il Fatto Quotidiano, 25 febbraio 2023
Sempre gli afghani si son salvati da sé
“La Corsica sempre aggredita, sempre occupata, mai domata”. Così era scritto, al tempo del suo indipendentismo, su una maglietta. La stessa cosa si potrebbe dire per l’Afghanistan.
In compenso l’Afghanistan non ha mai aggredito nessuno, se i Talebani han fatto terrorismo non è mai stato terrorismo internazionale, ma terrorismo interno contro gli occupanti e stando ben attenti che gli “effetti collaterali” colpissero il meno possibile i civili. Per dare ai Talebani la patente di “terroristi internazionali” c’è voluto l’11 settembre. Ma è stato evidente fin da subito, o quasi, che i Talebani non c’entravano nulla con l’attacco alle Torri Gemelle di cui la dirigenza talebana era completamente allo scuro. Del resto il Washington Post e il Wall Street Journal hanno rivelato che l’aggressione all’Afghanistan e all’Iraq era stata già predisposta da mesi (noi prendiamo sempre il peggio dagli americani non il meglio che è la loro libertà di stampa).
Ma facciamo un passo indietro. A metà degli anni Trenta dell’Ottocento l’Afghanistan è stato oggetto delle mire coloniali dell’Impero inglese. Ci fu una guerra fra i britannici e gli afgani che gli inglesi persero. Per questo, e soprattutto per quello che accadrà poi, l’Afghanistan è chiamato “la tomba degli Imperi”. Poi ci fu un secolo di relativa tranquillità in cui gli afgani continuarono a vivere secondo le loro tradizioni, la loro cultura, la loro legge che è quella sharia che manda in bestia gli occidentali e i Panebianco di tutte le risme.
Nel 1979 l’Afghanistan svegliò gli appetiti dell’URSS che voleva occupare il Paese e imporre il comunismo. Ma agli afgani non andavano a sangue né gli occupanti, tantomeno il comunismo. Furono aiutati dagli americani, in funzione antisovietica, con i missili terra-aria Stinger, che si portano a spalla. Ma di questi missili i combattenti afgani vennero in possesso solo verso la fine degli anni Ottanta e, quando cominciarono a cadere gli aerei e gli elicotteri, i russi ebbero il buon senso di filarsela.
Poiché si era creato un vuoto di potere iniziò un sanguinoso conflitto fra i grandi combattenti che avevano sconfitto l’URSS, i “signori della guerra”, Massud, Hekmatyar, Ismail Khan, Dostum. I “signori della guerra” sbattevano fuori dalle case i legittimi proprietari per metterci i loro seguaci, uccidevano a piacere, stupravano a piacere. Ci fu la ribellione della popolazione afgana che sotto il comando del Mullah Omar, guida militare, politica, spirituale, ricacciarono Massud nel Panshir, costrinsero Hekmatyar e Ismail Khan a riparare in Iran e Dostum, il più impresentabile (anche se poi farà parte dei governi Quisling a guida americana) a ritornare in Uzbekistan. Disse il giovane Omar: “Come potevamo restare fermi mentre si faceva ogni sorta di violenza sulla povera gente e si stupravano le donne?”. Ne salvò parecchie che erano cadute nelle grinfie dei “signori della guerra”, questo era il suo modo di difendere le donne.
Il Mullah Omar arrivò al governo nel 1996 e volle chiamarlo “Emirato islamico d’Afghanistan”, non Califfato perché il califfo si presenta come discendente di Maometto mentre Omar non aveva di queste pretese. E furono i soli sei anni di pace di quel Paese.
