il Giornale, 25 febbraio 2023
Biografia di Mino Milani
Mino Milani (1928-1922), morto un anno fa esatto, è stato uno dei più grandi scrittori italiani di avventura. Ma a quando risale il suo ’esordio letterario? Dipende, poiché occorre separare i suoi primi racconti scritti quando era men che adolescente dalla sua prima pubblicazione, diciottenne, sul Ticino, il settimanale della diocesi di Pavia. Ah, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. «Di dentro m’ero costruito un’altra vita, che mi raccontavo sera per sera, su un quaderno», ricordava Mino. Sì, perché l’adolescenza di Milani e anche scrittura: racconti, romanzi, commedie, poesie, filastrocche, riflessioni che puntualmente ordina in quaderni con la sembianza di veri e propri libri in copia unica: Vita, esperienze ed opinioni personali di Mino Milani, titola uno di questi volumetti. E poi I ricordi del Castello Incantato, ovvero il tentativo di imbastire un giallo umoristico, concluso lo si legge in fondo al libro il 28 giugno 1944. Oppure Gli scritti migliori di Mino Milani, un quaderno del 1942 scritto a penna. Tra questi racconti in edizione unica troviamo anche I ricordi di un boy-scout, diligentemente battuto a macchina e rilegato con le illustrazioni dell’amico Adriano Vanzetti. Tredicenne, Mino si cimenta in un acerbo romanzetto d’avventura ambientato nell’India britannica dal titolo Forte Georges. Quattro soldati, che pero saraletto solo da mamma Piera. «In quelle paginette di foglio protocollo che avevo nel cassetto i protagonisti morivano quasi tutti», raccontava Mino. In bilico tra Salgari e Conrad, Milani fantastica per sé un futuro di scrittore, ma per uno che vive in provincia e in una famiglia come la sua, di salde tradizioni e tanto lavoro, così ci raccontava, «pubblicismo e giornalismo erano considerati strade impercorribili». Al più si poteva tentare un raccontino o un articolo sui giornali di Pavia, che erano allora un quotidiano e un settimanale. E siamo a La quercia piu alta, ovvero il suo primo racconto pubblicato, il 18 maggio 1946 sul settimanale della Diocesi. Il 5 ottobre di quell’anno, ancora sul Ticino, ecco Le patate dei morti, il suo secondo assaggio narrativo, un racconto che prende spunto da una storia vera (quel cimitero degli alpini era a Ponte di Legno): «Non mi pare nemmeno d’essere stato emozionato nel vedere la mia firma sotto quei pezzi, tanto sapevo che nessuno li avrebbe letti: e se anche l’avessero fatto? Era questo che volevo?». Comunque sia, ricordava amaramente Mino, «segui il silenzio; seguitavo pateticamente a scrivere, pateticamente mandavo roba a questo o a quell’altro editore e il silenzio continuava. Gli anni erano passati, ero laureato, ormai, cercavo un lavoro e dovevo decidermi. Non potevo continuare a riempire di fogli i cassetti». Così, dopo la laurea in Lettere, eccolo bibliotecario e poi direttore reggente della Biblioteca civica Bonetta di Pavia, a due passi da casa sua. Scrive molto, ma al più sono saggi legati ai suoi studi di storico militare, in anni in cui medita di intraprendere la carriera universitaria. Ma per lui la vita ha in serbo ben altro. La sua avventura letteraria fuori le mura comincia appunto nella primavera del 1953, quando, presentato da uno zio, si reca a Milano dal direttore del Corriere dei Piccoli Giovanni Mosca una figura leggendaria del giornalismo del suo tempo alla sede del Corriere della Sera. Ed eccolo esordire il 9 maggio sul Corrierino con Sant’Antonio del Salto. Una battaglia per la libertà (un racconto che ha come protagonista il pavese Gaetano Sacchi, in Uruguay con Garibaldi), «e non ho mai dubitato che fosse stato per tappare un buco», sosteneva Mino, «proprio come i miei pezzi che seguirono, tutta roba di rievocazione storica che Mosca pubblicò senza la minima convinzione, ne sono certissimo, e probabilmente per via di quell’amicizia con lo zio Guido». Quell’anno Milani si vedrà pubblicare altri quattro racconti. Con quale riscontro è presto detto: un amico molto compiaciuto della sua laurea in Medicina gli disse, con fare canzonatorio: «Ehi, Mino, m’hanno detto che ti sei messo con Bibi e Bibo...» (un classico del fumetto, che il Corriere dei Piccoli pubblica dal 1912!) Perbacco, fosse stato vero, pensò Mino tra sé. Nel frattempo Milani non abbandona l’attività di bibliotecario, cui affianca quella di assistente universitario presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo pavese, in veste di storico del Risorgimento. Continua intanto a scrivere racconti per il Corrierino «ma avvertivo che ormai i ragazzi (dai quali mi dividevano in fondo dieci o dodici anni) non volevano più queste storie» – ricordava Milani – Nel febbraio 1954 buttai giù allora un racconto mezzo di fantasia mezzo di realtà dal titolo Il miglior nonno del mondo; la storia la inventai, ma l’ambiente che descrivevo era vero, e lo conoscevo bene: il Ticino, sul quale avevo trascorso la mia adolescenza. E questa volta Mosca la pubblicò iimmediatamente, otto giorni dopo, cioè sul primo numero raggiungibile. Riprovai con racconti simili, tratti se non dal vero dal verosimile, con protagonisti cui le cose d’ogni giorno, scuola lavoro amicizia famiglia, andavano bene o male, più male che bene a dire la verità; personaggi in cui insomma qualche lettore si sarebbe potuto ritrovare. Erano storie di quegli anni, quelli prima del boom economico, quando l’Italia era ancora un Paese in gran parte contadino e nelle città, assai meno trafficate, la vita non aveva il ritmo o il benessere che sarebbero venuti a breve». Venti tra questi racconti usciranno in volume ne Il cuore sulla mano, pubblicato nel 1957 da Cino del Duca con le illustrazioni di Rino Albertarelli (noto per essere il disegnatore di Kit Carson): e questo il primo libro di Mino Milani cui seguirà nel ’59 Il fiume non si ferma e nel ’60 Ragazzi di cuore. Il 7 dicembre 1958 esce sul Corrierino la prima puntata della saga di Tommy River, accompagnata dalle illustrazioni di Mario Uggeri. Da quel momento comincia un’altra storia: quella fortunatissima dell’eroe avventuroso, sognatore e malinconico, forte ma non violento, che ama il grande silenzio della natura.