Robinson, 25 febbraio 2023
Le memorie dell’ultimo democristiano
Con un certo orgoglio e il desiderio legittimo di rivendicare una pagina di storia che ha segnato il dopoguerra, Pierferdinando Casini titola il suo libro di memorie C’era una volta la politica.Ma è il sottotitolo che attira l’attenzione: L’ultimo democristiano. Vuole essere una risposta alla “vulgata” secondo cui Democrazia Cristiana è sinonimo di “casta”, nella migliore delle ipotesi, o di malaffare, nella peggiore.
Casini ha ragione. Il tentativo di ridurre la storia italiana a una vicenda semi-criminale da risolvere nelle aule di tribunale è un’assurdità. Si è sviluppato negli anni di Tangentopoli e successivi, ma non è stato mai realmente archiviato perché in Italia tutto diventa eterno, soprattutto i manicheismi che sembrano spiegare tutto e non spiegano nulla.
La Dc è stata per molti aspetti il “partito della nazione”, ha interpretato pregi e vizi degli italiani. L’autore può testimoniarlo, avendo vissuto come pochi la transizione dalla prima alla cosiddetta seconda Repubblica.
Due osservazioni. L’ultimo democristiano è un’astuzia editoriale, ma non è del tutto vero.
La Dc non esiste più, tuttavia personalità di forte impronta democristiana restano sulla scena.
Il democristiano più autorevole è senza dubbio il presidente della Repubblica, Mattarella. E forse non è un caso che Casini sia stato un credibile candidato al Quirinale fino al momento della rielezione dell’attuale Capo dello Stato. In quei frangenti l’applauso che le Camere rivolsero a Casini volle essere un attestato di stima verso un uomo trasversalmente rispettato. In secondo luogo va detto che non parliamo di un libro di storia. È il racconto di una vita, impressioni ed esperienze di un ragazzo cattolico di Bologna animato da passione civile in una terra “rossa”. Sullo sfondo c’è De Gasperi, di cui il padre era collaboratore. E poi i giovani Follini e Franceschini, i “maestri” Fanfani, Moro, La Pira, l’europeista Colombo e Forlani. Fino a tempi più recenti, quando Casini si confronta con Berlusconi e Prodi, interloquisce con Craxi, Spadolini, Violante, naturalmente Andreotti. Un po’ di nostalgia, ma anche il desiderio di non rimanerne prigioniero.