoniali consolidavano alleanze politiche e commerciali.
Rimane oscuro come le rivoluzioni linguistiche e agricole si siano propagate. Come sappiamo, ci sono angoli d’Europa dove si sono conservate lingue antichissime, basti pensare al basco. Una possibilità riportata in auge di recente è guardare ai Reti, popolazione alpina, come possibili parenti degli Etruschi, per la somiglianza tra le lingue, entrambe discendenti da un «Tirrenico comune». Se ci fu una migrazione intorno al 1200 a.C., potrebbe essere avvenuta dall’arco alpino, e questo non sorprenderebbe nessuno. La diversità culturale e linguistica degli Etruschi indusse poi Greci e Romani a intraprendere il gioco delle associazioni etniche, nell’eterno dibattito tra l’autopresentazione di un popolo e la descrizione imposta dagli altri.