All’inizio gli americani accolsero con favore la presa del potere da parte dei Talebani perché così avevano un unico interlocutore per i loro affari, che si concentravano su un grande gasdotto che dal Turkmenistan, attraversando tutto l’Afghanistan, conduceva al Pakistan, cioè al mare. Gli americani erano convinti che la gestione di quel condotto sarebbe stata dell’Unocal, un’impresa statunitense in cui erano presenti Dick Cheney e Condoleezza Rice. Invece Omar decise di affidare l’impresa alla Bridas argentina, diretta dall’italiano Alberto Bulgheroni. Ignoranti come sempre dei costumi dei tanti Paesi cui impongono la loro presenza gli americani arrivavano a Kabul e dopo due ore erano già ripartiti convinti di aver concluso l’affare. Invece Bulgheroni sapeva che agli afgani piacciono lunghe, e spesso estenuanti, trattative attorno a una tazza di tè. Ma non fu solo per questo che Omar decise per la Bridas. Capiva bene che la Unocal non era solo la Unocal ma il cappello che gli americani intendevano mettere sull’Afghanistan. Cominciarono allora le indignate lagnanze, in specie del segretario di Stato Albright, per il mancato rispetto, fino ad allora ignorato, dei “diritti civili” da parte dei Talebani. Era il preludio della guerra. Che è stata una guerra puramente ideologica: non ci piacevano i costumi di quella gente e poiché non ci piacevano i loro costumi abbiamo occupato quel Paese per vent’anni causando 400mila morti civili per concluderla poi con la più vergognosa delle sconfitte. Gli occidentali avevano schierato il più potente, armato e numeroso esercito del mondo e sono stati sconfitti da gente che combatteva quasi a mani nude, kalashnikov e mitra. I Talebani non avevano nemmeno i missili Stinger contro bombardieri, caccia e droni. Bisognerebbe convincersi, una volta per tutte, che non si fa una resistenza di vent’anni se non si ha l’appoggio della maggioranza della popolazione.
E veniamo all’Afghanistan di oggi che dall’agosto 2021 è governato dai Talebani. Non c’è notizia, in Occidente, che non sia data per metterli in cattiva luce. Ha suscitato scandalo che i Talebani abbiano abolito la festa di S. Valentino, “è una festa occidentale, consumistica, estranea ai nostri costumi”. Ha fatto scandalo, con qualche ragione in più, che i Talebani stiano rastrellando gli anticoncezionali dalle farmacie. E questo per chi si è battuto per legittimare l’aborto è un obbrobrio. È che da quelle parti si ha una concezione diversa della famiglia e del rapporto fra i sessi. La donna deve pensare al focolare e a far figli, in compenso l’uomo ha l’obbligo di mantenere l’intera famiglia. E questo dovrebbe farci riflettere. In Italia a furia di LGBTQ il tasso di natalità è precipitato all’1,2 percento. In Afghanistan che pur dopo vent’anni di occupazione sconta una situazione economica pessima il tasso di natalità è al 4,75 percento.
A gennaio un attentato ha ucciso due donne che si stavano recando al lavoro. Data così, nuda e cruda, com’è stato fatto dai media occidentali sembrava che i Talebani si fossero accaniti, come al solito, sulle donne. Invece era un attentato Isis. Interessante quanto ha affermato il portavoce della Corte Suprema Ahmad Fahim Qaweem: “Sfortunatamente abbiamo perso due giudici donne nell’attacco di oggi”. E ha aggiunto “più di 200 giudici donne lavorano per la Corte Suprema”. Mi pare quindi azzardato affermare che in Afghanistan le donne non abbiano accesso a un lavoro, anche apicale, anche delicato. E sarebbe curioso che queste donne arrivino a tali ruoli senza aver studiato, mentre gli occidentali sostengono che non hanno accesso ai licei e alle università.
Il 22 giugno 2022 c’è stato un terremoto in Afghanistan nella regione di Khost: più di 1500 vittime. Sarebbero state molte di meno, perché in quella zona non si costruiscono case in pietra e tantomeno palazzi, se una contemporanea alluvione non avesse spazzato via casupole e uomini. Niente a che vedere per numero di vittime col recente terremoto in Turchia e in Siria per il quale si sono mobilitati molti paesi e organizzazioni di volontariato, anche se il generoso e dovuto soccorso a quelle popolazioni va anche a favore del tagliagole Erdogan e del dittatore siriano Assad. Per gli afgani nessun aiuto. Invece di sprecare lacrime ipocrite sulla situazione afgana sarebbe meglio che le banche americane e inglesi restituissero i 9 miliardi di dollari che ai tempi di Karzai e di Ghani la Banca nazionale afgana aveva depositato sui loro conti. Come sarebbe bene che all’Afghanistan venga dato un seggio all’Onu. Perché uno Stato sia tale occorre che abbia tre presupposti: una popolazione, un territorio, un governo. E l’Afghanistan li ha.
Io sono stato sempre demonizzato per il mio appoggio ai Talebani. Devo sempre chiarire che non ho nulla a che spartire con la loro ideologia, che mi è lontanissima. Dei Talebani apprezzo quei valori che chiamo “pre-ideologici, pre-politici, pre-religiosi”: coraggio, lealtà, onestà, difesa dei più deboli, che il Mullah Omar ha incarnato nel modo più pieno.