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 2023  febbraio 25 Sabato calendario

Rigopiano, ora l’ombra della prescrizione

PESCARA Venti milioni, euro più euro meno, con qualche centinaio di migliaia di euro da pagare subito in base alle provvisionali. Dannatamente troppo per le tasche dei pochi condannati che restano. È sui risarcimenti civili che si sposta adesso la battaglia legale per i morti di Rigopiano, considerando realisticamente persa la trincea del processo penale. A oltre sei anni dalla tragedia, anche l’illusione è crollata alle 17 di giovedì, nei pochi minuti occorsi per la lettura del dispositivo; il sogno delle condanne esemplari, da sempre invocate dai parenti delle vittime, si è infranto contro la realtà delle 25 assoluzioni che tirano fuori dalla mischia i principali livelli istituzionali, riducendo l’enormità della questione all’omissione di un sindaco di paese e all’approssimazione dei funzionari del servizio strade della Provincia. Tre condanne minori per il cuore della vicenda, più i due falsi collaterali contestati al gestore dell’albergo e al suo tecnico di fiducia: omicidio colposo plurimo e lesioni plurime i capi di imputazione superstiti che fruttano al sindaco di Farindola 2 anni e 8 mesi di teorica reclusione e 3 anni e 4 mesi a testa ai funzionari Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio. E che, in assenza dell’ipotesi di disastro colposo, esclusa dal giudice Gianluca Sarandrea, allungano sul processo Rigopiano l’ombra inesorabile della prescrizione.
ORDINE PUBBLICO
In un day after altrettanto rovente, dopo i disordini in aula, gli insulti e le minacce al giudice, si consuma la difesa di Sarandrea da parte dell’Anm e l’atto d’accusa dell’avvocato Giandomenico Caiazza contro la gestione dell’ordine pubblico: «La vera vergogna è questa, non la sentenza». Persino il procuratore capo Giuseppe Bellelli, che ha incassato una sconfitta netta, in una nota condanna «il dileggio del magistrato da chiunque posto in essere. La sentenze merita rispetto, così come il giudice e la funzione che esercita». Ma sopratutto, le difese di parte civile fanno i conti con il calendario. L’esclusione dell’ipotesi di disastro colposo dimezza drasticamente il tempo di vita del processo, che da quindici anni scende a sette e mezzo considerando il recupero dei mesi di pandemia. A sei anni dalla tragedia dell’hotel, con 29 vittime e 11 sopravvissuti con pesanti conseguenze fisiche e psicologiche, significa meno di due anni per approdare ad appello e cassazione.
SCELTA
I tempi sono strettissimi e soprattutto legati alle scelte della Procura, chiamata a decidere se e quante posizioni appellare. Molto dipenderà dalle motivazioni della sentenza, per le quali il giudice Sarandrea si è riservato tre mesi di tempo, anche se sembra già da escludere l’ipotesi di un secondo grado allargato ai 30 imputati originari. Diventa insomma molto stretta la strada per tenere insieme quanto più possibile dell’impianto accusatorio iniziale e l’esigenza di un processo d’appello più agile rispetto ai quattro anni assorbiti dal primo grado, sia pure con il rito abbreviato. Con una prospettiva vitale per i legali che puntano ad assicurare ai parenti delle vittime di Rigopiano, almeno, risarcimenti proporzionali al dolore patito. Esclusa in partenza la prospettiva di chiamare efficacemente in causa le amministrazioni di appartenenza dei condannati, un Comune da 1.400 abitanti e un ente in via di dismissione come la Provincia, detto molto cinicamente c’è bisogno di recuperare almeno qualche condanna nei livelli regionali e statali. L’alternativa delle azioni civili mirate, senza il supporto del giudicato penale, comporta infatti rischi elevatissimi in caso di soccombenza: la beffa delle spese processuali dopo il danno di una sentenza percepita come ingiusta che continua ad alimentare la rabbia di chi a Rigopiano ha perso mogli, fidanzate e figli. «Una sentenza, a nostro avviso, ingiusta ed irrispettosa – tuona il comitato vittime -. Con poche parole e tanta freddezza, è stata scritta una delle più brutte pagine di storia giudiziaria italiana». È il preludio del secondo round.